Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 8 - (Esclusione di attività direttamente esposte alla concorrenza) 1(Esclusione di attività direttamente esposte alla concorrenza)1 [1. Gli appalti destinati a permettere lo svolgimento di un'attività di cui agli articoli da 115 a 121, i concorsi di progettazione organizzati per il perseguimento di tale attività, nonché le concessioni aggiudicate da enti aggiudicatori, non sono soggetti al presente codice se l'attività è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili. L'attività può costituire parte di un settore più ampio o essere esercitata unicamente in determinate parti del territorio nazionale. La valutazione dell'esposizione alla concorrenza ai fini del presente codice viene effettuata dalla Commissione europea, tenendo conto del mercato delle attività in questione e del mercato geografico di riferimento, ai sensi dei commi 2 e 3. Essa lascia impregiudicata l'applicazione della normativa in materia di concorrenza. 2. Ai fini del comma 1, per determinare se un'attività è direttamente esposta alla concorrenza, si tiene conto di criteri conformi alle disposizioni del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in materia di concorrenza, tra i quali possono figurare le caratteristiche dei prodotti o servizi interessati, l'esistenza di prodotti o servizi alternativi considerati sostituibili sul versante della domanda o dell'offerta, i prezzi e la presenza, effettiva o potenziale, di più fornitori dei prodotti o servizi in questione. 3. Il mercato geografico di riferimento, sulla cui base viene valutata l'esposizione alla concorrenza, è costituito dal territorio dove le imprese interessate intervengono nell'offerta e nella domanda di prodotti e di servizi, nel quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere distinto dai territori vicini, in particolare per condizioni di concorrenza sensibilmente diverse da quelle che prevalgono in quei territori. Questa valutazione tiene conto in particolare della natura e delle caratteristiche dei prodotti o servizi in questione, dell'esistenza di ostacoli all'entrata o di preferenze dei consumatori, nonché dell'esistenza, tra il territorio in oggetto e quelli vicini, di differenze notevoli sotto il profilo delle quote di mercato delle imprese o di differenze sostanziali a livello di prezzi. 4. Ai fini del comma 1, sono mercati liberamente accessibili quelli indicati nell'allegato VI per i quali sono stati adottati i provvedimenti attuativi. Se non è possibile presumere il libero accesso a un mercato in base al precedente periodo, si deve dimostrare che l'accesso al mercato in questione è libero di fatto e di diritto. 5. Quando sulla base delle condizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 si ritiene che una determinata attività sia direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili, il Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro competente per settore, può richiedere alla Commissione europea di stabilire che le disposizioni del presente codice non si applichino all'aggiudicazione di appalti o all'organizzazione di concorsi di progettazione per il perseguimento dell'attività in questione, nonché alle concessioni aggiudicate da enti aggiudicatori, informando la Commissione di tutte le circostanze pertinenti, in particolare delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative o degli accordi in relazione al rispetto delle condizioni di cui al comma 1, nonché delle eventuali determinazioni assunte al riguardo dalle Autorità indipendenti competenti. La richiesta può riguardare attività che fanno parte di un settore più ampio o che sono esercitate unicamente in determinate parti del territorio nazionale, se del caso allegando la posizione adottata dalla competente Autorità indipendente. 6. Gli enti aggiudicatori possono chiedere alla Commissione europea di stabilire l'applicabilità del comma 1 ad una determinata attività. Salvo chela richiesta sia corredata da una posizione motivata e giustificata, adottata dalla Autorità indipendente competente , che illustri in modo approfondito le condizioni per l'eventuale applicabilità del citato comma 1, a seguito dell'informazione data dalla Commissione in ordine alla richiesta, l'Autorità di cui al comma 5 comunica alla Commissione le circostanze indicate nel predetto comma. 7. Gli appalti destinati a permettere lo svolgimento dell'attività di cui al comma 1 e i concorsi di progettazione organizzati per il perseguimento di tale attività e le concessioni aggiudicate da enti aggiudicatori non sono più soggetti al presente codice se la Commissione europea: a) ha adottato un atto di esecuzione che stabilisce l'applicabilità del comma 1, in conformità al comma medesimo entro il termine previsto dall'allegato VII; b)non ha adottato l'atto di esecuzione entro il termine previsto dall'allegato di cui alla lettera a) del presente comma. 8. La richiesta presentata a norma dei commi 5 e 6 può essere modificata, con il consenso della Commissione europea, in particolare per quanto riguarda le attività o l'area geografica interessate. In tal caso, per l'adozione dell'atto di esecuzione di cui al comma 7, si applica un nuovo termine, calcolato ai sensi del paragrafo 1 dell'allegato VII, salvo che la Commissione europea concordi un termine più breve con l'Autorità o l'ente aggiudicatore che ha presentato la richiesta. 9. Se un'attività è già oggetto di una procedura ai sensi dei commi 5, 6 e 8, le ulteriori richieste riguardanti la stessa attività, pervenute alla Commissione europea prima della scadenza del termine previsto per la prima domanda, non sono considerate come nuove procedure e sono esaminate nel quadro della prima richiesta.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. InquadramentoAi sensi dell'art. 8, la prima categoria esclusa dall'ambito di operatività del Codice raccoglie i contratti d'appalto destinati allo svolgimento delle attività relative ai settori del gas, dell'energia termica, dell'acqua, dell'elettricità, dei servizi di trasporto, di porti e aeroporti, dei servizi postali e dell'estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone, nonché di altri combustibili solidi di cui agli artt. 115-121; i concorsi di progettazione organizzati per il perseguimento delle suddette attività; le concessioni aggiudicate da enti aggiudicatori. La disposizione, modellata sul contenuto degli artt. 34 e 35 della Dir. n. 2014/25/UE e dell'art. 16 della Dir. 2014/23/UE, pone come condizione necessaria che le attività in questione siano esposte direttamente alla concorrenza su mercati aperti ovvero liberamente accessibili, pur restando impregiudicata l'applicazione della normativa sovranazionale in materia di concorrenza. Autorevole dottrina ha messo in evidenza che i settori speciali richiamati dall'art. 8 del Codice sono tipicamente caratterizzati dalla natura chiusa dei mercati di riferimento e dalla connessa esistenza di diritti speciali riconosciuti dagli Stati membri in capo alle imprese di settore (Clarich). A differenza dell'art. 219 del previgente d.lgs. n. 163/2006 che, salvo l'obbligo di notifica alla Commissione UE, riconosceva un potere di accertamento della piena concorrenzialità alle autorità indipendenti degli Stati membri, il nuovo testo attribuisce alla sola Commissione Europea, su domanda di uno Stato membro o di un ente aggiudicatore, la valutazione dell'esposizione alla concorrenza, ovvero il compito di accertare se l'attività possa considerarsi effettivamente esposta (o meno) al meccanismo concorrenziale. Alle autorità indipendenti nazionali è riconosciuto unicamente il compito di fornire informazioni sui mercati e di esprimere opinioni circa il livello di concorrenzialità in un dato mercato, essendo loro preclusa la possibilità di adottare autonome decisioni esecutive che possano, concretamente, disporre l'esclusione delle attività dalla disciplina posta dal Codice dei contratti pubblici. Sul piano operativo, la Commissione valuta la concorrenzialità considerando due parametri: l'attività e il mercato geografico di riferimento. Quanto al primo parametro, la norma specifica che, ai fini della determinazione dell'effettiva concorrenzialità in un dato mercato, si deve tener conto «di criteri conformi alle disposizioni del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea in materia di concorrenza, tra i quali possono figurare le caratteristiche dei prodotti o servizi interessati, l'esistenza di prodotti o servizi alternativi considerati sostituibili sul versante della domanda o dell'offerta, i prezzi e la presenza, effettiva o potenziale, di più fornitori dei prodotti o servizi in questione» (art. 8, comma 2, d.lgs. n. 50/2016). L'altro parametro – il mercato geografico di riferimento – attiene, invece, alla coordinata spaziale entro cui valutare l'esposizione dell'attività alla concorrenza. In particolare, il legislatore nazionale identifica espressamente il mercato geografico di riferimento con la porzione di territorio, distinta dai luoghi limitrofi (soprattutto in ragione delle diverse condizioni di concorrenza ivi presenti), entro la quale le imprese interessate intervengono nell'offerta e nella domanda dei prodotti e dei servizi e nella quale le condizioni concorrenziali possono dirsi omogenee. Come emerge dalla lettera della disposizione, la valutazione effettuata per verificare l'apertura del mercato nel territorio di riferimento può, altresì, tener conto della natura e delle caratteristiche dei prodotti (o dei servizi), dell'esistenza di ostacoli all'accesso nel mercato o di preferenze espresse dalla platea dei consumatori, nonché della presenza di rilevanti differenze, tra il territorio di riferimento e le zone vicine, per quanto riguarda le quote di mercato detenute dalle imprese o il livello dei prezzi (art. 8, comma 3, d.lgs. n. 50/2016). Fissati i suddetti parametri con i quali la Commissione è chiamata ad effettuare le sue valutazioni in materia, la legge precisa che si devono intendere come «liberamente accessibili» i mercati indicati nell'Allegato VI al Codice, per i quali siano stati adottati i provvedimenti attuativi ovvero per i quali venga dimostrato che l'accesso è libero «di fatto e di diritto» (art. 8, comma 4, d.lgs. n. 50/2016). Si tratta, in particolare, di: i) trasporto o distribuzione di gas o energia termica (direttiva n. 2009/73/CE); ii) produzione, trasporto o distribuzione di elettricità (direttiva n. 2009/73/CE); iii) produzione, trasporto o distribuzione di acqua potabile; iv) enti aggiudicatari nel tempo campo dei servizi ferroviari (direttiva n. 2012/34/UE); v) enti aggiudicatari nel campo dei servizi ferroviari urbani, dei servizi tramviari, filoviari e di autobus; vi) enti aggiudicatari nel settore dei servizi postali (direttiva n. 97/67/CE); vii) estrazione di petrolio o di gas (direttiva n. 94/22/CE); viii) prospezione ed estrazione di carbone o di altri combustibili solidi; ix) enti aggiudicatari nel campo degli impianti portuali marittimi o interni o altri terminali; x) enti aggiudicatari nel campo degli impianti aeroportuali. In aggiunta, sul versante dei soggetti legittimati a richiedere la valutazione da parte della Commissione Europea, si consideri che: qualora il Presidente del Consiglio dei Ministri (o il Ministro delle politiche Europee), di concerto con il Ministro competente per settore, ritenga l'attività direttamente esposta alla concorrenza (su mercati liberamente accessibili), questi potrà richiedere alla suddetta istituzione di stabilire, in via definitiva, l'esclusione dal campo d'applicazione del Codice (art. 8, comma 5, d.lgs. n. 50/2016); agli enti aggiudicatori è riconosciuta la possibilità di richiedere, alla Commissione, l'estensione dell'operatività del comma 1 ad una determinata attività (art. 8, comma 6, d.lgs. n. 50/2016). In tali ipotesi, la disposizione specifica che le richieste presentate possano essere successivamente modificate, previo consenso della Commissione, per ciò che attiene – «in particolare» – l'attività interessata o l'area geografica di riferimento (art. 8, comma 8, d.lgs. n. 50/2016), fermo restando che ogni ulteriore richiesta riguardante la medesima attività, che sia intervenuta prima dello spirare del termine previsto per la prima domanda, non sarà considerata come nuova procedura ma si inserirà nel quadro di quella già aperta (art. 8, comma 9, d.lgs. n. 50/2016). Infine, il legislatore precisa che, in ogni caso, i contratti di appalto strumentali allo svolgimento dell'attività di cui agli artt. 115-121 del Codice, i concorsi di progettazione organizzati per il perseguimento di dette attività e i contratti di concessione aggiudicati da enti aggiudicatori, non soggiacciono alla disciplina codicistica se: i) la Commissione, entro i termini previsti dall'Allegato VII, ha adottato un atto di esecuzione che stabilisce l'applicabilità del comma 1; ii) la Commissione non ha adottato l'atto di esecuzione entro i suddetti termini. Ratio della norma nel quadro della legislazione antitrust e pro-concorrenzialeLa ratio della norma non può che essere rinvenuta nella possibilità, riconosciuta agli Stati nazionali, di rimuovere gli stretti vincoli posti dalla disciplina dei contratti pubblici laddove il processo di liberalizzazione dei mercati di settore possa considerarsi compiutamente raggiunto. Non è invece richiesto che l'attività presenti, altresì, il carattere dell'esclusività, posto che potrà pacificamente costituire parte di un settore più ampio o essere esercitata solamente in circoscritte parti del territorio. È a questo punto utile svolgere alcune considerazioni sulle finalità di tutela della concorrenza perseguite dalle leggi in materia di gare pubbliche. La tutela della concorrenza nel mercato interno costituisce, in effetti, la ratio fondante della maggior parte delle norme sui pubblici contratti. Gli istituti e i principi elaborati nel campo del diritto della concorrenza in senso proprio (c.d. antitrust), ovvero gli istituti posti dal TFUE a presidio della concorrenza e della libera circolazione nel mercato interno (cfr. in particolare artt. 49, 56, 101‒109) nonché le corrispondenti norme italiane della l. 10 ottobre 1990, n. 287 (cfr. in particolare artt. 2, 3 e 8) devono, pertanto, essere letti in combinato disposto con le norme sugli appalti al fine di interpretarne il contenuto e completarne la disciplina. In via di principio, le norme antitrust hanno natura imperativa di rango superiore e di portata generale e sono, quindi, sempre applicabili alle attività economiche, ai rapporti tra imprese, sia pubbliche, sia private e alle misure pubbliche che incidono sulle attività economiche. In base alla giurisprudenza UE e nazionale, le misure statali restrittive della libera concorrenza e del mercato interno sono legittime solo nella misura in cui siano adeguate e strettamente indispensabili al raggiungimento di uno specifico obiettivo di interesse generale. Di contro, il diritto degli appalti ha portata speciale e si applica (solo) ai contratti pubblici di cui all'art. 1 del nuovo codice. Poiché le norme antitrust prevalgono su quelle incompatibili di rango inferiore, esse fungono da limite, secondo il principio della «interpretazione conforme» (cfr., per tutte, Corte giustizia CE, caso 106/77 del 1978), alla discrezionalità operativa del legislatore nazionale, dell'amministrazione e delle imprese pubbliche in materia di appalti (cfr. i Considerando n. 4 della direttiva n. 2014/23/UE e nn. 1, 6-7, 30-31, 50, 59, 78-79 della direttiva n. 2014/24/UE in combinazione con gli artt. 101-102 e 106 TFUE e 8, l. n. 287/1990). Le norme antitrust, inoltre, possono essere complementari alla disciplina degli appalti, laddove questa non sia sufficientemente precisa, o per aspetti non direttamente disciplinati da essa. È quindi utile comprendere come sono declinate nell'ambito degli appalti pubblici le categorie della «concorrenza» elaborate in ambito antitrust: dalla normativa degli appalti e dalla relativa giurisprudenza si ricava che l'obiettivo di massimizzazione della concorrenza nel settore pubblico si raggiunge attraverso la ricerca della massima partecipazione possibile alle procedure, il rispetto dei principi di parità di trattamento degli offerenti, non‒discriminazione, proporzionalità, pubblicità e trasparenza del processo di selezione e l'utilizzo di criteri di aggiudicazione basati rigorosamente sull'«offerta economicamente più vantaggiosa» (cfr. artt. 18, 56 e 67 della direttiva n. 2014/24/UE). Al perseguimento degli obiettivi prettamente concorrenziali si aggiunge poi l'obiettivo di realizzare gli interessi generali e la specifica missione pubblica sottesi al contratto oggetto di aggiudicazione quali il rispetto dell'ambiente, della salute e della sicurezza, dei livelli di occupazione. Ne deriva che nel settore dei pubblici appalti l'obiettivo della massimizzazione della concorrenza può essere piegato al perseguimento di interessi pubblici generali in misura più intensa di quanto avviene nel settore privato. La ratio della norma in esame consiste, pertanto, nel dare la possibilità agli Stati membri di rimuovere i vincoli e le complessità procedurali imposte dalla disciplina dei contratti pubblici nei casi in cui il processo di liberalizzazione settoriale, avviato dalle normative Europee, sia pienamente compiuto a livello nazionale. A questo fine, il legislatore Europeo ha ritenuto opportuno mantenere la procedura di valutazione della piena concorrenzialità dei mercati già prevista nella precedente direttiva – seppure arricchendola con alcuni correttivi – così da permettere un'adeguata ponderazione degli effetti di un'apertura, attuale o futura, alla concorrenza in un quadro di certezza del diritto. I rapporti con l'ordinamento EuropeoA differenza del precedente, il nuovo testo normativo attribuisce più chiaramente alla sola Commissione Europea il compito di accertare, previa domanda dello Stato membro o di un ente aggiudicatore, se un'attività sia direttamente esposta alla concorrenza, conferendo così alla procedura maggiore oggettività e imparzialità e assicurando omogeneità delle condizioni di concorrenza e accesso al mercato in tutta l'Unione. Le autorità indipendenti degli Stati membri (A.G.C.M.) – che in base al vecchio testo potevano in certi casi accertare autonomamente la piena concorrenzialità di un mercato, salvo doverla notificare alla Commissione – mantengono il compito di fornire alla Commissione informazioni sui mercati ed esprimere opinioni in merito al livello di esposizione alla concorrenza di determinate attività sul loro territorio; ma la nuova norma non conferisce ad esse il potere di adottare decisioni esecutive autonome sull'esclusione di certe attività dalla disciplina dei contratti pubblici. I termini per l'adozione degli atti di esecuzione da parte della Commissione Europea.I termini per l'adozione degli atti di esecuzione da parte della Commissione Europea, ai sensi del combinato disposto dell'art. 8 in commento e dell'allegato VII (recepito dall'Allegato IV della direttiva n. 2014/25/UE), sono classificabili come ordinari. In particolare, la normativa prevede un primo termine ordinario (breve) di novanta giorni lavorativi (ove sia possibile presumere come libero l'accesso ad un determinato mercato, ai sensi dell'art. 8, comma 4) ed un secondo ordinario (lungo) di centotrenta giorni lavorativi in tutti gli altri casi. Le proroghe sono concedibili, in un massimo di quindici giorni lavorativi, su richiesta con posizione motivata e giustificazione da parte dell'amministrazione nazionale indipendente e competente per l'attività in questione, ovvero di entità decisa dalla Commissione su accordo tra la medesima e lo Stato membro (o l'ente aggiudicatore). Termini più brevi possono essere concessi in caso di accorso tra la Commissione lo Stato membro. Dall'art. 8 emergono alcuni profili di criticità. In particolare, dal punto di vista squisitamente operativo, la possibilità d'esclusione costituisce un problema per la categoria delle imprese pubbliche che, in quanto enti aggiudicatori, sono tenute all'osservanza della disciplina codicistica nei settori speciali, pur non rientrando nell'alveo delle amministrazioni aggiudicatrici e degli altri soggetti aggiudicatori ovvero dei soggetti tenuti all'osservanza delle regole dell'evidenza pubblica nei settori ordinari. Questioni applicative1) Le esenzioni scattano automaticamente per il decorso del termine entro cui la Commissione deve pronunciarsi? Il nuovo testo mantiene inoltre la previsione, già presente nel testo precedente, secondo cui si presumono pienamente concorrenziali le attività che sono state oggetto di una norma Europea di liberalizzazione, a condizione che siano stati adottati i provvedimenti attuativi a livello nazionale. Tuttavia, la nuova norma sembra prevedere che in questo caso l'attività possa ritenersi automaticamente esclusa dall'applicabilità del codice per il solo scadere del termine entro cui la Commissione deve pronunciarsi al riguardo, essendo stato eliminato il requisito, previsto dalla normativa precedente, che un'amministrazione nazionale indipendente abbia stabilito, con propria decisione, l'applicabilità dell'esclusione. La possibilità di deroga in esame suscita qualche perplessità dovuta al fatto che mentre la disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici nasce essenzialmente per assicurare la libertà di accesso agli appalti pubblici banditi in uno Stato membro alle imprese degli altri Stati membri, e quindi la tutela delle imprese, l'esenzione consiste invece in una misura a protezione di soggetti pubblici. Essa permettere loro di «resistere» in mercati ormai concorrenziali senza essere onerate dalla disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici; ciò può impattare sulle imprese interessate a questi stessi appalti. Ed ecco perché la procedura appare piuttosto complessa. Le conseguenze operative di tale possibilità di esenzione sono assai rilevanti soprattutto per le imprese pubbliche in quanto rientrano tra gli «enti aggiudicatori» tenuti all'osservanza della disciplina degli appalti nei settori speciali, mentre non sono in quanto tali e in termini generali contemplate tra le «amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori» tenuti all'osservanza della disciplina degli appalti nei settori ordinari (come le amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 3, comma 1, lett. a), del Codice appalti). Nel caso di amministrazioni aggiudicatrici, che sono soggetti di diritto pubblico, non sembrano esservi ostacoli ad ammettere che, per i loro appalti estranei ai settori speciali, si riespande l'applicazione della disciplina degli appalti dei settori ordinari. Rimane da valutare se tali appalti, totalmente esclusi dalla disciplina del Codice, rimangano soggetti ai principi di non-discriminazione e di trasparenza previsti dal Trattato e quindi all'art. 4. 2) In base a quale l'appalto di un'impresa pubblica può ritenersi strumentale al settore speciale? In base a quale l'appalto di un'impresa pubblica può ritenersi strumentale al settore speciale? Con riferimento al problema di cui alla fine del paragrafo precedente, in effetti, l'Adunanza Plenaria n. 16/2011 agosto 2011 ha delineato la figura dei così definiti «appalti estranei» aggiudicati dalle imprese pubbliche operanti nei settori speciali, per scopi diversi dalle attività proprie di tali settori. Secondo il Consiglio di Stato: «viceversa, al di fuori di questi settori speciali, cioè fuori dell'ambito degli oggettivi servizi pubblici nominati» – ossia per gli appalti non strettamente strumentali a tali settori «, non vi è sostituzione all'attività amministrativa e pertanto non sorge la necessità di assicurare normativamente la garanzia della concorrenza dei potenziali contraenti, mediante l'imposizione di scansioni particolari del Processo di formazione contrattuale; vengono infatti meno la rilevanza e la peculiarità dell'attività che giustificano l'eccezionale attrazione e assoggettamento a regole eteronome sulla formazione della volontà contrattuale con terzi; l'impresa pubblica è comunque un'impresa e come tale agisce anch'essa con rischio, fine di lucro (art. 2082 c.c.) e moduli privatistici: e questi debbono essere integri ad evitare claudicazioni rispetto alla concorrenza (cioè restrizioni nell'ordinaria capacità di attività e di competizione». L'Adunanza Plenaria passa poi a verificare se a tale tipologia di appalti sia o meno applicabile l'art. 27, d.lgs. n. 163/2006 (ora art. 4 del Codice appalti), il quale ha inteso tradurre in norma positiva nazionale una regola di diritto giurisprudenziale e cioè quella secondo cui ai contratti sottratti all'ambito di applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici si applicano comunque i principi posti a tutela della concorrenza dai Trattati dell'Unione, e segnatamente i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità. Sotto il profilo in esame, si osserva come l'art. 27, che fa specifico riferimento ai «contratti esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente Codice», estende dunque l'applicazione dei principi dei Trattati Europei a tutela della concorrenza anche ai contratti «esclusi in tutto» dal Codice: sono tali, ad avviso del Consiglio di Stato, solo i contratti dallo stesso codice «nominati», ancorché al solo scopo di escluderli dal proprio ambito, e non anche quelli da esso non menzionati, neppure per escluderli. Come si vedrà nel commento all'art. 14, tuttavia, la nozione di strumentalità sposata dall'Adunanza Plenaria 16/2011 – che si riteneva oramai consolidata nel nostro ordinamento – risulta oggi drasticamente limitata nella sua applicazione dalla recente sentenza della Corte giustizia V, 28 ottobre 2020, n. C-521/18, concernente la fornitura di servizi di portierato, reception e presidio varchi per le sedi dei prestatori di servizi postali, quali Poste Italiane e altre società del gruppo. Infatti, la Corte di Giustizia Europea, dopo avere preliminarmente segnalato che, secondo “l'art. 13, par. 1, la direttiva 2014/25 si applica alle attività relative alla prestazione, da un lato, di servizi postali e, dall'altro, di altri servizi diversi da quelli postali, purché tali altri servizi siano forniti da un ente che presta anche servizi postali, ha rilevato, quanto alle nozioni di «servizi postali» e di «altri servizi diversi da quelli postali», che esse sono definite all'art. 13, par. 2, lettere b) e c), di tale direttiva come aventi ad oggetto servizi consistenti in raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione di invii postali, e, rispettivamente, servizi di gestione di servizi postali nonché servizi relativi a invii diversi dagli invii postali, come la spedizione di invii pubblicitari privi di indirizzo”. In tale prospettiva, i Giudici Europei hanno segnalato che occorre considerare che rientrano tra le attività relative alla prestazione di servizi postali, ai sensi di tale disposizione, tutte le attività che servono effettivamente all'esercizio dell'attività rientrante nel settore dei servizi postali, consentendo la realizzazione in maniera adeguata di tale attività, tenuto conto delle sue normali condizioni di esercizio. BibliografiaAstone, Il diritto comunitario degli appalti pubblici ed il codice dei contratti, in Saitta (a cura di), Il d.lgs. n. 50 del 2016 dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. 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