Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 51 - (Suddivisione in lotti) 1

Marco Giustiniani

(Suddivisione in lotti)1

[1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. E' fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l'applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l'aggregazione artificiosa degli appalti.

2. Le stazioni appaltanti indicano, altresì, nel bando di gara o nella lettera di invito, se le offerte possono essere presentate per un solo lotto, per alcuni lotti o per tutti.

3. Le stazioni appaltanti possono, anche ove esista la facoltà di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare. Nei medesimi documenti di gara indicano, altresì, le regole o i criteri oggettivi e non discriminatori che intendono applicare per determinare quali lotti saranno aggiudicati, qualora l'applicazione dei criteri di aggiudicazione comporti l'aggiudicazione ad un solo offerente di un numero di lotti superiore al numero massimo 2.

4. Le stazioni appaltanti possono aggiudicare appalti che associano alcuni o tutti i lotti al medesimo offerente, qualora abbiano specificato, nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, che si riservano tale possibilità e indichino i lotti o gruppi di lotti che possono essere associati, nonché le modalità mediante cui effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

[2] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

Inquadramento

L'art. 51 del Codice, applicabile tanto nei settori ordinari quanto nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese al mercato delle commesse pubbliche, stabilisce il principio generale per cui le stazioni appaltanti – di norma e ove possibile in considerazione delle specificità della singola procedura – debbano suddividere gli appalti in lotti (nella duplice accezione di lotti funzionali e prestazionali), motivando nella lex specialis di gara l'eventuale (ed opposta) scelta di non procedere al frazionamento.

Il legislatore specifica altresì che il valore di ciascun lotto deve essere calibrato in maniera tale da garantire effettivamente la possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese, e che la suddivisione in lotti non può essere disposta al solo fine di eludere la doverosa applicazione della disciplina codicistica.

L'articolo in commento rappresenta un ulteriore esempio di come il legislatore abbia inteso fare un «uso strategico dei contratti pubblici» per il raggiungimento di obiettivi di politica economica di più ampia portata rispetto al ristretto ambito della contrattualistica pubblica. Nel caso di specie, l'obiettivo perseguito è quello che mira a garantire alle microimprese, piccole e medie imprese (di seguito anche «MPMI») maggiori possibilità di accesso al mercato delle commesse pubbliche.

In quest'ottica, l'art. 51 è dichiaratamente finalizzato «a plasmare i profili organizzativi dell'amministrazione committente in modo servente rispetto ad un fine che esula dallo stretto tema dell'evidenza pubblica, per collocarsi nella più ampia prospettiva dello sviluppo pro-concorrenziale del mercato» (Cons. St., III, n. 8440/2020).

Se per un verso il valore stimato di una procedura può essere un indice idoneo a pregiudicare il dispiegamento della libera concorrenza fra imprese, per altro verso «l'art. 51 ci consegna un ruolo della stazione appaltante che, attraverso la suddivisione dell'appalto in lotti, può consentire l'accesso alla gara e la sua aggiudicazione a soggetti dimensionalmente inidonei a poter concorrere per la totalità dell'oggetto del contratto» (Cafagno, Farì, p. 222).

Accanto al tradizionale obiettivo di garantire la tutela della concorrenza e la parità di trattamento tra gli operatori economici, si vuole perseguire l'obiettivo di garantire un maggior coinvolgimento delle MPMI nell'economia pubblica.

In considerazione dell'elevatissimo numero di MPMI sul territorio dell'Unione, il legislatore intende sostenerle in un contesto economico globale sempre più competitivo, tutelandole quali preziosi «incubatori di sviluppo scientifico e tecnologico» (Caringella, Protto, p. 261).

Ciò posto, se l'obiettivo della norma (i.e. favorire l'accesso alle MPMI nel mercato delle commesse pubbliche) e lo specifico strumento utilizzato per perseguirlo (i.e. la suddivisione in lotti delle procedure) sono molto chiari, è altrettanto chiaro come in questo meccanismo possano innestarsi delicate tensioni tra cui è più che mai importante individuare il corretto bilanciamento.

Da un lato, con il frazionamento si allarga la platea dei potenziali concorrenti con (potenziali e quindi teorici) benefici in termini di costi delle prestazioni a vantaggio delle stazioni appaltanti; dall'altro lato, la suddivisione in lotti è suscettibile di implicare problematiche con riferimento – ad esempio – alle fasi di progettazione e di esecuzione del contratto. In tale contesto, «non si può dire che l'art. 51 in esame stabilisca con sufficiente chiarezza e certezza il punto di bilanciamento fra queste contrapposte spinte» (Caringella, Protto, p. 261).

Il percorso evolutivo della disciplina

Le direttive comunitarie n. 2004/17/CE e n. 2004/18/CE mostravano una scarsa sensibilità alla tematica relativa alle MPMI, la cui principale tutela si risolveva nell'istituto del subappalto quale indiretto strumento per favorire l'ingresso degli operatori economici di piccole dimensioni nell'economia pubblica.

A normativa invariata, nel 2008, con il c.d. «Codice europeo di buone pratiche per facilitare l'accesso delle Pmi agli appalti pubblici», la Commissione europea si preoccupò di offrire spunti concreti per poter declinare le previsioni delle direttive nel senso di un maggior coinvolgimento delle microimprese, piccole e medie imprese.

Sempre nel 2008, con il c.d. ‘Small Business Act' «(Comunicazione della Commissione europea «Una corsia preferenziale per la piccola impresa». Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa (uno «Small Business Act» per l'Europa), COM(2008) 394») furono elaborate alcune proposte concrete per un'ulteriore implementazione del favor verso le MPMI. Con il medesimo atto fu fornita una precisa definizione di microimprese, piccole e medie imprese, in base alla quale sono da intendersi quali microimprese quelle con meno di 10 dipendenti, piccole imprese quelle che hanno da 10 a 49 dipendenti, e medie imprese quelle con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 249.

Questo percorso ha portato all'inserimento nell'ultimo stock di direttive eurounitarie in materia di contrattualistica pubblica di un gran numero di previsioni volte a favorire – direttamente o indirettamente – l'accesso delle MPMI al mercato dei contratti pubblici.

Con specifico riferimento alla Direttiva n. 2014/24/UE, oltre all'art. 46 specificamente dedicato al tema della suddivisione in lotti delle procedure, è possibile fare riferimento – in via meramente esemplificativa e non esaustiva – ai Considerando n. 59 (che sottolinea la volontà di promuovere la centralizzazione delle committenze, a patto di renderla compatibile con l'esigenza di «preservare la trasparenza e la concorrenza e la possibilità di accesso al mercato per le PMI») e n. 78 (che rappresenta il cuore motivazionale della direttiva quanto alla spinta, riflessa nell'art. 46 dell'articolato, verso un maggiore e più agevole accesso delle PMI al mercato delle commesse pubbliche).

Nonostante l'incisività delle sollecitazioni, la legge delega n. 11/2016 ha declinato il favor per le MPMI mostrato dalle direttive eurounitarie limitandosi a enunciazioni molto generiche, da un lato comprensibili in virtù della particolare natura di legge delega ma dall'altro sicuramente poco coraggiose.

La ‘timidezza' sul punto della legge delega si riflette anche sul disposto dell'art. 51 del Codice, che non spinge alle estreme conseguenze la chiara indicazione proveniente dal legislatore eurounitario in direzione della valorizzazione del contributo delle MPMI al mercato delle commesse pubbliche, per quanto – rispetto all'omologa disposizione contenuta nel d.lgs. n. 163/2006 – l'articolo in commento quantomeno non subordina più la sua applicazione alla circostanza per cui la suddivisione in lotti risulti «possibile ed economicamente conveniente».

La suddivisione in lotti: obbligo o facoltà?

L'art. 50 del Codice, pur affermando un generale principio di preferenza per la suddivisione degli appalti in lotti funzionali o prestazionali, ha ritenuto di non attribuire portata cogente a tale principio.

In altre parole, le stazioni appaltanti non sono obbligate a frazionare le procedure di gara mediante la suddivisione in lotti. Tuttavia, ove decidano di non suddividere un appalto in lotti pur sussistendone i presupposti qualitativi e dimensionali, esse sono tenute a motivare specificamente la loro decisione «nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli artt. 99 e 139».

Invero, non può tacersi come la suddivisione di una procedura in lotti potrebbe determinare una minore economicità dell'appalto, ponendosi così in contrasto con altri princìpi fondamentali dell'ordinamento come il principio di economicità nell'impiego delle risorse pubbliche e il principio di buon andamento della pubblica amministrazione.

Questa tensione tra poli opposti viene così scaricata dal legislatore sulle stazioni appaltanti, chiamate a farsi carico del problema contemperando, in concreto, le opposte esigenze che vengono in considerazione.

Sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio come tale principio non costituisca un precetto inviolabile possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie e derogabile previa adeguata motivazione (Cons. St., III, n. 1076/2020).

Se l'eventuale scelta della stazione appaltante di non suddividere in lotti un appalto di grandi dimensioni deve essere sorretta da idonea motivazione, nessuna motivazione è richiesta ove la scelta sia invece quella di operare la suddivisione, in osservanza dell'art. 51 e del ‘principio di preferenza' del frazionamento ivi enunciato (cfr. Cons. St., V, n. 973/2020).

Un'ulteriore problematica che si interseca con quella relativa al favor per la suddivisione in lotti e alla sua dibattuta portata cogente riguarda la vistosa contraddizione tra il principio di preferenza per il frazionamento delle procedure (espresso dal legislatore all'art. 51) e l'azione volta a promuovere una sempre maggiore aggregazione della domanda pubblica tramite la centralizzazione delle committenze.

Sul punto si è espressa l'ANAC con la delibera n. 123/2019, che ha sostenuto come le finalità di contenimento della spesa sottese alla centralizzazione delle committenze non possano essere ritenute senz'altro prevalenti rispetto ad ogni altro interesse, dovendosi invece tenere conto della rilevanza strategica che le ultime evoluzioni normative assegnano al coinvolgimento delle MPMI nel mercato delle commesse pubbliche.

In questo quadro, è stato ribadito che la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall'ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale della P.A. deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del Codice, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza. La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico deve dunque costituire una decisione funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dalla procedura di gara, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (Cons. St., III, n. 1491/2019).

Il favor accordato alla suddivisione in lotti (quale importante ma non unico strumento di tutela e di valorizzazione delle MPMI) non può essere inteso quale regressione del coesistente interesse pubblico alla scelta del miglior contraente (Cafagno, Farì, p. 223).

Si pone allora il problema di verificare l'effettiva sindacabilità in sede giurisdizionale delle scelte delle stazioni appaltanti relative alla suddivisione in lotti delle procedure.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, la suddivisione in lotti sarebbe espressione di una valutazione discrezionale dell'amministrazione, sindacabile dal giudice amministrativo sotto il duplice profilo dell'adeguatezza dell'istruttoria e del rispetto dei princìpi di proporzionalità e adeguatezza (Cons. St., III, n. 8440/2020).

Questa certezza della giurisprudenza, tuttavia, parrebbe scontrarsi con il tenore letterale del Considerando n. 78 della Direttiva n. 2014/24/UE, secondo cui «l'amministrazione aggiudicatrice dovrebbe avere il dovere di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti mantenendo la facoltà di decidere autonomamente sulla base di qualsiasi motivo ritenga rilevante, senza essere soggetta a supervisione amministrativa o giudiziaria». Tale (infelice) inciso sembrerebbe voler rendere inoppugnabili le decisioni delle stazioni appaltanti in ordine all'eventuale frazionamento in lotti delle procedure di gara.

Tuttavia, qualora la normativa interna fosse letta e interpretata in conformità con questa disposizione, essa dovrebbe ritenersi incostituzionale per violazione degli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione ex artt. 24, 103, 113 e 3 Cost. con le inerenti conseguenze, anche alla luce della c.d. teoria dei ‘controlimiti' (Caringella, Protto, p. 267).

Problemi attuali: la duplice possibilità di suddivisione su base ‘qualitativa' ovvero ‘quantitativa'

Con il citato Considerando n. 78 della Direttiva n. 2014/24/UE, il legislatore europeo suggerisce ai legislatori nazionali di introdurre due possibili ‘modalità' di suddivisione delle procedure in lotti, prevedendo in particolare che tale suddivisione possa essere effettuata tanto «su base quantitativa, facendo in modo che l'entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI», quanto «su base qualitativa, in conformità alle varie categorie o specializzazioni presenti».

Entrambe le possibili modalità di suddivisione sono state recepite dal legislatore codicistico, posto che l'art. 51 contempla tanto la suddivisione in ‘lotti funzionali' quanto il frazionamento in ‘lotti prestazionali'.

Per ‘lotto funzionale' il Codice intende «uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di un lavoro o servizio generale la cui progettazione e realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti». In altre parole, ciascun lotto funzionale appare comparabile a un microcosmo contenente in sé tutte le tipologie presenti nell'appalto globalmente considerato (Caringella, protto, p. 265).

Al contrario, un ‘lotto prestazionale' è «uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, definito su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti o in conformità alle diverse fasi successive del progetto».

Ovviamente, la complessità delle prestazioni da acquisire può talora far sì che l'articolazione in lotti di un globale contenuto contrattuale si declini nella compresenza di lotti sia funzionali sia prestazionali (Caringella, Protto, p. 265).

Vincoli di partecipazione e vincoli di aggiudicazione

L'art. 51, comma 2, consente alla stazione appaltante di prevedere una sorta di ‘vincolo di partecipazione', stabilendo che «le stazioni appaltanti indicano, altresì, nel bando di gara o nella lettera di invito, se le offerte possono essere presentate per un solo lotto, per alcuni lotti o per tutti».

Le determinazioni assunte in proposito dalla stazione appaltante finiscono per modulare, in concreto, l'attuazione effettiva del favor verso le MPMI. Da un lato, la limitazione a un solo lotto della possibilità di presentare offerta esalta la possibilità che più imprese finiscano per risultare aggiudicatarie di una commessa pubblica; dall'altro lato, la stessa misura rischia di rendere più onerosa e meno razionale la commessa, in quanto verrebbe esclusa a priori la possibilità di realizzare economie di scala, di cui, in ultima analisi, godrebbe anche (e soprattutto) la stazione appaltante (Caringella, Protto, p. 264).

Al contempo, il successivo comma 3 prefigura invece un ‘vincolo di aggiudicazione', attribuendo alle stazioni appaltanti la facoltà – anche ove esista la possibilità di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti – di «limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare» e purché la lex specialis di gara indichi le regole o i criteri oggettivi e non discriminatori che la stazione appaltante intende applicare per determinare quali lotti saranno aggiudicati, qualora l'applicazione dei criteri di aggiudicazione comporti l'aggiudicazione ad un solo offerente di un numero di lotti superiore al numero massimo.

Come correttamente è stato rilevato, la previsione di vincoli di partecipazione e/o di aggiudicazione nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica potrebbe comportare una lesione dell'interesse della P.A. a ricercare la migliore offerta e a selezionare il miglior contraente, comportando il rischio di un ingiustificato incremento di spesa per l'amministrazione e di un abbassamento della qualità del servizio, oltre a una lesione al principio del favor partecipationis. Tuttavia, «prendendo a riferimento un diverso parametro temporale che vada oltre la singola gara e che guardi al lungo periodo e alle modalità scelte per il soddisfacimento degli interessi così come sino ad ora delineati, se ne può scorgere la convergenza verso l'obiettivo di un'ulteriore apertura della concorrenza, garantendo anche alle imprese più piccole sul mercato e al loro bagaglio composito fatto di potenzialità di crescita, posti di lavoro e innovazione, di accedere al mercato e di acquisire requisiti e qualifiche necessarie per continuare a parteciparvi» (Cafagno, Farì, p. 224).

A chiusura dell'articolo in commento, il comma 4 recepisce il paragrafo n. 3 dell'art. 46 della Direttiva n. 2014/24/UE, riconoscendo così alle stazioni appaltanti la facoltà, nei casi in cui un «solo offerente» possa intestarsi più lotti, di «aggiudicare appalti che associano alcuni o tutti i lotti al medesimo offerente».

La norma pare voler intaccare la rigida separazione dei lotti. Essa ammette che siano individuati nella lex specialis meccanismi tali da fare sì che taluni lotti possano essere aggiudicati non a chi capeggi la relativa graduatoria, «ma a chi sia latore in relazione ad altri lotti di offerte che considerate in combinazione fra esse e quella presentata per il lotto considerato possano risultare più vantaggiose» per la stazione appaltante. Sotto il profilo economico e tecnico – funzionale il meccanismo appare un correttivo del rigido frazionamento in lotti, allorché questo possa in concreto (ossia alla luce delle offerte effettivamente presentate) risultare pregiudizievole per la P.A. in termini di ridotta vantaggiosità dell'acquisto. Va da sé che ciò riduce in concreto il favor per le MPMI che in generale anima la norma in discorso, dal momento che secondo l'id quod plerumque accidit ci si può attendere che non sia una MPMI «a poter articolare offerte su più lotti nel complesso più favorevoli per l'appaltante, così legittimato a superare le singole sub graduatorie per lotto». Ovviamente, questo strumento di non agevole impiego si traduce – a livello di lex specialis – in una facoltà condizionata, posto che le stazioni appaltanti dovranno infatti specificare «nel bando di gara o nell'invito a confermare l'interesse»: i) l'esistenza di «tale possibilità»; ii) «i lotti o gruppi di lotti che possono essere associati»; iii) «le modalità mediante cui effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti».

Quale ultima osservazione in chiusura del presente commento, possiamo notare come l'art. 51 non abbia recepito l'ultimo paragrafo dell'art. 46 della Direttiva n. 2014/24/UE, il quale lasciava alla discrezione degli «Stati membri» la previsione di «condizioni» alle quali fosse «obbligatorio aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati». Così facendo, il legislatore nazionale ha tentato di assicurare il principio del maggiore accesso possibile ai contratti pubblici (soprattutto rispetto alle PMI) senza limitare la libertà delle stazioni appaltanti di adeguare (sempre) ciascuna gara alla singola fattispecie (Caringella, Protto, p. 266).

Efficacia del cd. vincolo di aggiudicazione su più lotti in caso di aggiudicazione da parte di imprese collegate

In materia si segnala Cons. St. III, 21 ottobre 2022, n. 9003, secondo cui l’istituto del vincolo di aggiudicazione, come disciplinato dall’art. 51, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, può avere una duplice finalità, indicata dal considerando 79 della direttiva 2014/24/UE, che facoltizza le stazioni appaltanti a limitare il numero dei lotti aggiudicabili al medesimo operatore economico “allo scopo di salvaguardare la concorrenza o per garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento”: conseguentemente, la norma attributiva del potere (concepito in termini di mera facoltà) di imporre il vincolo di aggiudicazione non attribuisce alla singola stazione appaltante la sola facoltà di frammentare gli affidamenti per “garantire una maggiore efficacia delle prestazioni”, ma anche il potere di limitare la concentrazione di commesse pubbliche in capo ai medesimi soggetti, nel contesto di una disposizione (il citato art. 51) che ha proprio la finalità di escludere concentrazioni.

Il Consiglio richiama l’orientamento consolidato della giurisprudenza  nel senso che la discrezionalità di cui all’art. 51, commi 2 (vincolo di partecipazione) e 3 (vincolo di aggiudicazione), se si esercita nell’an (con l’introduzione del vincolo quantitativo di partecipazione e/o di aggiudicazione) a fortiori trova applicazione nel quomodo (quanto alla scelta di estendere o meno tale vincolo anche alle società che formano un unico centro decisionale): senza che sussista uno specifico e formalistico onere di specificazione, nella lex specialis, circa tale estensione, in quanto ricavabile dal sistema.

Si osserva, infine,  che quando, pur nell’apparente diversità soggettiva delle offerte presentate per lotti diversi, plurimi e univoci indici sintomatici rivelino il dato oggettivo della sostanziale unicità dell’offerta prestazionale, si è in presenza non un mero collegamento societario, ma piuttosto di una sostanziale identità imprenditoriale e finanche aziendale dietro lo schermo formale di una apparente diversità soggettiva; in tal caso l’applicazione del vincolo di aggiudicazione risponde non solo a tutelare l’interesse proconcorrenziale, ma anche a proteggere l’affidamento riposto dal committente sulle reali caratteristiche imprenditoriali dello specifico soggetto tenuto a rendere la prestazione.

Questioni applicative.

1) Quali sono i nodi sottoposti al vaglio del giudice amministrativo in materia di suddivisione in lotti?

È ormai ricca la casistica applicativa del principio sancito dalla norma in esame. Esaminiamo allora le questioni più significative vagliate dalla giurisprudenza, in applicazione dei principi fin qui esposti.

(1) Cons. St., III, 2020, n. 1865: «in sede di gara per l'affidamento della fornitura domiciliare di ossigenoterapia sono legittime le previsioni relative alla limitazione di un numero massimo di lotti (due) aggiudicabili al medesimo offerente e alla necessità che le offerte per più lotti messi a gara siano presentate nella medesima forma individuale o associata e, in caso di RTI, con la medesima composizione». Ha chiarito la sentenza che la prima previsione relativa alla limitazione di un numero massimo di lotti (due) aggiudicabili al medesimo offerente risponde, secondo le previsioni dell'art. 51 del codice dei contratti, alle medesime ragioni di tutela della libertà d'iniziativa economica e di concorrenza da indebite rendite oligopolistiche che postulano la suddivisione dei contratti in più lotti, e quindi risulta pienamente. legittima.

La seconda previsione relativa alla necessità che le offerte per più lotti messi a gara siano presentate nella medesima forma individuale o associata e, in caso di RTI, con la medesima composizione risponde alla ragionevole esigenza d'interesse pubblico generale di garantire, da un lato, la correttezza e genuinità, e quindi la piena concorrenzialità fra loro, delle offerte riferite ad un'unica gara e, dall'altro, la univocità e serietà dell'impegno contrattuale assunto dai partecipanti alla medesima gara in sede di esecuzione dei singoli adempimenti contrattuali riferiti ai diversi lotti senza poter in ipotesi «triangolare» le responsabilità fra compagini societarie ed associative diverse.

L'unitarietà della gara emerge, così come dedotto dal giudice di prime cure, dalla unicità della Commissione esaminatrice, dall'identità, per tutti i lotti, dei requisiti richiesti dal bando e degli elementi di valutazione dell'offerta tecnica previsti dal disciplinare, dalla possibilità di produrre un'unica offerta telematica per più lotti, dall'identità, per tutte le Asl, delle modalità di prestazione del servizio e delle prestazioni richieste ed, inoltre, dall'integrazione telematica riferita alla esecuzione di tutti gli adempimenti negoziali conseguenti.

La limitazione in esame quindi non è illegittima e non pregiudica l'autonomia privata dei concorrenti, trattandosi non di una gara ad oggetto plurimo suddiviso in lotti di diverso contenuto caratterizzati da una propria autonomia – e quindi gestibili in modo diverso dalle imprese aggiudicatarie – bensì di una gara unitaria rivolta alla fornitura di un medesimo servizio in aree territoriali diverse, con conseguente articolazione in lotti – corrispondenti ai diversi soggetti preposti alla tutela della relativa prestazione nei confronti degli utenti finali – che prelude a un sistema di gestione unitario della commessa.

Alla stregua delle pregresse considerazioni risulta, dunque, legittima non solo la limitazione del numero massimo di lotti attribuibili allo stesso partecipante (prescrizione volta a favorire la concorrenza ex art. 51, commi 2 e 3, d.lgs. n. 50/2016), bensì anche il vincolo di partecipazione ai diversi lotti nella stessa forma e composizione, in quanto volto a garantire sia la corretta competizione fra le offerte riferite ai diversi lotti, sia la piena ed univoca responsabilità dei vincitori per l'adempimento delle specifiche obbligazioni nascenti dalla medesima gara in relazione ai diversi lotti.

Tali finalità trovano, pertanto, un ulteriore specifico fondamento, nella fattispecie in esame, nell'esigenza di tutela del diritto alla salute dei pazienti del servizio sanitario regionale ai sensi dell'art. 32 Cost. oltreché nei principi di imparzialità e buon andamento dell'attività ammnistrativa di cui all'art. 97 Cost. Risultano, inoltre, coerenti con l'invocato principio di libertà di iniziativa economica garantita dall'art. 41 Cost., che postula un mercato regolato a garanzia del pieno dispiegarsi del principio di libera concorrenza, principio che peraltro trova, in questo caso, specifica tutela proprio nelle regole di gara ora esaminate, e in particolare nel limite di aggiudicazione di due lotti rispetto ai sei messi in gara, trattandosi di regole volte a consentire alle imprese new comers di concorrere ad armi pari con gli operatori economici dominanti di uno specifico segmento di mercato, con potenziali evidenti ricadute positive sulla qualità del servizio e sul suo costo posto a carico della comunità.

(2) Cons. St., V, 3 aprile 2018, n. 2044: il principio della suddivisione in lotti di un appalto, previsto dall'art. 51, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, può essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata ed è espressione di scelta discrezionale, sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell'adeguatezza dell'istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto «di grosse dimensioni» in lotti (cfr. T.A.R. Lazio, II, 1345/2017).

(3) T.A.R. Toscana, III, 29 luglio 2019, n. 1162: ai sensi dell'art. 51, d.lgs. n. 50/2016, soprattutto nel settore della sanità le centrali di committenza possono suddividere le gare/affidamenti in lotti di importo elevato, sebbene questo finisca per rendere difficoltosa, se non impossibile, la partecipazione delle medie e piccole imprese.

È, quindi, legittima la scelta della stazione appaltante di non limitare il numero di lotti aggiudicabili al medesimo concorrente, la quale garantisce pur sempre la stazione appaltante da possibili intese anticoncorrenziali, oltre ad assicurare per ciascun lotto la selezione della migliore offerta, e non può considerarsi di per sé irragionevole.

(4) T.A.R. Parma 10 marzo 2017, n. 94: qualora la lex specialis di gara preveda l'assegnazione di uno solo dei due lotti in gara senza però indicare un criterio di aggiudicazione nel caso in cui uno stesso concorrente abbia presentato l'offerta più conveniente per entrambi i lotti, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso con il quale detto concorrente impugna il bando e la successiva errata corrige dello stesso bando, che a fronte del delineato esito (la stessa concorrente classificata al primo posto in entrambi i lotti) prevede che sia assegnato il lotto che determina la combinazione di punteggi più conveniente per la stazione appaltante e non invece il lotto più conveniente per il concorrente, e ciò in quanto una volta espunta la clausola contestata non residuerebbe nella lex specialis di gara un diverso criterio in base al quale procedere, con la conseguenza che non sarebbe aggiudicabile nessuno dei due lotti.

Bibliografia

Caponigro, Il principio del favor partecipationis e la tutela delle piccole e medie imprese nell'affidamento degli appalti pubblici, 8 marzo 2017, in giustizia-amministrativa.it; Cafagno, Farì, I princìpi e il complesso ruolo dell'amministrazione nella disciplina dei contratti per il perseguimento degli interessi pubblici, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Caringella, Protto, Il Codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Meale, Le soglie: una disciplina divisa tra obblighi e facoltà, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021.

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