Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 87 - (Certificazione delle qualità) 1

Marco Giustiniani

(Certificazione delle qualità)1

[1. Qualora richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare che l'operatore economico soddisfa determinate norme di garanzia della qualità, compresa l'accessibilità per le persone con disabilità, le stazioni appaltantisi riferiscono ai sistemi di garanzia della qualità basati sulle serie di norme europee in materia, certificati da organismi accreditati. Le stazioni appaltanti riconoscono i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse ammettono parimenti altre prove relative all'impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità, qualora gli operatori economici interessati non avessero la possibilità di ottenere tali certificati entro i termini richiesti per motivi non imputabili agli stessi operatori economici, a condizione che gli operatori economici dimostrino che le misure di garanzia della qualità proposte soddisfano le norme di garanzia della qualità richieste.

2. Le stazioni appaltanti, quando richiedono la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell'operatore economico di determinati sistemi o di norme di gestione ambientale, fanno riferimento al sistema dell'Unione di ecogestione e audit (EMAS) o a altri sistemi di gestione ambientale nella misura in cui sono conformi all'articolo 45 del regolamento (CE) n. 1221/2009 o ancora ad altre norme di gestione ambientale fondate su norme europee o internazionali in materia, certificate da organismi accreditati per lo specifico scopo, ai sensi del regolamento (CE) n.765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio. Le stazioni appaltanti riconoscono i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Qualora gli operatori economici abbiano dimostrato di non avere accesso a tali certificati o di non avere la possibilità di ottenerli entro i termini richiesti per motivi loro non imputabili, la stazione appaltante accetta anche altre prove documentali delle misure di gestione ambientale, purché gli operatori economici dimostrino che tali misure sono equivalenti a quelle richieste nel quadro del sistema o della norma di gestione ambientale applicabile.

3. Le stazioni appaltanti , qualora richiedano agli operatori economici la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare la conformità ai criteri di cui al comma 2 dell'articolo 34, fanno riferimento a organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del regolamento (CE) n.765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, in conformità alle norme UNI CEI EN ISO/IEC della serie 17000.

4. Le informazioni relative ai documenti presentati come prova del rispetto delle norme ambientali e di qualità sono messe a disposizione degli altri Stati membri, su richiesta dalla Cabina di regia.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

Inquadramento

L'art. 87 del Codice recepisce i) l'art. 62 della Direttiva n. 2014/24/UE per quanto riguarda i settori ordinari e ii) l'art. 81 della Direttiva n. 2014/25/UE per quanto concerne i settori speciali.

Le stazioni appaltanti possono avere interesse ad accertare che il sistema di gestione dell'impresa a cui intendono aggiudicare un appalto con particolare riferimento alla qualità aziendale e alla compliance rispetto alla disciplina di tutela ambientale nell'ambito delle attività svolte – rispetti standard di alto livello e che dimostri, in definitiva, l'affidabilità dell'operatore economico in questione (Ioannides, p. 663).

L'art. in commento si occupa proprio della tematica attinente alla dimostrazione, da parte degli operatori economici, del rispetto i) delle norme di garanzia della qualità, ii) delle norme di gestione ambientale e iii) dei criteri ambientali minimi di cui all'art. 34 del Codice.

Le disposizioni dei commi 1 e 2 riproducono sostanzialmente quanto già previsto dagli artt. 43 e 44 del previgente Codice di cui al d.lgs. n. 163/2006. La rubrica dell'art. è stata modificata nella versione finale del Codice, considerato che la vecchia formulazione («Certificazione delle qualità ambientali»), come osservato anche dal parere del Consiglio di Stato n. 855/2016, non sarebbe stata idonea a ricomprendere lo specifico contenuto del comma 1 dell'articolo in esame, che esula dalla materia ambientale propriamente detta.

Sotto il profilo dell'ambito oggettivo di applicazione, l'art. in commento si applica anche ai settori speciali in quanto specificamente richiamato dall'art. 133 del Codice.

Le norme di garanzia della qualità

Ai sensi dell'art. 87, comma 1, d.lgs. n. 50/2016, qualora intendano richiedere agli operatori economici di comprovare il rispetto di determinate norme di garanzia di qualità (ivi compresa l'accessibilità per le persone diversamente abili), le stazioni appaltanti devono fare riferimento ai sistemi di garanzia della qualità basati sulla serie di norme europee in materia, accettando le certificazioni rilasciate da organismi accreditati indipendenti.

In virtù del principio di equivalenza, che permea l'intera disciplina della contrattualistica pubblica ivi comprese le disposizioni in esame, le stazioni appaltanti sono tenute a riconoscere i) i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri e ii) ogni altra prova relativa all'impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità, ma solamente i) qualora gli operatori economici interessati non abbiano la possibilità di ottenere i certificati richiesti entro i termini previsti per motivi ad essi non imputabili e ii) a condizione che gli operatori economici medesimi dimostrino che le misure di garanzia della qualità proposte soddisfano gli standard richiesti.

Si tratta, in buona sostanza, di un'applicazione attenuata del principio di equivalenza, che segna un'importante differenza rispetto alla previgente disciplina di cui all'art. 43 del d.lgs. n. 163/2006, che prevedeva in via generalizzata la possibilità di offrire prove ‘equivalenti' alle certificazioni ‘tipiche' senza limitazioni di sorta.

Le norme di gestione ambientale, la conformità ai criteri ambientali minimi e i relativi mezzi di prova.

Il comma 2 dell'articolo in commento ripropone nella sostanza i medesimi princìpi previsti dal comma 1, ma con specifico riferimento alle norme di gestione ambientale.

Ai sensi dell'art. 87, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, qualora intendano richiedere agli operatori economici di comprovare il rispetto di determinati sistemi o di norme di gestione ambientale, le stazioni appaltanti devono fare riferimento «al sistema dell'Unione di ecogestione e audit (EMAS) o a altri sistemi di gestione ambientale nella misura in cui sono conformi all'art. 45 del regolamento (CE) n. 1221/2009 o ancora ad altre norme di gestione ambientale fondate su norme europee o internazionali in materia», accettando le certificazioni rilasciate da organismi indipendenti accreditati ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008.

In virtù del principio di equivalenza, le stazioni appaltanti sono tenute a riconoscere i) i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri ed ii) ogni altra prova relativa all'impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità, ma solamente i) qualora gli operatori economici interessati non abbiano la possibilità di ottenere i certificati richiesti entro i termini previsti per motivi ad essi non imputabili e ii) a condizione che gli operatori economici medesimi dimostrino che le misure di gestione ambientale adottate sono effettivamente equivalenti a quelle richieste nel quadro del sistema o della norma di gestione ambientale applicabile.

Anche con riferimento alle certificazioni ambientali, viene quindi riproposta la c.d. applicazione ‘attenuata' del principio di equivalenza già affermata dal comma 1 dell'art. 87 con riferimento alle certificazioni di qualità.

Peraltro, nonostante questa ‘attenuazione' del principio di equivalenza operata dal legislatore codicistico, la giurisprudenza amministrativa nondimeno è costante nell'affermare che la funzione della certificazione EMAS costituisce un mezzo di prova del requisito di gestione ambientale posseduto dall'impresa che è «alternativo ad altre certificazioni» e che «non ricopre carattere assorbente», evidenziando che «la registrazione EMAS non costituisce l'unica certificazione sul possesso di un adeguato sistema di gestione ambientale, potendosi offrire la prova del visto requisito con altre equipollenti certificazioni di qualità aziendale (OHAS8001: 2008 UNI EN ISO 9001:2008 e ISO 14001:2004), rilasciate per le attività corrispondenti all'oggetto dell'appalto» (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, II, n. 58/2021).

L'importanza della norma, soprattutto rispetto all'omologa disposizione contenuta nel previgente Codice, ruota intorno all'estensione della richiesta di certificazione per tutti i tipi di appalto, indipendentemente dal loro oggetto. La soppressione dell'inciso «unicamente nei casi appropriati» previsto dalla precedente disciplina, testimonia ancor di più la grande importanza riconosciuta ai criteri ambientali e al Green Public Procurement in generale (Viola).

Dalla lettura del testo normativo sopra riportato, emerge chiaramente una preferenza per le certificazioni basate sull'adozione del sistema di gestione ambientale Eco-Management and Audit Scheme (EMAS), istituito dal Regolamento CEE 29 giugno 1993, n. 1836 (modificato dal Regolamento CE 19 marzo 2001 n. 761), da ultimo nuovamente disciplinato dal Regolamento CE 25 novembre 2009, n. 1221. Si tratta, in particolare, di uno «strumento proposto dall'Unione europea al quale possono aderire volontariamente le aziende per valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali su una corretta gestione ambientale» (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, II, n. 58/2021).

Sul rapporto tra EMAS e altri strumenti di certificazione ambientale, secondo un recente orientamento giurisprudenziale, «se il possesso di una certificazione o di un'altra non può costituire ostacolo alla più ampia partecipazione alla procedura concorrenziale, non è in alcun modo escluso che, in sede di attribuzione del punteggio all'offerta tecnica, possano essere attribuiti punti alla certificazione più completa e rigorosa e non alle altre certificazioni» (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, II, n. 58/2021).

Al contrario, secondo un orientamento più risalente, «la clausola del bando di gara che attribuisce un punteggio elevato (20 punti) alla certificazione EMAS, pur in presenza di analoga certificazione UNI EN ISO 14001, già prevista come condizione di partecipazione, deve ritenersi illegittima in quanto introduce un requisito ultroneo e sproporzionato e, pertanto, lesivo dei principi della concorrenza, della massima partecipazione alle gare e della par condicio» (T.A.R. Lazio, Roma, II, n. 11582/2017).

La giurisprudenza, dunque, è tutt'altro che unanime sul punto.

Sempre con riferimento alla tematica del rispetto delle norme ambientali, il terzo comma dell'art. in commento disciplina specificamente le procedure in cui sia richiesto il rispetto dei criteri ambientali minimi (CAM) di cui all'art. 34 del Codice.

Sul punto, il legislatore prevede che le stazioni appaltanti laddove richiedano agli operatori economici la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare la conformità ai criteri ambientali minimi debbano fare riferimento «a organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, in conformità alle norme UNI CEI EN ISO/IEC della serie 17000».

Nell'ambito della verifica del rispetto dei criteri ambientali minimi, desta sicuramente perplessità il fatto che il legislatore non abbia previsto alcuna possibilità di ricorso a mezzi di prova alternativi rispetto a quello appena considerato. Sul punto, considerato che – per dottrina e giurisprudenza unanimi – il principio di equivalenza permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica, sembra doversi ritenere che sia comunque possibile dimostrare il rispetto dei criteri ambientali minimi mediante qualsiasi mezzo di prova adeguato, anche in conformità con la previsione generale di cui all'art. 82, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, ai sensi del quale gli operatori economici possono dimostrare il rispetto delle specifiche tecniche (ivi compresi, naturalmente, i criteri ambientali minimi) mediante «altri mezzi di prova appropriati» (Viola).

Le certificazioni di qualità tra requisiti di partecipazione e criteri di aggiudicazione.

Il Codice non chiarisce se le certificazioni di qualità costituiscano unicamente un requisito soggettivo di idoneità tecnico-professionale ovvero se possano rilevare anche ai fini della valutazione delle offerte.

La medesima problematica si pone anche con specifico riferimento agli standard ambientali, con l'ulteriore peculiarità dovuta alla circostanza per cui l'art. 95, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 prevede che gli aspetti ambientali, connessi all'oggetto dell'appalto, rientrino fra i criteri per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, avvalorando quindi la tesi che vorrebbe attribuire rilevanza alle certificazioni ambientali anche in sede di valutazione delle offerte.

Con riferimento alle certificazioni di qualità, la giurisprudenza è propensa a ritenere che nelle gare pubbliche sia indebito includere, tra i criteri di valutazione delle offerte, elementi attinenti alla capacità tecnica dell'impresa quali le certificazioni di qualità, alla luce dei principi ostativi ad ogni commistione fra requisiti di idoneità e criteri di valutazione (cfr. Cons. St., V, n. 279/2018 e T.A.R. Sardegna, I, n. 534/2018).

Con riferimento alle norme di gestione ambientale la questione si atteggia in termini parzialmente diversi in ragione del citato art. 95, comma 6, del Codice, che attribuisce espressamente rilevanza – ai fini della valutazione delle offerte – agli aspetti ambientali connessi all'oggetto dell'appalto; in quest'ottica, è prassi abbastanza comune che le stazioni appaltanti associno specifici punteggi al possesso di determinate certificazioni (cfr. ancora T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, II, n. 58/2021).

Invero, non v'è dubbio che gli standard di qualità aziendale e ambientale possano incidere sul valore e sulla qualità della prestazione oggetto d'appalto, generando inevitabili ricadute sul piano della corretta valutazione delle offerte (Viola).

In quest'ottica, sembra doversi ritenere che una stazione appaltante possa richiedere all'operatore economico certificazioni di qualità specificamente riferite ai prodotti e ai servizi che costituiscono l'oggetto della procedura, nel rispetto del criterio dell'attinenza all'oggetto dell'appalto (Ioannides, p. 664).

Questioni applicative.

1) Quali sono le caratteristiche delle prove documentali alternative di equivalenza?

Ai sensi dell'art. 87, commi 1 e 2, d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50, qualora il concorrente a una gara pubblica sia privo della certificazione di qualità sulla gestione ambientale di qualità EN ISO espressamente prescritta dalla lex specialis può essere ritenuto integrato il requisito attraverso le «prove documentali» prodotte, in via alternativa rispetto al certificato mancante, purché gli operatori economici che se ne avvalgano dimostrino che tali misure sono «equivalenti a quelle richieste nel quadro del sistema o della norma di gestione ambientale applicabile» (T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 85113/2018). Ha chiarito il T.A.R. che può integrare «prova documentale equivalente» ai sensi dell'art. 87, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, eventuali analisi di emissione dei gas in atmosfera, rapporti sullo scarico delle acque civili e industriali, descrizioni del trattamento dei rifiuti ordinari e tossici e della loro conformità alle leggi in materia ecc..

Bibliografia

Caringella, Protto, Il codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Ioannides, La selezione delle offerte, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Viola, La sostenibilità energetica e ambientale nei contratti pubblici, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario