Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 194 - (Affidamento a contraente generale) 1(Affidamento a contraente generale)1 [1. Con il contratto di affidamento unitario a contraente generale, il soggetto aggiudicatore affida ad un soggetto dotato di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria la realizzazione con qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto definitivo redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara, ai sensi dell'articolo 195, comma 2, a fronte di un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori. 2. Il contraente generale provvede: a) alla predisposizione del progetto esecutivo e alle attività tecnico amministrative occorrenti al soggetto aggiudicatore per pervenire all'approvazione dello stesso; b) all'acquisizione delle aree di sedime; la delega di cui all'articolo 6, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, in assenza di un concessionario, può essere accordata al contraente generale; c) all'esecuzione con qualsiasi mezzo dei lavori; d) al prefinanziamento, in tutto o in parte, dell'opera da realizzare; e) ove richiesto, all'individuazione delle modalità gestionali dell'opera e di selezione dei soggetti gestori; f) all'indicazione, al soggetto aggiudicatore, del piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture di materiale e di tutti gli altri elementi utili a prevenire le infiltrazioni della criminalità, secondo le forme stabilite tra quest'ultimo egli organi competenti in materia. 3. Il soggetto aggiudicatore provvede: a) all'approvazione del progetto esecutivo e delle varianti; b) alla nomina [, con le procedure di cui all'articolo 31, comma 1,] del direttore dei lavori e dei collaudatori, nonché provvede all'alta sorveglianza sulla realizzazione delle opere, assicurando un costante monitoraggio dei lavori anche tramite un comitato permanente costituito da suoi rappresentanti e rappresentanti del contraente2; c) al collaudo delle stesse; d) alla stipulazione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori in vista del successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano, in ogni caso prevedendo l'adozione di protocolli di legalità che comportino clausole specifiche di impegno, da parte dell'impresa aggiudicataria, a denunciare eventuali tentativi di estorsione, con la possibilità di valutare il comportamento dell'aggiudicatario ai fini della successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante in caso di mancata osservanza di tali prescrizioni. Le prescrizioni a cui si uniformano gli accordi di sicurezza sono vincolanti per i soggetti aggiudicatori e per l'impresa aggiudicataria, che è tenuta a trasferire i relativi obblighi a carico delle imprese interessate a qualunque titolo alla realizzazione dei lavori. Le misure di monitoraggio per la prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa comprendono il controllo dei flussi finanziari connessi alla realizzazione dell'opera, inclusi quelli concernenti risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori ai sensi dell'articolo 183 e quelli derivanti dalla attuazione di ogni altra modalità di finanza di progetto. Gli oneri connessi al monitoraggio finanziario sono ricompresi nell'aliquota forfettaria di cui al comma 20. 4. Il contraente generale risponde nei confronti del soggetto aggiudicatore della corretta e tempestiva esecuzione dell'opera, secondo le successive previsioni del presente capo. I rapporti tra soggetto aggiudicatore e contraente generale sono regolati dalle norme della parte I e della parte II che costituiscono attuazione della direttiva 2014/24/UE o dalle norme della parte III, dagli atti di gara e dalle norme del codice civile regolanti l'appalto. 5. Alle varianti del progetto affidato al contraente generale non si applica l'articolo 63;essesonoregolatedalle norme della parte II, che costituiscono attuazione della direttiva 2014/24/UE o dalle norme della parte III e dalle disposizioni seguenti: a) restano a carico del contraente generale le eventuali varianti necessarie ad emendare i vizi o integrare le omissioni del progetto esecutivo redatto dallo stesso e approvato dal soggetto aggiudicatore, mentre restano a carico del soggetto aggiudicatore le eventuali varianti indotte da forza maggiore o sopravvenute prescrizioni di legge o di enti terzi o comunque richieste dal soggetto aggiudicatore; b) al di fuori dei casi di cui alla lettera a), il contraente generale può proporre al soggetto aggiudicatore le varianti progettuali o le modifiche tecniche ritenute dallo stesso utili a ridurre il tempo o il costo di realizzazione delle opere; il soggetto aggiudicatore può rifiutare la approvazione delle varianti o modifiche tecniche ove queste non rispettino le specifiche tecniche e le esigenze del soggetto aggiudicatore, specificate nel progetto posto a base di gara, o comunque determinino peggioramento della funzionalità, durabilità, manutenibilità e sicurezza delle opere, ovvero comportino maggiore spesa a carico del soggetto aggiudicatore o ritardo del termine di ultimazione. 6. Il contraente generale provvede alla esecuzione unitaria delle attività di cui al comma 2 direttamente ovvero, se costituito da più soggetti, a mezzo della società di progetto di cui al comma 10; i rapporti del contraente generale con i terzi sono rapporti di diritto privato, a cui non si applica il presente codice, salvo quanto previsto nel presente capo. Al contraente generale che sia esso stesso amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore si applicano le sole disposizioni di cui alla parte I e alla parte II, titolo I che costituiscono attuazione della direttiva 2014/24, ovvero di cui alla parte III. 7. Il contraente generale può eseguire i lavori affidati direttamente, nei limiti della qualificazione posseduta, ovvero mediante affidamento a soggetti terzi. I terzi affidatari di lavori del contraente generale devono a loro volta possedere i requisiti di qualificazione previsti dall'articolo 84, e possono sub affidare i lavori nei limiti e alle condizioni previste per gli appaltatori di lavori pubblici; ai predetti sub-affidamenti si applica l'articolo 105. 8. L'affidamento al contraente generale, nonché gli affidamenti e sub affidamenti di lavori del contraente generale, sono soggetti alle verifiche antimafia, con le modalità previste per i lavori pubblici. 9. Il soggetto aggiudicatore verifica, prima di effettuare qualsiasi pagamento a favore del contraente generale, compresa l'emissione di eventuali stati di avanzamento lavori, il regolare adempimento degli obblighi contrattuali del contraente generale verso i propri affidatari: ove risulti l'inadempienza del contraente generale, il soggetto aggiudicatore applica una detrazione sui successivi pagamenti e procede al pagamento diretto all'affidatario, nonché applica le eventuali diverse sanzioni previste nel contratto. 10. Per il compimento delle proprie prestazioni il contraente generale, ove composto da più soggetti, costituisce una società di progetto in forma di società, anche consortile, per azioni o a responsabilità limitata. La società è regolata dall'articolo 184 e dalle successive disposizioni del presente articolo. Alla società possono partecipare, oltre ai soggetti componenti il contraente generale, istituzioni finanziarie, assicurative e tecnico operative preventivamente indicate in sede di gara. La società così costituita subentra nel rapporto al contraente generale senza alcuna autorizzazione, salvo le verifiche antimafia e senza che il subentro costituisca cessione di contratto; salvo diversa previsione del contratto, i soggetti componenti il contraente generale restano solidalmente responsabili con la società di progetto nei confronti del soggetto aggiudicatore per la buona esecuzione del contratto. In alternativa, la società di progetto può fornire al soggetto aggiudicatore garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme percepite in corso d'opera, liberando in tal modo i soci. Tali garanzie cessano alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. Il capitale minimo della società di progetto è indicato nel bando di gara. 11. Il contratto stabilisce le modalità per la eventuale cessione delle quote della società di progetto, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti del contratto, il buon adempimento degli obblighi del contraente generale, sino a che l'opera sia realizzata e collaudata. L'ingresso nella società di progetto e lo smobilizzo di partecipazioni da parte di istituti bancari e altri investitori istituzionali che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione può tuttavia avvenire in qualsiasi momento. Il soggetto aggiudicatore non può opporsi alla cessione di crediti effettuata dal contraente generale nell'ipotesi di cui all'articolo 106, comma 133. 12. Il bando determina la quota di valore dell'opera che deve essere realizzata dal contraente generale con anticipazione di risorse proprie e i tempi e i modi di pagamento del prezzo. Il saldo della quota di corrispettivo ritenuta a tal fine deve essere pagato alla ultimazione dei lavori. Per il finanziamento della predetta quota, il contraente generale o la società di progetto possono emettere obbligazioni, previa autorizzazione degli organi di vigilanza, anche in deroga ai limiti dell'articolo 2412 del codice civile. Il soggetto aggiudicatore garantisce il pagamento delle obbligazioni emesse, nei limiti del proprio debito verso il contraente generale quale risultante da stati di avanzamento emessi ovvero dal conto finale o dal certificato di collaudo dell'opera; le obbligazioni garantite dal soggetto aggiudicatore possono essere utilizzate per la costituzione delle riserve bancarie o assicurative previste dalla legislazione vigente. Le modalità di operatività della garanzia di cui al terzo periodo del presente comma sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Le garanzie prestate dallo Stato ai sensi del presente comma sono inserite nell'elenco allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze4. 13. I crediti delle società di progetto, ivi incluse quelle costituite dai concessionari a norma dell'articolo 184 nei confronti del soggetto aggiudicatore, sono cedibili ai sensi dell'articolo 106, comma 13; la cessione può avere ad oggetto crediti non ancora liquidi ed esigibili. 14. La cessione deve essere stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve essere notificata al debitore ceduto. L'atto notificato deve espressamente indicare se la cessione è effettuata a fronte di un finanziamento senza rivalsa o con rivalsa limitata. 15. Il soggetto aggiudicatore liquida l'importo delle prestazioni rese e prefinanziate dal contraente generale con la emissione di un certificato di pagamento esigibile alla scadenza del prefinanziamento secondo le previsioni contrattuali. Per i soli crediti di cui al presente comma ceduti a fronte di finanziamenti senza rivalsa o con rivalsa limitata, la emissione del certificato di pagamento costituisce definitivo riconoscimento del credito del finanziatore cessionario; al cessionario non è applicabile nessuna eccezione di pagamento delle quote di prefinanziamento riconosciute, derivante dai rapporti tra debitore e creditore cedente, ivi inclusa la compensazione con crediti derivanti dall'adempimento dello stesso contratto o con qualsiasi diverso credito nei confronti del contraente generale cedente. 16. Il bando di gara indica la data ultima di pagamento dei crediti riconosciuti definitivi ai sensi del comma 15, in tutti i casi di mancato o ritardato completamento dell'opera. 17. Per gli affidamenti per i quali vi siano crediti riconosciuti definitivi ai sensi del comma 15: a) ove le garanzie di cui all'articolo 104 si siano già ridotte ovvero la riduzione sia espressamente prevista nella garanzia prestata, il riconoscimento definitivo del credito non opera se la garanzia non è ripristinata e la previsione di riduzione espunta dalla garanzia; [b) in tutti i casi di risoluzione del rapporto per motivi attribuibili al contraente generale si applicano le disposizioni previste dall'articolo 176, commi 8 e 95;]6 18. Il contraente generale presta la garanzia di cui all'articolo 1047. 19. I capitolati prevedono, tra l'altro: a) le modalità e i tempi, nella fase di sviluppo e approvazione del progetto esecutivo, delle prestazioni propedeutiche ai lavori e i lavori di cantierizzazione, ove autorizzati; b) le modalità e i tempi per il pagamento dei ratei di corrispettivo dovuti al contraente generale per le prestazioni compiute prima dell'inizio dei lavori, pertinenti in particolare le attività progettuali e le prestazioni di cui alla lettera a). 20. Il soggetto aggiudicatore indica nel bando di gara un'aliquota forfettaria, non sottoposta al ribasso d'asta, ragguagliata all'importo complessivo dell'intervento, secondo valutazioni preliminari che il contraente generale è tenuto a recepire nell'offerta formulata in sede di gara, da destinare all'attuazione di misure idonee volte al perseguimento delle finalità di prevenzione e repressione della criminalità e dei tentativi di infiltrazione mafiosa, ai sensi del comma 3, lettera d) e dell'articolo 203, comma 1. Nel progetto che si pone a base di gara, ai sensi dell'articolo 195, comma 2, elaborato dal soggetto aggiudicatore, la somma corrispondente a detta aliquota è inclusa nelle somme a disposizione del quadro economico, ed è unita una relazione di massima che correda il progetto, indicante l'articolazione delle suddette misure, nonché la stima dei costi. Tale stima è riportata nelle successive fasi della progettazione. Le variazioni tecniche per l'attuazione delle misure in questione, eventualmente proposte dal contraente generale, in qualunque fase dell'opera, non possono essere motivo di maggiori oneri a carico del soggetto aggiudicatore. Ove il progetto definitivo sia prodotto per iniziativa del promotore, quest'ultimo predispone analoga articolazione delle misure in questione, con relativa indicazione dei costi, non sottoposti a ribasso d'asta e inseriti nelle somme a disposizione dell'amministrazione. Le disposizioni del presente comma si applicano, in quanto compatibili, anche nei casi di affidamento mediante concessione8.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] Lettera modificata dall'articolo 114, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. [3] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164). [4] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164). [5] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164). [6] Lettera abrogata dall'articolo 114, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. [7] Comma sostituito dall'articolo 114, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56. [8] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164). InquadramentoSul piano formale, la positivizzazione dell'istituto del contraente generale nel nostro ordinamento è da ricondurre alla l. 21 dicembre 2001, n. 443 (legge delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive; cd. Legge obiettivo). Questo provvedimento – che, oltre al contraente generale, disciplinava anche la concessione di costruzione e gestione e la finanza di progetto – assumeva la portata di una disciplina speciale di contenuto derogatorio rispetto a quella generale. Il relativo ambito oggettivo di applicazione, infatti, era circoscritto alle sole grandi infrastrutture, ai grandi insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, con l'obiettivo di accelerarne la realizzazione attraverso la definizione di moduli procedurali semplificati e privilegiati (in particolare, per la redazione e approvazione dei progetti, per le procedure di valutazione di impatto ambientale, per sistemi di realizzazione degli interventi e per le procedure di scelta del contraente), demandando la effettiva e compiuta operatività degli schemi procedurali previsti ad alcuni provvedimenti di attuazione. Con la l. n. 443/2001 e con i provvedimenti delegati ‒ in primis il d.lgs. n. 190/2002 ‒ è stata, in sostanza, introdotta una sorta di legislazione parallela a quella ordinaria applicabile alla generalità degli interventi, rispetto alla quale la legislazione speciale si caratterizzava per un ambito oggettivo di applicazione estremamente più ridotto, limitato ad alcune infrastrutture considerate strategiche (da individuarsi a mezzo di un programma predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e del Trasporti, d'intesa con i ministri competenti e le regioni o le province autonome interessate), inserite, previo parere del CIPE e previa intesa della conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con l'indicazione dei relativi stanziamenti. Il presupposto per ricadere nell'ambito di applicazione della disciplina non era da rinvenirsi nel carattere pubblico dell'infrastruttura né tantomeno nella titolarità della competenza, statale o regionale, quanto nella portata e natura dell'interesse pubblico alla realizzazione di tali opere: le infrastrutture dovevano essere strategiche e di preminente interesse nazionale; il termine strategico non ha valenza giuridica quanto piuttosto economico programmatica (Carullo, Iudica, 1369). L'obiettivo era quello di dare corso, in tempi rapidi, ad un programma di rilancio delle politiche di intervento idonee a porre il nostro paese in condizione, se non di superare, quanto meno di ridurre il livello di sottodotazione infrastruttrale. Uno degli obiettivi prioritari dell'intervento normativo, infatti, era «quello di dotare finalmente l'Italia di una rete di infrastrutture in grado di soddisfare le esigenze di cui il nostro tessuto necessita. Questo è un obiettivo che si rende ancor più evidente a causa della manifesta arretratezza dell'Italia in tal senso se paragonata alla restante realtà Europea. Nella classifica Europea siamo retrocessi, negli ultimi decenni, di molti posti. Siamo, comunque, cinque punti sotto la media Europea (...): ben tredici regioni italiane hanno un livello di dotazione inferiore alla media» (Martinat, 1166). In questo quadro, l'istituto dell'affidamento a contraente generale assumeva un particolare rilievo, configurando un sistema incentrato sull'individuazione di un centro unitario di imputazione di responsabilità, cui compete, anche in forza del trasferimento di una serie di compiti – di regola – affidati alla pubblica amministrazione (ivi compresa la direzione lavori e i collaudi), l'obbligazione di risultato di eseguire «chiavi in mano» l'intervento infrastrutturale nei tempi e nei costi prestabiliti. Ne derivava, nella sostanza, una compressione del ruolo della stazione appaltante cui venivano sottratti compiti tipici invece espletati negli appalti pubblici. L'impostazione della disciplina – sempre circoscritta solo alla realizzazione di alcune opere pubbliche individuate quali prioritarie – fu mantenuta anche nel d.lgs. n. 163/2006 (Capo IV del Titolo III), che ha riprodotto, nella sostanza, quanto previsto nella l. n. 443/2001 e nel d.lgs. n. 190/2002. La portata derogatoria di tali norme era, in una qualche misura, attenuata dal rinvio alle previsioni di carattere generale, applicabili per quanto non diversamente disposto (pur se analoga era, nella sostanza, anche l'impostazione del d.lgs. n. 190/2002, che disponeva, in via residuale, l'applicazione delle norme della l. n. 109/1994, per quanto non altrimenti stabilito; in questo senso, Carullo, Iudica, 1367). In altri termini, le infrastrutture strategiche costituivano, nel sistema delineato dal Codice del 2006, una species nell'ambito del genus opere pubbliche (Galli, 318). Da altri, è stato, invece, escluso che si potesse continuare a parlare di disciplina derogatoria per le opere a rilevante impatto strategico in quanto, con il d.lgs. n. 163/2006, sarebbe stata introdotta una vera e propria disciplina ordinaria per le sole opere a rilevante impatto strategico (Botto, 295). Del tutto diverso l'approccio del Codice del 2016. In primo luogo, infatti, la legge delega (n. 11/2016) ha ripristinato un assetto dei ruoli e delle competenze maggiormente idoneo ad evitare squilibri tra le prerogative del committente e quelle dell'esecutore dei lavori (escludendo che i compiti di responsabile e direttore dei lavori possano essere affidati al contraente generale o a soggetti collegati (v. art. 1, lett. ll), della legge delega) e prevedendo l'obbligo per il contraente generale di adottare forme di contabilità e di collaudo analoghe a quelle ordinarie). È stato rilevato, inoltre, come la stessa l. n. 11/2016, con una disposizione non di delega ma immediatamente precettiva alla data di entrata in vigore della stessa legge, abbia esteso il divieto di attribuzione al contraente generale dei compiti di responsabile o direttore dei lavori, anche alle procedure già avviate a tale data, incluse quelle già ultimate, ma per le quali non fosse stato ancora sottoscritto il contratto (De Nictolis, 2184). Nella stessa logica muove, poi, la previsione dell'istituzione presso il Ministero delle Infrastrutture (ora Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (MIMS)), di un apposito albo obbligatorio di professionisti (art. 1, comma 1, lett. mm)), muniti di specifici requisiti di moralità, competenza, professionalità e imparzialità rispetto alle imprese affidatarie dei lavori ed abilitati ad assumere le funzioni di responsabile del procedimento, di direttore lavori e collaudatore nel caso di lavori affidati con ricorso al contraente generale. Sempre con le medesime finalità, sul presupposto della necessità di valorizzare la fase progettuale nei contratti pubblici, la legge delega ha inoltre stabilito, in linea generale, il divieto di affidamento dei lavori sulla base della sola progettazione preliminare (art. 1, lett. oo), con la conseguenza di escludere dai compiti del contraente generale le attività di progettazione definitiva che (v. art. 194, comma 3, lett. a) rientra tra le attribuzioni del soggetto aggiudicatore (Lattanzi, 2722). Di contro, è stato rilevato che un riferimento alla progettazione esecutiva sia stato (erroneamente) mantenuto nell'art. 194, comma 20, ult. periodo (De Nictolis, 2187). Infine, nonostante le critiche e, alla prova dei fatti, il ridotto successo dell'istituto del contraente generale (legati, in ultima analisi, anche alle difficoltà per il committente a mantenere un reale presidio sul livello dei costi), la nuova normativa ha introdotto – ed è questo l'elemento di maggiore novità della disciplina – un vero e proprio cambio di paradigma in relazione all'istituto in questione, ricondotto a modalità ordinaria di realizzazione dei lavori (seppure di particolare complessità e di valore stimato superiore a 100 milioni di Euro, v. art. 195), oltreché a continuare ed essere – unitamente alla concessione di costruzione e gestione ed alla finanza di progetto – utilizzabile, come in precedenza, ai fini della realizzazione di infrastrutture e insediamenti prioritari (v. art. 200). In un'ottica più generale, la modifica – finalizzata ad evitare il rischio di commistioni nei ruoli – dei connotati dell'istituto, rispetto a quelli che lo caratterizzano nel mercato estero degli appalti, vale a dire, la realizzazione dell'intera opera con qualsiasi mezzo, dalla pianificazione sino all'esecuzione chiavi in mano, rende sempre meno evidente l'utilità del ricorso all'istituto (Parisi, 605). Le origini del contraente generale nella prassi internazionale e nell'esperienza nazionaleL'esperienza internazionale L'affidamento ad un unico soggetto del compito di realizzare un'opera chiavi in mano costituisce schema negoziale di origine anglosassone, con il quale il contraente si impegna a svolgere tutte le attività connesse alla esecuzione di un'opera: dalla progettazione, alla assistenza tecnica e gestionale, al finanziamento sino alla vera e propria realizzazione dell'opera. La figura ha origine nel sistema statunitense in cui, a partire dagli anni settanta del secolo scorso, alcune misure dirette a ridurre la dipendenza del Paese dalla fluttuazione del prezzo del petrolio imposero alle imprese pubbliche di acquistare elettricità da produttori indipendenti. In mancanza dei necessari capitali e di adeguato know out, i produttori iniziarono a rivolgersi a società di ingegneria che fossero in grado di anticipare le risorse necessarie e che si facessero anche carico del rischio connesso alla realizzazione di intere opere. Questi soggetti (turnkey EPC contractors) gestivano «tutti gli aspetti dell'opera connessi alla progettazione, all'ingegnerizzazione, al reperimento dei materiali e ai lavori, in cambio del pagamento di un prezzo predeterminato» (Parisi, 606). Lo schema si è poi diffuso a livello globale, anche grazie anche alla presenza di modelli di contratti standard ad opera di organismi internazionali (tra cui, principalmente, la Federation Internationale des Ingenieurs Conseils – FIDIC), con l'obiettivo di individuare best practice e ridurre il contenzioso sull'interpretazione delle clausole contrattuali. La scelta di individuare una unica unità organizzativa con competenze multidisciplinari, progettuali ed esecutive, necessarie per la realizzazione dell'opera ha rappresentato, in sostanza, una soluzione organizzativa idonea a garantire adeguatamente i committenti su tempi di realizzazione, costi e qualità (Parisi, 606). La peculiarità di questa figura e il suo plus risiedono nella gestione unitaria ed efficiente delle attività, mediante la metodologia tipizzata del project management (Mascolini, 491). Il ricorso al contraente generale si giustifica anche in ragione delle connotazioni proprie di tale figura che aggiunge ai requisiti tradizionali dell'appaltatore anche quelli di un soggetto capace di svolgere le fasi di progettazione e di acquisizione dei permessi, nonché di coordinare i vari soggetti coinvolti (Giuffrè, Sterrantino, 94). Questo tipo di contratto ha per oggetto la realizzazione di tutti i lavori necessari per la consegna di un'opera in grado di funzionare (fit for purpose). Il contraente generale ha la responsabilità della progettazione dell'opera, oltreché della sua realizzazione e messa in funzione. L'esperienza nazionale In sede nazionale, anteriormente, all'intervento regolatorio della Comunità Europea (ed in particolare anteriormente alla direttiva 1989/400/CE, che ha ricondotto nella nozione di appalto la fattispecie della realizzazione con qualsiasi mezzo), obiettivi tendenzialmente analoghi erano stati conseguiti mediante il ricorso all'istituto della cd. concessione di sola costruzione. La concessione di sola costruzione si caratterizzava per l'affidamento al concessionario di una serie di prestazioni ulteriori (collaterali e aggiuntive) ed in gran parte di natura strumentale, estranee rispetto allo schema tipico dell'appalto. Nell'ambito della concessione era riconducibile anche la concessione di prestazioni integrate (l. n. 80/1987), utilizzata per i lavori di potenziamento della rete ferroviaria nazionale, con la quale al concessionario venivano affidati anche attività di progettazione dell'opera e compiti complementari, quali, ad esempio, l'acquisizione di pareri e nulla osta (Basile, 305; Cianflone, Giovannini, 206). Prima ancora che trovasse una compiuta regolamentazione sul piano nazionale, all'istituto del contraente generale è stato fatto ricorso per avviare il programma dell'Alta Velocità ferroviaria, previsto dal piano generale dei trasporti del 1991. Con atto di concessione, Ferrovie dello Stato aveva infatti affidato alla società Treno Alta Velocità spa – appositamente costituita ed inizialmente partecipata per il 40% dalla stessa Ferrovie dello Stato e per il restante 60% da privati – la progettazione, la costruzione e lo sfruttamento economico del sistema Alta Velocità. Per la realizzazione di ciascuna delle tratte programmate, era previsto che la società TAV si avvalesse di un general contractor, garantito dai principali gruppi industriali italiani. I contraenti generali erano chiamati a garantire – su base chiavi in mano e a prezzo forfettario – che le opere e le prestazioni da realizzare fossero caratterizzate da adeguati standard di qualità e funzionalità. I general contractors, selezionati senza gara, si erano inoltre impegnati ad adempiere alle obbligazioni contrattuali mediante i propri consorziati e mediante affidamento a società e imprese terze di prestazioni, lavori e opere per un importo non inferiore al 40% del valore delle infrastrutture da realizzare. Nella sua costruzione complessiva, l'operazione presentava profili di originalità – a loro volta oggetto di ampia analisi – che, in alcuni casi, sono stati riproposti nella normativa successivamente adottata, con alcuni correttivi dettati dall'esperienza sul campo. Il precedente storico dell'Alta Velocità risulta «contrassegnato da una concatenazione piramidale, a partire dal concedente per arrivare alle imprese appaltatrici». In particolare, il rapporto tra Ferrovie dello Stato (concedente) e la società TAV è stato qualificato come concessione e gestione e a quest'ultima è stato consentito di avvalersi appunto di general contractors, «secondo un modello di committenza ritenuto, sì atipico, ma comunque ammissibile in base ad una lettura dell'art. 1322 scevra pregiudizi ideologici in ordine ai limiti inderogabili di ordine pubblico imposti dalla disciplina pubblicistica in materia» (Botto, 294). Più nello specifico, nell'ambito dell'esperienza Alta Velocità, il ricorso all'istituto del contraente generale mediante l'affidamento diretto a tre consorzi, per ciascuna delle tratte a suo tempo avviate, fu reso possibile dalla collocazione temporale dell'operazione: da un lato, la circostanza che i lavori fossero funzionali al settore del trasporto ferroviario escludeva che gli affidamenti potessero essere ricondotti nell'ambito della direttiva n. 1989/440/CEE relativa ai settori ordinari e dalla cui sfera di operatività erano appunto esclusi gli appalti affidati nei settori dell'acqua, dei trasporti e dell'energia; dall'altro, la circostanza che gli affidamenti tra la società Tav e i contraenti generali fossero stati realizzati, anteriormente alla sua data di entrata in vigore (1° gennaio 1993) ha escluso al tempo stesso che agli affidamenti in questione dovesse trovare applicazione la disciplina speciale prevista per tali settori (direttiva 1990/531/CEE, cfr. Cons. St., II, parere n. 570/1991; in dottrina, Amorosino, 198; Botto, 294; Damonte, Galli, 60). Il rapporto tra la società concessionaria e i contrenti generali è stato qualificato come contratto innominato di servizi avente natura e contenuto complessi (v. Cons. St., II, parere n. 570/1991). Da un lato, per le prestazioni che i contraenti generali dovevano eseguire in proprio, ricorrevano gli elementi del contratto di appalto; dall'altro, per le attività per le quali il contraente generale si era assunto l'obbligo di ricorrere a terzi (40% del lavori), il rapporto era configurabile come contratto di committenza che – ancorché non previsto nel nostro ordinamento all'epoca in cui le convenzioni furono concluse – doveva ritenersi ammissibile quale espressione di autonomia privata per il perseguimento di interessi meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c.. Il contratto tra TAV e contraenti generali, per ciò che riguarda i lavori da far eseguire a terzi, è (ferma restando la responsabilità dei contraenti generali nei confronti della TAV) un contratto di committenza, con la conseguenza che il contratto concluso tra il contraente generale e le imprese terze doveva considerarsi come un contratto di appalto e non di subappalto (Cons. St., Ad. Gen., n. 95/1993). Questa ricostruzione che configurava il rapporto TAV-general contractor per la parte dei lavori da far eseguire a terzi come contratto di committenza e, conseguentemente, il rapporto tra contraente generale e imprese terze, come un rapporto di primo livello, era anche funzionale a superare alcune limitazioni legate al divieto di subappalto a cascata stabilito dalla disciplina all'epoca vigente (art. 18, l. 19 marzo 1990, n. 55). Infatti, qualora i rapporti tra contraente generale e imprese terze fossero stati effettivamente considerabili come di secondo livello, sarebbe stata preclusa a queste ultime ogni ulteriore forma di (sub) affidamento (Damonte, Galli, 60). Per quanto riguarda i rapporti tra contraente generale e imprese terze, a questi dovevano trovare applicazione le disposizioni contenute nella disciplina comunitaria e nazionale di recepimento, qualora detti contratti fossero stati stipulati successivamente alla data di entrata in vigore di quest'ultima. E ciò sia in ragione della diretta riferibilità della disciplina sia in ragione dell'impegno assunto dal contraente generale di osservare detta disciplina in quanto applicabile (Cons. St., Ad. Gen., n. 95/93). Il modello dell'Alta Velocità ha anticipato sotto più aspetti la futura regolamentazione dell'istituto del contraente generale ed alcuni dei profili problematici emersi, ad esempio, sulla configurazione giuridica del rapporto tra contraente generale e soggetti terzi sono stati oggetto di soluzione normativa. Rileva Botto, 294, come la legge obiettivo abbia introdotto alcune correzioni di rotta dettate dall'esperienza maturata sul campo, quale una migliore puntualizzazione dei rapporti tra general contractors e i terzi, onde evitare di incappare nelle rigide maglie della disciplina del subappalto. Vedasi, anche Basile, 305 ss., secondo cui è possibile un accostamento tra la figura del contraente generale e l'istituto della concessione di sola costruzione, quale mezzo per la realizzazione di opere pubbliche da parte di imprese private, caratterizzato dall'affidamento a queste ultime di una serie di compiti preparatori e strumentali che, nel caso del classico appalto, rimanevano in capo ai committenti. Sul piano pratico, al di là dell'esperienza dell'Alta Velocità, l'istituto non ha avuto prima dell'entrata in vigore della legge Obiettivo nessuna altra occasione di utilizzo in ragione di alcune limitazioni previste nella disciplina nazionale. La l. 11 febbraio 1994, n. 109 (legge quadro in materia di lavori pubblici) si ispirava, infatti, a criteri ben diversi: i soli sistemi per la realizzazione di lavori pubblici erano quelli dell'appalto e della concessione di lavori pubblici (oltre a quello dei lavori in economia); nell'oggetto dell'appalto non era ricompresa la realizzazione con qualsiasi mezzo, mentre vi rientrava la mera esecuzione di lavori e opere e l'affidamento della progettazione esecutiva congiuntamente all'esecuzione, in un primo tempo addirittura vietato, era ammesso solo in casi espressamente previsti; permanevano, inoltre, una serie di vincoli in tema di affidamento a terzi quali il divieto alla subappaltabilità totale dell'opera, il divieto di subappalto a cascata. Quanto al possibile oggetto del contratto di appalto, considerazioni diverse valevano per i lavori nei settori speciali, per i quali esisteva maggiore duttilità: il d.lgs. n. 158/1995, infatti, non predefiniva in via tassativa i sistemi di realizzazione dei lavori pubblici, non stabiliva alcuna limitazione rispetto all'oggetto del contratto di appalto che poteva avere indifferentemente ad oggetto la mera esecuzione, l'esecuzione con qualsiasi mezzo e la realizzazione con qualsiasi mezzo. Rimanevano, tuttavia, a impedire il ricorso all'istituto del contraente generale nell'ambito dei settori speciali, le limitazioni in tema di subappalto (Botto, 292; Damonte, Galli, 47; Chirulli, 954). La scarsa duttilità della impostazione della l. n. 109/1994 aveva spinto gli operatori a ricorrere a strumenti atipici, forzando, in via interpretativa, i limiti imposti dalla legislazione ordinaria, utilizzando altre figure negoziali, tra le quali, ad esempio, la vendita di cosa futura e il leasing immobiliare. Se, da un lato, sotto il profilo della normativa Europea, non sembra possa escludersi la loro riconducibilità nell'ambito della nozione di appalto di lavori (e segnatamente nella fattispecie della realizzazione con qualsiasi mezzo), sul piano del diritto interno, la circostanza che la l. n. 109 non prevedesse tali modalità realizzative nell'ambito del possibile oggetto del contratto d'appalto, ha reso il quadro particolarmente complesso. In altri termini, istituti che, nell'impostazione comunitaria, sarebbero stati ricondotti nella terza tipologia del contratto di appalto di lavori, hanno potuto trovare, in sede nazionale, occasione di utilizzo in virtù di «soluzioni innovative», sfruttando gli interstizi reali o ipotetici, ricavabili da interpretazioni (più o meno) sistematiche della disciplina di settore (Botto, 294). La normativa contenuta nella l. n. 109/1994 non comportava una preclusione assoluta rispetto all'utilizzo dell'istituto della vendita di cosa futura (art. 1472 c.c.), che si distingue dal contratto di appalto per un diverso oggetto contrattuale di dare, nel primo caso; di facere, nel secondo. Da ciò, la possibilità di non applicare la normativa in tema di lavori pubblici che trova fondamento nell'esistenza di un contratto di facere (Cons. St., Ad. Gen., n. 2/2000). «Peraltro, con uno scrupolo di probabile consapevolezza della portata eversiva di tale ricostruzione» – dopo aver concluso per l'ammissibilità della vendita di cosa futura anche per la realizzazione dei opere pubbliche – lo stesso Consiglio di Stato ne ha circoscritto la possibilità di utilizzo a numerose cautele procedimentali, tali da ridurne notevolmente la reale fattibilità (la scelta dell'area su cui realizzare l'opera deve essere preceduta da una gara informale; lo schema di contratto deve contenere una adeguata indicazione degli obblighi del venditore ed evitare di clausole che possano far confondere la figura dell'amministrazione acquirente con quella di un'amministrazione appaltante (Botto, 295). Considerazioni non dissimili dovevano valere con riguardo alla possibilità per le pubbliche amministrazioni di ricorrere all'istituto del leasing immobiliare, in cui una parte (concedente) mette a disposizione di un'altra (utilizzatore) un bene immobile, per un periodo di tempo determinato; alla scadenza di tale periodo, l'utilizzatore è in facoltà di acquisire la proprietà dell'immobile dietro versamento di un importo stabilito all'atto della stipula del contratto stesso. L'immobile, oggetto del contratto di leasing, può preesistere al contratto stesso ovvero essere realizzato (anche indirettamente) dal concedente su indicazione dell'utilizzatore. In un primo tempo, l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici (del 4 novembre 2002, n. 337) ne aveva escluso la legittimità per contrasto con l'art. 19 della l. n. 109/1994, in quanto tale disposizione limitava la realizzazione di lavori pubblici alla concessione e all'appalto di mera esecuzione (e solo in casi determinati ammetteva l'appalto integrato e i lavori in economia). In secondo luogo, la stessa norma (comma 3) vietava alle pubbliche amministrazioni l'affidamento a soggetti di diritto pubblico o privato l'espletamento delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici. In un momento, successivo, la Autorità si è pronunciata su un bando di gara pubblicato dall'allora Ministero di Grazia e Giustizia per l'affidamento del servizio di locazione finanziaria immobiliare in costruendo per l'acquisizione di un istituto penitenziario. In questo caso, l'Autorità ha fatto appunto leva sulla peculiarità della fattispecie, per la quale esisteva un regime normativo speciale (art. 6, d.l. 11 settembre 2002, n. 201 convertito in l. 14 novembre 2002, n. 259 e art. 145, comma 34, lett. c), l. dicembre 2000, n. 388), che consentiva l'utilizzo di strumenti giuridici quali la permuta e la locazione finanziaria per la acquisizione di nuovi edifici penitenziari; ed ha ritenuto che l'interesse preminente dell'amministrazione sarebbe stato quello di ottenere il finanziamento necessario ad acquisire la disponibilità di beni strumentali all'esercizio della propria attività, per cui l'oggetto del contratto era costituito da servizi finanziari (per il cui affidamento era indispensabile fare ricorso alle procedure per l'affidamento di servizi, con conseguente sottrazione dell'affidamento ai vincoli previsti dall'art. 19 della legge n. 109/94). Anche in questo caso, la forzatura interpretativa effettuata dall'Autorità ha trovato probabile fondamento nella esigenza di cercare strade alternative rispetto alla eccessiva rigidità dello schema generale previsto dalla l. n. 109/1994 e non a caso anche in questa ipotesi sono molte le concrete cautele richieste per avallare la soluzione proposta, quale, ad esempio, la circostanza che progettista ed esecutore siano muniti, rispettivamente, di adeguata qualificazione professionale e di attestazione SOA, quasi a voler ridurre la portata eversiva della ricostruzione operata (Botto, 295). Il contraente generale nella disciplina nazionale (evoluzione storica)Come anticipato (v. par. 1), l'inadeguatezza degli strumenti ordinari a raggiungere gli obiettivi di modernizzazione strutturale e la correlativa necessità «di operare nel rispetto dei principi giuridici fondamentali e generali (...) ma disapplicando l'universo delle norme specifiche e particolari, ha suggerito – per le infrastrutture strategiche e le opere di preminente interesse nazionale – l'introduzione di un regime ad hoc il cui fulcro era costituito proprio dall'introduzione della figura del contraente generale, con caratteristiche che lo liberassero dal rispetto a valle delle norme relative all'evidenza pubblica (in questi termini, v. la Relazione al disegno di legge «obiettivo» n. 443/2001 ed in termini più diffusi Basile, 302). Tale impostazione è da ricondurre all'acquisita consapevolezza che, nell'impostazione della disciplina nazionale, l'appalto – considerato come mera esecuzione ovvero progettazione ed esecuzione – costituisse un sistema inidoneo a consentire l'esecuzione di opere caratterizzate da processi complessi di realizzazione dei lavori, di ottenimento dei necessari nulla osta ed autorizzazioni, per i quali il ricorso ad un unico soggetto dotato di competenze tecniche ed amministrative eterogenee anche per la fase prodromica e strumentale all'attività di esecuzione vera e propria nonché di adeguata solidità sul piano economico-finanziario, potesse costituire la scelta più idonea in termini di risparmio sui costi, di certezza sui tempi e di qualità di realizzazione, oltre a favorire un rapporto di cooperazione pubblico-privato con effetti di semplificazione anche sulla attività amministrativa (Caringella, Protto, 1078). L'introduzione della figura del contraente generale è, quindi, avvenuta in controtendenza rispetto all'impostazione della l. n. 109/1994, che mirava a contenere il ruolo dei privati alla fase squisitamente esecutiva dell'opera, evitando ogni possibile commistione con le funzioni proprie della stazione appaltante. Il sistema si caratterizzava, tra l'altro, per una rigida separazione tra le attività di progettazione (di norma riservate alla stazione appaltante) e quelle più propriamente esecutive, nelle quali consisteva il proprium dei contratti di appalto e di concessione (Chirulli, 954). Seppure in controtendenza rispetto al regime generale in tema di contratti pubblici, la figura del contraente generale era, tuttavia, in linea con la configurazione industriale che la grande impresa edile era andata assumendo nel corso degli anni, abbandonando la funzione di mero esecutore, ma acquisendo il ruolo di interlocutore della committenza pubblica dotato di capacità tecnico-finanziarie idonee a garantire la realizzazione di opere di maggiori dimensioni (v. sul punto Basile, 308). Era, inoltre, in linea con la regolazione Europea, in quanto riconducibile nella nozione ampia del contratto di appalto, nella declinazione della realizzazione con qualsiasi mezzo (v. art. 1, comma 2, lett. f), l. n. 443/2001). Come anticipato, a partire dalla dir. CEE n. 89/440, nella nozione di appalto di lavori è stata ricompresa, infatti – oltre alla esecuzione dei lavori, eventualmente accompagnata dalla progettazione – anche la realizzazione con qualsiasi mezzo di un'opera rispendente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante «che esercita un'influenza determinante sul tipo o sulla progettazione dell'opera» (v., inizialmente, art. 1, dir. n. 89/440; ora art, 2 n. 6, lett. c), della dir. n. 2014/24; art. 2, n. 2, lett. c), dir. n. 2014/25; art. 5, n. 7, dir. 2014/23; De Nictolis, 2185). In questo quadro, la l. n. 443/2001 e i provvedimenti attuativi (d.lgs. n. 190/2002) hanno definito le caratteristiche della figura del contraente generale, le procedure di scelta e la fase esecuzione dei lavori. L'ambito oggettivo di applicazione dell'istituto, come anticipato (par. 1), era limitato alle sole opere a rilevanza strategica, individuate dal Ministero delle infrastrutture e Trasporti, inserite nel programma annuale e approvate dal CIPE (v art. 1 l. n. 443/2001), di importo superiore a 250 milioni di Euro, che presentassero, inoltre, uno dei seguenti requisiti: interconnessione con altri sistemi di collegamento Europei; complessità dell'intervento tale da richiedere un'unica logica realizzativa e gestionale, nonché estrema complessità tecnico-organizzativa (art. 16, comma 3, d.lgs. n. 190/2002). L'art. 6 del d.lgs. n. 190/2002 stabiliva che, in deroga a quanto disposto dall'art. 19 della l. n. 109/1994, la realizzazione delle citate infrastrutture potesse avere luogo con il ricorso alla concessione di costruzione e gestione, eventualmente ad iniziativa del promotore, ovvero con il ricorso al contraente generale. Con riferimento a quest'ultimo, la deroga all'art. 19 assumeva per un verso una portata restrittiva; per altro, ampliativa. Sotto il primo profilo, finiva con l'escludere l'utilizzabilità degli altri modelli contrattuali previsti dallo stesso art. 19 (mera esecuzione e, seppure in casi limitati, appalto integrato); dall'altro, ha introdotto una formula contrattuale non prevista dalla disciplina generale in tema di lavori, il ricorso alla quale era, per le ragioni suesposte, in concreto preclusa anche per gli affidamenti di lavori nei settori speciali (Santi, 993). Da considerare che l'utilizzabilità dell'istituto del contraente generale è stata estesa, in un momento successivo, anche alla locazione finanziaria (v. comma 3, art. 160-bis del d.lgs. n. 163/06, introdotto dall'art. 2, del d.lgs. n. 113/07 e modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 152/08; v. ora art. 187, comma 3, d.lgs. n. 50/16). In estrema sintesi, secondo un'impostazione, mantenuta inalterata nella sostanza anche nel d.lgs. n. 163/2006, in base al quadro delineato dalla legge obiettivo, il contraente generale si assumeva un'obbligazione di risultato nei confronti del committente in merito alla corretta e tempestiva realizzazione dei lavori (v. artt. 161 e 176 d.lgs. n. 163/2006); sviluppava la progettazione definitiva, svolgeva le attività tecnico amministrative necessarie per ottenere l'approvazione nell'ambito del CIPE; acquisiva le aree di sedime; redigeva la progettazione esecutiva; assumeva la direzione lavori, eseguiva anche per il tramite di terzi i lavori che prefinanziava, se necessario individuava le modalità per la gestione dell'opera e per la selezione dei soggetti gestori; definiva il piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture. Rimanevano in capo al soggetto aggiudicatore tutte le attività necessarie all'approvazione della progettazione definitiva ed esecutiva, delle varianti nonché alla definizione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza, di prevenzione e di repressione della criminalità. La disciplina era poi completata da una speciale regolamentazione in tema di qualificazione del contraente generale, che trovava la propria giustificazione, da un lato, nella consapevolezza della peculiarità dei compiti ad esso attribuiti e della diversità del ruolo dallo stesso assunto rispetto al mero appaltatore; dall'altro, nella rilevanza economica degli interventi da realizzare (v. art. 186 e ss. d.lgs. n. 163/2006). Questa impostazione costituiva una ulteriore conferma del carattere di specialità della disciplina in tema di opere strategiche e di preminente interesse nazionale, rispetto al regime applicabile alla generalità degli affidamenti e, all'epoca, contenuto nel d.P.R. n. 34/2000. Al di là della specificità dei requisiti richiesti ai fini della qualificazione, sotto il profilo della loro tipologia e dei parametri quantitativi stabiliti, il principale elemento di discontinuità era rappresentato dalla circostanza che, mentre la disciplina ordinaria demandava la qualificazione degli appaltatori ad organismi accreditati, di diritto privato seppure investiti di un munus pubblicistico, per ciò che attiene al contraente generale le operazioni di qualificazione erano svolte in via centralizzata e avocate dall'amministrazione centrale (Ministero delle Infrastrutture; cfr. amplius Galli, 424; Villa, 407). Ulteriori profili di deroga alla disciplina prevista per le opere ordinarie, erano costituiti dall'accentramento di funzioni in capo al Ministero delle Infrastrutture (art. 163 del d.lgs. n. 163/2006); dallo speciale iter di approvazione dei progetti preliminare e definitivo (artt. 164-168 del d.lgs. n. 163/2006) e alla procedura di VIA (Carullo, Iudica, 1367). La soluzione di prevedere l'accentramento in capo ad organi dello Stato di funzioni amministrative relative alla materia dei lavori pubblici soggetta a potestà concorrente, fu oggetto di analisi da parte della Corte Costituzionale che concluse per la legittimità dell'allocazione di tali funzioni come definite dalla disciplina sulle infrastrutture strategiche. Più in particolare, la Corte, applicando il concetto della cd. sussidiarietà dinamica, ha ritenuto che nelle materie in cui l'esercizio della funzione amministrativa – come nel caso di infrastrutture strategiche – superi l'ambito meramente regionale, operi una sorta di attrazione da parte della competenza legislativa statale, laddove ciò fosse necessario per assicurare l'esercizio unitario della competenza amministrativa (Corte Costituzionale, n. 303/2003). Alla prova dei fatti, l'esperienza della legislazione speciale introdotta con la cd. legge obiettivo (n. 443/01) e dell'istituto del contraente generale non ha prodotto i risultati auspicati. Già nel 2005, l'Indagine della Corte dei Conti sulla legge obiettivo aveva messo in luce come «lo stato di avanzamento delle opere apparisse assolutamente marginale rispetto alle dimensionicomplessive del programma, anche per la ridotta disponibilità di risorse pubbliche e per il ruolo marginale dell'intervento privato». In gran parte negativi, infatti, erano stati i giudizi sull'applicazione della legge: a dieci anni dalla data di entrata in vigore solo il 32% delle opere era stato concluso; il 30% era ancora in fase di progettazione e il restante 30% in fase di aggiudicazione od esecuzione (Relazione annuale Presidente Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici 2010, in www.anticorruzione.it). Dalle critiche non è stato esente nemmeno l'istituto del contraente generale che non avrebbe riscosso particolare favore da parte delle stazioni appaltanti: è stato rilevato, in particolare, da un lato, l'assenza anche di un adeguato sviluppo dal lato della domanda del mercato con un ridotto numero di imprese qualificate come contraenti generali; e dall'altro, come l'istituto non avrebbe assicurato un adeguato controllo dei costi. Più in particolare, la sussunzione in capo al contraente generale di compiti che, in una logica di pesi e contrappesi, avrebbero dovuto essere assegnati alla controparte pubblica, era alla base di fenomeni distorsivi, registratisi nella applicazione concreta dell'istituto (Carullo, Iudica, 1366). I possibili rischi nella pratica del ricorso alla figura del contraente generale sono stati ravvisati essenzialmente: nella maggiore duttilità della disciplina sul contraente generale rispetto a quella ordinaria, che aveva portato ad annoverare fra le opere strategiche anche interventi di limitata rilevanza e difficilmente qualificabili come tali; nel possibile squilibrio del potere contrattuale e nella connotazione dell'amministrazione aggiudicatrice quale contraente debole; nel carattere necessariamente rarefatto del mercato, limitato alle poche imprese in grado di assolvere al ruolo di contraente generale; nella libertà di decidere se ricorrere a imprese terze e nella libertà di forme nella scelta di queste ultime; nel possibile conflitto di interessi legato all'affidamento allo stesso contraente generale della direzione lavori (Botto, 300). La legge delega n. 11/2016Come anticipato, la legge delega ha fornito alcune indicazioni chiare: in primo luogo, l'espresso superamento delle disposizioni di cui alla legge obiettivo e la ridefinizione degli interventi previsti dal Programma Infrastrutture Strategiche, all'interno del Documento Pluriennale di Pianificazione previsto dalla l. n. 228/2011 (art. 1, comma 1, lett. sss), l. n. 11/2016). In secondo luogo, il divieto di assegnazione dei compiti di responsabile o direzione lavori al contraente generale e l'obbligo per i soggetti che realizzino infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale di adottare forme di contabilità e collaudo analoghe a quelle ordinarie per i lavori pubblici (art. 1, comma 1, lett, ll)). Questo regime di incompatibilità è stato espressamente previsto per gli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale e con le altre formule di partenariato pubblico-privato dall'art. 31, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016. In terzo luogo, l'istituzione presso il MIT (ora, MIMS) di un albo nazionale obbligatorio dei soggetti, dotati di adeguati requisiti di moralità e idoneità tecnica, che possono ricoprire i ruoli di responsabile del procedimento, responsabile dei lavori, direttore dei lavori e collaudatore (art. 1, comma 1, lett. ll). Questa impostazione è stata, peraltro, superato ad opera delle modifiche introdotte alla disciplina del collaudo dal d.lgs. n. 32/2020 (cd. decreto semplificazioni). In quarto luogo, la valorizzazione della fase progettuale negli appalti e nelle concessioni di lavori e l'esclusione dell'affidamento dei lavori sulla base della sola progettazione di livello preliminare (art. 1, comma 1, lett. oo). L'affidamento a contraente generale nel Codice del 2016Si è detto che l'affidamento a contraente generale rientra nell'ambito della nozione ampia di appalto di lavori, e segnatamente nel terzo possibile oggetto del contratto di appalto, vale a dire la realizzazione con qualsiasi mezzo di un'opera corrispondente alle esigenze specificate da un'amministrazione aggiudicatrice che esercita una influenza dominante sul tipo o sulla progettazione dell'opera (v. art. 3, par. 1, n. 6 lett. c), dir. n. 24/14; art. 2, par. 1, n. 2, lett. c), dir. n. 25/14). Con questa impostazione – che risale alla dir. n. 89/440 – è stata introdotta una nozione per così dire residuale di appalto di lavori al fine di ricomprendere nell'ambito di applicazione della disciplina Europea la totalità delle possibili fattispecie negoziali che, al di là della specificità delle singole prestazioni in cui le stesse sono in concreto articolate, impongono al contraente di assicurare, come risultato finale, la realizzazione di un'opera. Si tratta nella sostanza di un'impostazione assolutamente analoga nella ratio, a quella adottata per perimetrare l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina comunitaria, mediante l'introduzione della nozione di organismo di diritto pubblico. Nell'un caso e nell'altro, l'obiettivo era di evitare che, dalla eventuale diversa qualificazione formale, all'interno dei singoli Stati membri, di istituti aventi sostanzialmente le medesime caratteristiche potessero discendere o meno elusioni nell'applicazione della disciplina Europea. Nello stesso senso, è la definizione di contratto di appalto nel codice del 2016 (v. art. 3, lett. ll) n. 3); mentre nel codice del 2006, il riferimento alla esecuzione con qualsiasi mezzo era prevista «limitatamente alle ipotesi di cui alla parte II, titolo III, capo IV», vale a dire ai lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi. La portata generale della definizione del contratto di appalto senza alcuna limitazione a fattispecie determinate è la conseguenza del principale cambio di paradigma che, per quanto attiene alla figura del contraente generale, è stato realizzato dal d.lgs. n. 50/2016 e cioè della configurazione di quest'ultimo come modello ordinario e non straordinario per la realizzazione di lavori pubblici. A tal proposito, nell'impostazione originaria del codice, al contraente generale poteva essere fatto ricorso per opere e di qualsiasi importo, seppure previa motivazione in ragione della complessità e di altre esigenze al fine di garantire un adeguato livello di qualità, sicurezza ed economicità, mentre la limitazione quantitativa agli affidamenti di importo superiore a 100 milioni di Euro è da ricondurre all'art. 115 del d.lgs. n. 19 aprile 2017, n. 56. (c.d. primo correttivo al nuovo Codice). Nel complesso, la soluzione sembra presentare aspetti di contraddittorietà (ancora più accentuata nella versione originaria del d.lgs. n. 50, in cui il ricorso al contraente generale era ammesso a prescindere dal valore dei lavori): un istituto che presentava profili di specialità – la cui sfera di applicazione era circoscritta ad un ambito predefinito e che aveva messo in luce una serie di criticità evidenziando anche una marcata distanza tra obiettivi e risultati – diviene, seppure oggetto di limitati correttivi, strumento ordinario di realizzazione di un'opera pubblica, utilizzabile anche per la pluralità degli affidamenti, vedendo, in tal modo, ampliato il proprio ambito di applicazione. L'art. 194 reca una disciplina piuttosto ampia: definisce l'oggetto dell'affidamento (comma 1); ripartisce i compiti tra committente e soggetto aggiudicatore (comma 2 e 3); definisce le responsabilità del contraente generale nei confronti del soggetto aggiudicatore (comma 4); fissa i principi nella fase esecutiva (varianti, affidamenti a terzi (comma 5); in tema di verifiche antimafia e prevenzione infiltrazioni (comma 8 e 20); di pagamenti nei confronti del contraente generale (comma 9); di costituzione della società di progetto (commi 10 e 11); di prefinanziamento a carico del contraente generale (commi da 12 a 16); di garanzie (da 17 a 18). I compiti del contraente generale Il contratto di affidamento unitario a contraente generale ha per oggetto l'affidamento ad un operatore, dotato di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria, la realizzazione con qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto definitivo, redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara, a fronte di un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l'esecuzione dei lavori (art. 194, comma 1). Si tratta di una fattispecie negoziale che presenta profili di differenziazione sia rispetto all'appalto di sola esecuzione (v. art. 3, comma 1, lett. ll), n. 1, del d.lgs. n. 50); sia rispetto all'appalto di esecuzione e progettazione (v. art. art. 3, comma 1, lett. ll), n. 2, del d.lgs. n. 50), con i quali condivide, peraltro, la qualificazione come appalto di lavori. Per quanto, come detto, manchi una connotazione autonoma nelle direttive Europee, infatti, la figura del contraente generale deve essere ricondotta nella nozione lata di appalto di lavori, nella sua declinazione dell'«esecuzione con qualsiasi mezzo» (v. art. art. 3, comma 1, lett. ll), n. 3, del d.lgs. n. 50), in base al quale l'appaltatore, senza che rilevino le concrete modalità, realizza «un'opera corrispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore che esercita una influenza determinante sul tipo o sulla progettazione dell'opera». Così come già il codice del 2006 (art. 162, comma 1, lett. g), anche quello del 2016, riconduce espressamente all'oggetto dell'affidamento a contraente generale (oltre alla progettazione) proprio la realizzazione con qualsiasi mezzo. Rispetto all'appalto di mera esecuzione o di progettazione ed esecuzione, l'affidamento a contraente generale «si differenzia (...) sotto vari profili, tutti riconducibili alla esecuzione con qualsiasi mezzo che rendono ben più pregnante e ricco di contenuto il ruolo del contraente generale rispetto a quello di un semplice appaltatore» (De Nictolis, 2186). Oggetto dell'affidamento a contraente generale è dunque prioritariamente l'esecuzione con qualsiasi mezzo della infrastruttura (art. 194, comma 1, lett. c). La realizzazione con qualsiasi mezzo reca in sé la possibilità per il contraente generale di adottare le modalità esecutive ritenute più idonee al raggiungimento dello scopo (la realizzazione diretta o il ricorso a terzi, nelle diverse forme previste dall'ordinamento, Caringella, Protto, 1005). Oltre a ciò, ricadono sul contraente generale, una serie di compiti che assumono un carattere di strumentalità rispetto alla realizzazione dell'opera. In base al comma 2 dell'art. 194, il contraente generale provvede: a) alla predisposizione del progetto esecutivo e alle attività tecnico amministrative occorrenti al soggetto aggiudicatore per pervenire all'approvazione dello stesso (art. 194, comma 1, lett. a). L'affidamento al contraente generale costituisce – unitamente alla concessione, al partenariato pubblico privato, al contratto di disponibilità, alla locazione finanziaria nonché al caso di affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo – una delle fattispecie negoziali per le quali non sussiste alcuna preclusione o limitazione all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori (in forza del comma 1-bis dell'art. 59 del Codice è consentito, di norma, l'affidamento congiunto nei casi in cui l'elemento tecnologico o innovativo sia nettamente prevalente rispetto all'importo complessivo dei lavori). Che il contraente generale debba provvedere alla sola progettazione esecutiva trova conferma anche in quanto previsto dall'art. 195, comma 2, che, nel regolare le procedure di aggiudicazione del contraente generale, stabilisce espressamente che «si pone a base di gara il progetto definitivo». In altri termini, il contraente generale può essere chiamato a svolgere la sola progettazione esecutiva. Come anticipato, si tratta di un elemento di significativa differenziazione rispetto alla precedente disciplina (art. 176 e 177, comma 2, del d.lgs. n. 163/06), che ammetteva la possibilità che il committente potesse porre a base di gara anche la progettazione preliminare e che le obbligazioni del contraente generale potessero ricomprendere anche la progettazione definitiva. Le modalità e i tempi – nella fase di sviluppo del progetto esecutivo – delle prestazioni propedeutiche ai lavori e dei lavori di cantierizzazione sono definiti dal committente nel capitolato di gara (art. 194, comma 19, lett. a), che definisce anche modalità e tempi di pagamento dei ratei di corrispettivo, dovuti al contraente generale in particolare per le succitate attività (art. 194, comma 19, lett. b); b) alla acquisizione delle aree di sedime (art. 194, comma 1, lett. b); a tal fine, è espressamente previsto che i poteri espropriativi di cui dispone l'autorità competente alla realizzazione di un'opera (v. art. 8, comma 6, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) possano essere delegati, in assenza di concessionario, al contraente generale. Si tratta di una previsione, già contenuta nella l. n. 443/2001, che risponde all'obiettivo di estendere anche al contraente generale la possibilità di essere delegato ad esercitare i poteri espropriativi, in precedenza limitata, dal citato art. 8 del d.P.R. n. 327, al solo concessionario. A seguito delle modifiche introdotte all'art. 1 del d.lgs. 27 dicembre 2002, n. 302 (che ha sostituito l'art. 8 del d.P.R. n. 327), tale possibilità è stata ora espressamente prevista anche con riferimento al contraente generale, sicché la norma in questione non ha portata innovativa. In virtù del comma 6 dell'art. 8, inoltre, il contraente generale – cui sono attribuiti, per legge o per delega, poteri espropriativi – può avvalersi di una società controllata, oltreché, ai fini delle attività preparatorie, di società di servizi. In sostanza, ai fini, dell'acquisizione delle aree, il contraente generale può provvedere mediante le sue capacità di diritto privato o utilizzando le potestà pubbliche di espropriazione (Caringella, Protto, 1080); c) al prefinanziamento, in tutto o in parte, dell'opera da realizzare (art. 194, comma 1, lett d). Il bando di gara deve contenere l'indicazione della quota di valore dell'opera che deve essere realizzata dal contraente generale con anticipazione di risorse proprie (oltreché tempi e modi di pagamento del prezzo). Il saldo della quota di corrispettivo ritenuta a tal fine, deve essere pagato a lavori ultimati (art. 194, comma 12). Questa precisazione – che ripete la disciplina previgente e che consente al contraente generale di rientrare, comunque, della quota di finanziamento – non è indifferente dal punto di vista pratico. Essa mira ad evitare il rischio che, in concreto, il prefinanziamento possa assumere una impropria funzione di garanzia supplementare per il committente, al quale sarebbe altrimenti rimasta la possibilità di avvalersi della quota parte di prefinanziamento non ancora erogata ai fini di ottenere la reintegrazione di eventuali pretese nei confronti del contraente generale e ai fini di compensare altri crediti (Galli, 392). La norma non indica la quota minima del cofinanziamento di cui si deve fare carico il contraente generale che, in precedenza, per i bandi pubblicati entro il 31 dicembre 2006, non poteva essere superiore al 20% dell'importo dei lavori (v. l. 24 dicembre 2003, n. 350 e art. 176, comma 12, del d.lgs. n. 163/2006). Il che autorizza a ritenere che la quota di prefinanziamento a carico del contraente generale possa essere superiore a tale soglia, fermo restando l'obbligo per i committenti di procedere alla relativa definizione attenendosi ai principi generali di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza ed evitando un effetto ingiustificatamente restrittivo rispetto alla possibilità per gli operatori di partecipare alla gara. In ogni caso, la quota di finanziamento a carico del contraente generale costituisce un elemento cui è attribuita rilevanza premiante ai fini dell'aggiudicazione. L'art. 195, comma 4, prevede, infatti, che tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, si debba tenere conto «della maggiore entità, rispetto a quella prevista dal bando, del prefinanziamento che il candidato è in grado di offrire». Nella sostanza, il prefinanziamento costituisce una vera e propria anticipazione del costo dell'opera a carico dell'appaltatore che non sembra valere in assoluto a distinguere la figura del contraente generale dall'appaltatore, posto che, in linea di principio, anche in capo a quest'ultimo incombe l'onere di anticipare il costo dell'opera, salvo procedere al relativo recupero tramite gli stati di avanzamento (v. infra, par. 10); d) ove, richiesto, all'individuazione delle modalità gestionali dell'opera e di selezione dei soggetti gestori (art. 194, comma 1, lett. e). La norma legittima il committente a delegare il contraente generale a svolgere le procedure di individuazione del soggetto chiamato a gestire l'infrastruttura. D'altro canto, che possa essere il contraente generale anche affidatario della gestione deve essere concettualmente escluso, in quanto affiancare le attività di gestione a quelle di realizzazione di un'opera varrebbe ad attribuire una diversa qualificazione giuridica al contratto: non si tratterebbe, cioè, di un affidamento a contraente generale, ma di un contratto di concessione e gestione; e) all'indicazione del piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture di materiali e di tutti gli altri elementi utili a prevenire le infiltrazioni della criminalità secondo i modelli, anche procedurali, concordati dal committente stesso con gli organi competenti in materia (art. 194, comma 1, lett. f). Si tratta di un'attività connotata da contorni pubblicistici, che rappresenta un esempio della cooperazione tra soggetto pubblico e privato e che, nel caso di affidamento a contraente generale, raggiunge, anche per la rilevanza di lavori e per la loro appetibilità, forme nuove e più intense (Caringella, Protto, 1080). La disciplina, sul punto, è completata, per quanto attiene al contraente generale: a) dal comma 8 dello stesso art. 194, in base al quale affidamento a contraente generale, affidamenti e sub-affidamenti di lavori debbono essere soggetti alle verifiche antimafia; b) e dal successivo comma 20, che impone al soggetto aggiudicatore di indicare nel bando di gara un'aliquota forfettaria, non sottoposta al ribasso d'asta e ragguagliata all'importo complessivo dell'intervento, secondo valutazioni preliminari che il contraente generale è tenuto a recepire nell'offerta formulata in sede di gara, da destinare all'attuazione di misure idonee volte al perseguimento delle finalità di prevenzione e repressione della criminalità e dei tentativi di infiltrazione mafiosa, ai sensi del comma 3, lett. d), dello stesso art. 194 e dell'art. 203 (al cui commento si rinvia). Più in particolare, nel progetto preliminare elaborato dal committente e posto a base di gara, tale aliquota è riportata nelle somme a disposizione del quadro economico ed è unita ad una relazione di massima che correda il progetto e che indica l'articolazione delle misure nonché la stima dei costi. Tale stima deve essere riportata nelle successive fasi della progettazione e le variazioni tecniche eventualmente proposte dal contraente generale non possono essere motivo di maggiori oneri a carico del soggetto aggiudicatore (art. 194, comma 20). Per quanto attiene al committente, il sistema dei presidi rispetto al rischio di infiltrazioni criminali prevede la sottoscrizione di appositi accordi in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità (v. par. 5.2.). In linea generale, le prestazioni cui è chiamato il contraente generale assumono una configurazione eterogenea e, ove singolarmente considerate, sono riconducibili a distinti schemi contrattuali: appalto di lavori come soggetto esecutore e come stazione appaltante; appalto di progettazione come soggetto esecutore e come stazione appaltante; concessione di committenza per le attività di espropriazione, di selezione (eventuale) dei gestori dell'opera, per le procedure amministrative prodromiche alla realizzazione dell'opera. Il che spiega la previsione di uno specifico sistema di qualificazione con la richiesta di maggiori requisiti di capacità economico-finanziaria, idoneità tecnica e organizzativa e di un adeguato organico tecnico e dirigenziale (v. art. 197; De Nictolis, 2187). I compiti del soggetto aggiudicatore Il soggetto aggiudicatore, cui, al fine di controbilanciare i margini di autonomia riconosciuti al contraente generale sono riservati funzioni di nomina, di approvazione, di vigilanza e di sorveglianza, provvede, in particolare: a) alla approvazione del progetto esecutivo redatto dal contraente generale e delle varianti (art. 194, comma 3, lett. a); b) alla nomina del direttore dei lavori e dei collaudatori e alle attività di alta sorveglianza sulla realizzazione delle opere, assicurando un costante monitoraggio dei lavori anche tramite un comitato permanente costituito anche da rappresentanti del contraente (art. 194, comma 3, lett. b). Il soggetto aggiudicatore esercita compiti di «alta sorveglianza» sull'attività del contraente generale, diversa da strumenti di controllo di tipo ordinario, ma limitata ai casi di inadempienze più gravi, così da salvaguardare la libertà di azione e di forme che caratterizzano la figura del contraente generale (Gattamelata, 1385). c) al collaudo delle opere (art. 194, comma 3, lett. c); d) alla stipulazione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori in vista del successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano, in ogni caso prevedendo l'adozione dei protocolli di legalità. Questi protocolli devono prevedere clausole specifiche di impegno dell'impresa aggiudicataria a denunciare eventuali tentativi di estorsione, con la possibilità di valutare il comportamento dell'aggiudicatario, ai fini della successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante. L'impresa aggiudicataria è tenuta a trasferire gli obblighi a carico dei soggetti delle imprese coinvolte a qualsiasi titolo nella esecuzione dei lavori. Le misure di monitoraggio finalizzate alla prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa comprendono il controllo dei flussi finanziari connessi alla realizzazione dell'opera (inclusi quelli concernenti risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori ai sensi dell'art. 183 e quelli derivanti dalla attuazione di qualsiasi altra modalità di progetto). Gli oneri connessi al monitoraggio finanziario sono ricompresi nell'aliquota forfettaria, non soggetta a ribasso d'asta e ragguagliata all'importo complessivo dell'intervento, che il soggetto aggiudicatore è tenuto a indicare nel bando di gara (art. 194, comma 3, lett. c). Le obbligazioni del contraente generale Il contraente generale risponde nei confronti del soggetto aggiudicatore della corretta e tempestiva esecuzione dell'opera, ponendosi come unico responsabile dell'adempimento (v. art. 194 comma 1 e comma 6). È, quindi, tenuto alla corretta realizzazione dell'opera sia dal punto di vista dell'organizzazione complessiva dell'intervento, ivi compresi i rapporti con i suoi contraenti a valle del rapporto con il committente. In linea generale, la prestazione dell'appaltatore è sempre un'obbligazione di risultato in considerazione dell'impegno a consegnare l'opera al committente con le caratteristiche e nei tempi previsti in contratto. Ed è elemento comune a tutte le figure che rientrano nello schema romanistico della locatio operis quella di essere connotate dalla rilevanza attribuita al risultato piuttosto che all'attività in sé considerata. La peculiarità sta nel fatto che il contenuto del risultato che il contraente generale si impegna a realizzare si estende a tutte le prestazioni rientranti nell'oggetto contrattuale anche se sono, per loro natura, obbligazioni di mezzi e a tutte le attività, anche atipiche e innominate, necessarie per consegnare l'opera «chiavi in mano» al committente (Caringella, Protto 1082). Il contraente generale, dunque, non è responsabile solo della realizzazione del lavoro, ma dell'integrale adempimento delle prestazioni contrattuali entro il termine prefissato e secondo gli standard qualitativi, come confermato anche dalla previsione secondo cui la responsabilità solidale per la buona esecuzione del contratto dei soggetti componenti il contraente generale permane anche dopo la costituzione della società di progetto (Lattanzi, 2728). Ai rapporti tra soggetto aggiudicatore e contraente generale trovano applicazione le disposizioni della Parte I (Ambito di applicazione, principi comuni ed esclusioni) e II (relativa ai contratti di appalto) del Codice che costituiscono diretta attuazione delle direttiva n. 24/14, le norme della Parte III (appunto quelle sul contraente generale), le disposizioni contenute negli atti di gara e le norme del codice civile che regolano l'appalto (art. 194, comma 4), oltre alle norme in tema di verifiche antimafia contenute nel d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (v. art. 194, comma 8). Il rinvio alla sola direttiva n. 24 pecca di incompletezza, dovendosi ritenere che, per il caso di lavori funzionali allo svolgimento di attività nell'ambito dei cd. speciali, debbano trovare applicazione le disposizioni che costituiscono diretta attuazione della dir. n. 25. La circostanza che – fatti salvi alcuni limitati profili (subappalto e modificazioni contrattuali) – le direttive Europee non riguardino la fase esecutiva, comporta che – ad eccezione di quanto espressamente disciplinato – i rapporti tra committente e contraente generale, indipendentemente dalla natura giuridica di quest'ultimo, siano demandati ad una regolamentazione civilistica (art. 194, comma 4), per quanto questa impostazione, incentrata su un rapporto di parità tra le parti, potrebbe non essere perfettamente congrua con le finalità dell'interesse pubblico legato alla realizzazione di opere pubbliche (Montedoro, Di Pace, 317). La fase di esecuzione del contrattoI vincoli per il contraente generale Il contraente generale provvede alla esecuzione unitaria delle attività direttamente ovvero – se costituito da più soggetti – a mezzo della società di progetto (v. comma 6, art. 194). Può procedere indifferentemente alla esecuzione in proprio o all'affidamento a terzi, con un limite costituito dalla qualificazione posseduta (e cioè dalla necessità che il contraente generale sia effettivamente dotato dei requisiti di ordine speciale adeguati a tipologia ed importo dei lavori oggetto di diretta esecuzione, dovendo, in caso contrario, il ricorso a terzi costituire un vero e proprio obbligo (art. 194, comma 7). Nel caso in cui parte delle prestazioni contrattuali siano svolte ricorrendo a soggetti terzi, il contraente generale si trasforma, a sua volta, in committente (Caringella, Protto, 1084), senza essere vincolato all'applicazione della disciplina pubblicistica ai fini della scelta dell'esecutore, salvo il caso in il contraente generale sia una amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore (sia, cioè, esso stesso, in ragione delle proprie caratteristiche, ricompreso nell'ambito di applicazione della disciplina pubblicistica). In altri termini, nel caso in cui il contraente generale non sia un soggetto a diverso titolo tenuto all'applicazione della disciplina del Codice, la scelta del terzo contraente potrà, in linea di principio, avere luogo con la libertà di forme tipica del regime privatistico. In caso contrario, dovranno trovare applicazione le sole disposizioni contenute nella Parte I e nella Parte II, Titolo I che costituiscono attuazione della direttiva n. 24/2014 ovvero, per gli affidamenti nei settori speciali, della Parte III del Codice. La limitazione alle sole disposizioni del Titolo I della Parte II, relative alla definizione delle soglie e ai contratti a rilevanza nazionale sembra ascrivibile ad una svista redazionale, dovendosi intendere il rinvio riferito a tutte le disposizioni della Parte II che appunto costituiscono trasposizione della disciplina Europea (art. 194, comma 6). Questa impostazione presenta profili sia di analogia che di differenziazione rispetto alla esperienza dell'affidamento a contraente generale per la realizzazione del sistema dell'Alta Velocità ferroviaria che come si è visto ha costituito la prima applicazione concreta dell'istituto nell'esperienza nazionale (v. par. 2.2.). Un elemento di differenziazione è costituito dal fatto che, ai sensi del d.lgs. n. 50 (così come fin dai tempi del citato d.lgs. n. 190/2002), per la scelta del contraente generale non è possibile eludere la disciplina pubblicistica; l'elemento di analogia è costituito dalla previsione dell'obbligo per il contraente generale di applicare la disciplina pubblistica per la scelta dei propri contraenti, obbligo che, come detto, riguarda però solo amministrazioni aggiudicatrici e soggetti aggiudicatori. Ne discende quindi che – mentre il contraente generale che non sia riconducibile nell'ambito di applicazione del codice dei contratti può scegliere i propri contraenti secondo schemi privatistici – amministrazioni aggiudicatrici e soggetti aggiudicatori sono tenuti ad applicare la disciplina pubblicistica. In altri termini, per i contraenti generali diversi da quelli tenuti ad applicare la disciplina pubblicistica (che peraltro, costituiscono la maggioranza dei casi), vale la spiccata autonomia e libertà delle forme nella fase di scelta dei propri contraenti, nel rispetto naturalmente delle norme di qualificazione e antimafia (Lattanzi, 2729). Sul piano pratico, questa impostazione – basata sulla distinzione del regime applicabile a seconda delle caratteristiche soggettive del contraente generale – solleva dubbi interpretativi: è dubbio, infatti, se debbano o meno asssumere rilievo le caratteristiche del soggetto in quanto tale (indipendentemente, cioè, dall'affidamento dell'incarico di contraente generale) ovvero debba considerarsi tale un soggetto in ragione delle funzioni e delle finalità che esso è chiamato a perseguire in quanto contraente generale e a seguito dell'affidamento del contratto. La questione si pone principalmente (ma non esclusivamente) per gli organismi di diritto pubblico. La prima soluzione presenta in ogni caso il rischio di una evidente asimmetria: vero è che interpretata nei termini suesposti, la disposizione – risalente ai provvedimenti attuativi della legge obiettivo – potrebbe essere diretta a temperare, in virtù dell'imposizione di un duplice livello di concorrenza (sia a monte per l'ottenimento dell'affidamento a contraente generale sia a valle per la scelta di terzi), la posizione di presunto vantaggio; ma è altrettanto vero che obbligare il contraente generale (in quanto amministrazione aggiudicatrice o soggetto aggiudicatore operante nei settori speciali) a seguire la disciplina in tema di evidenza pubblica per l'affidamento a terzi di attività non svolte direttamente costituisce un inevitabile deterrente alla partecipazione alla gara per detti soggetti, i quali, dopo essersi assunti ben precisi impegni contrattuali, saranno chiamati ad un evidente appesantimento procedurale e al rischio di conseguenze negative sul rispetto della tempistica contrattuale (in verità, la differenza nel regime applicabile a seconda della natura giuridica del contraente generale rischia di condizionare, non solo la fase di esecuzione, ma anche quella di partecipazione alla gara, in tutti i casi in cui la tempistica di realizzazione dell'opera sia elemento di valutazione delle offerte). La seconda soluzione (ancorché presenti il vantaggio di superare il rischio di asimmetrie concorrenziali) presenta il limite del «carattere approssimativo del risultato conseguito da un'indagine basata sulle caratteristiche oggettive del rapporto contrattuale e non sulle caratteristiche soggettive dell'aggiudicatario» (in sostanza, si perverrebbe alla inaccettabile soluzione di poter qualificare come organismo di diritto pubblico un dato soggetto, a prescindere dall'effettivo riscontro di elementi legati alle caratteristiche soggettive (personalità giuridica e sottoposizione alla dominanza pubblica); v. Lattanzi, 2730; Galli, 382; Montedoro, Di Pace, 320). A ben vedere, la prima soluzione – difficile da sostenere sotto il profilo della parità delle armi sul piano concorrenziale – potrebbe essere coerente con l'impostazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo cui, indipendentemente dalla natura dell'affidamento e dalla destinazione funzionale dell'affidamento, l'organismo di diritto pubblico deve intendersi sempre tenuto ad applicare la disciplina pubblicistica nella scelta del contraente (semel organismo, semper organismo; v., anche art. 1, comma 2, della dir. n. 24, secondo cui la direttiva deve applicarsi indipendentemente dal fatto che i lavori, le forniture e i servizi siano considerati per una finalità pubblica o meno). Sembra anche coerente con l'impostazione della disciplina Europea e nazionale in tema di settori speciali (v. art. 4 dir. n. 25/14 e art. 114 del codice) che esclude possano rientrare nel novero dei soggetti aggiudicatori i soggetti privati, (ma nulla viene detto per amministrazioni aggiudicatrici ed imprese pubbliche) che abbiano ottenuto un diritto speciale ed esclusivo in esito ad un confronto equo e competitivo. Al di là della diretta riferibilità delle disposizioni dettate dalla disciplina pubblicistica, ai fini della gestione del rapporto negoziale, i soggetti committenti possono, sempreché ritenuto congruo nell'ottica della migliore tutela dell'interesse pubblico, applicare comunque, in via di autovincolo, la disciplina pubblicistica (Cintioli, 76; Giuffrè, Sterrantino, 98). Le varianti in corso d'opera La materia delle varianti in corso d'opera trova, per il caso del contraente generale, una sua analitica regolamentazione (art. 194, comma 5). Rispetto alla disciplina previgente (Legge Obiettivo e Codice del 2006), un rilevante elemento di novità è rappresentato dalla circostanza che, a differenza del passato, le direttive Europee hanno ampliato il loro intervento anche ad alcuni profili della fase esecutiva e, in questo quadro, hanno disciplinato le ipotesi delle modifiche contrattuali, ivi comprese quelle progettuali incidenti sul perimetro delle prestazioni oggetto di affidamento. Ne deriva che se, in precedenza, era possibile che la disciplina in tema di varianti prevista per il contraente generale potesse essere impostata in termini derogatori rispetto a quella generale (v. ad esempio, art. 176, comma 5, d.lgs. n. 163/2006), nell'attuale contesto essa può assumere, tutt'al più, circoscritti profili di specialità nel rispetto, comunque, dei limiti piuttosto rigorosi previsti dall'art. 106 del Codice. La stessa legge delega (art. 1, comma 1, lett. ee) demandava al provvedimento delegato la introduzione di misure volte a contenere il ricorso a variazioni progettuali in corso d'opera, distinguendo in modo dettagliato tra variazioni sostanziali e non sostanziali, in particolare nella fase esecutiva e con specifico riferimento agli insediamenti produttivi e strategici. In questo quadro, la norma, in primo luogo, esclude che alle varianti del progetto affidato al contraente generale trovi applicazione l'art. 63 del Codice, in tema di procedura negoziata senza preventiva pubblicazione nel bando. Ne deriva che l'introduzione di eventuali variazioni progettuali non debba trovare una legittimazione nella sussistenza dei presupposti che consentano il ricorso all'affidamento diretto (pur nel silenzio della norma, si deve ritenere che per gli interventi nei settori speciali, il rinvio all'art. 63 deve intendersi riferito all'art. 125). Precisa quindi (secondo periodo, comma 5, art. 194) che le varianti sono regolate dalle norme della Parte II che costituiscono attuazione della direttiva n. 24/2024 (vale a dire, essenzialmente, nei limiti suindicati dall'art. 106 del Codice), dalla Parte III (vale a dire l'art. 175) oltreché da ulteriori specifiche ulteriori disposizioni più puntualmente declinate nelle lettere a) e b). Queste ultime due disposizioni non innovano la disciplina precedente (v. art. 9 d.lgs. n. 190/2002 e non introducono nuove ipotesi che giustificano l'introduzione di varianti, ma ripartiscono tra le parti, a seconda della causa genetica della modifica, i relativi maggiori oneri (comma 5, lett. a) e definiscono aspetti procedurali (comma 5, lett. b). Più in particolare: i) restano a carico del contraente generale, le varianti necessarie per emendare i vizi o integrare le omissioni del progetto esecutivo redatto dallo stesso e approvato dal soggetto aggiudicatore (lett. a, prima parte); ii) sono invece a carico del committente le eventuali varianti indotte da causa di forza maggiore o sopravvenute prescrizioni di legge o di enti terzi o comunque richieste dal soggetto aggiudicatore (lett. a), seconda parte). In sostanza, la disposizione fa riferimento alle cd. varianti necessarie, legate a circostanze sopravvenute (prese in esame dall'art. 72 della dir. n. 24/14 e dall'art. 106, comma 1, lett. c) del Codice), stabilendo che esse rimangano a carico del contraente generale ove riconducibili a fatto di quest'ultimo; siano a carico del committente ove riconducibili a forza maggiore o factum principis. Resta naturalmente ferma la preclusione a che la modifica comporti una alterazione della natura generale del contratto; iii) il contraente generale può proporre al committente le varianti progettuali o le modifiche tecniche ritenute dallo stesso utili a ridurre il tempo o il costo di realizzazione delle opere; il soggetto aggiudicatore può rifiutare l'approvazione delle varianti o modifiche tecniche ove queste non rispettino le specifiche tecniche e le esigenze specificate nel progetto posto a base di gara o comunque determinino: (1) una riduzione degli standard presazionali, sotto il profilo del peggioramento della funzionalità, durabilità, manutenibilità e sicurezza delle opere; (2) una maggiore spesa; (3) un ritardo del termine di ultimazione. In assenza di indicazioni normative in merito alla destinazione delle economie conseguite in virtù delle varianti migliorative, si deve ritenere che tale eventualità debba essere oggetto di pattuizione contrattuale (di contro, non sembra possibile ipotizzare che il minor costo sia a totale vantaggio del contraente generale). L'approvazione di tali varianti – l'ammissibilità delle quali può essere limitata nei documenti di gara a tipologie determinate (Giuffrè, Sterrantino, 101) – è, dunque, subordinata alla loro effettiva utilità in una logica di risparmio di costi e tempi, a condizione che non ne derivi un arretramento per la qualità e per gli obiettivi progettuali (De Nictolis, 2207). I rapporti tra contraente generale e soggetti terziCome anticipato, il contraente generale può rivolgersi a terzi per la realizzazione dell'opera. Salvo diversa previsione del bando gara, l'esternalizzazione costituisce una mera facoltà, nel caso in cui il contraente generale sia dotato dei requisiti di ordine speciale adeguati a tipologia ed importo dei lavori oggetto di esecuzione; un obbligo nel caso in cui, invece, ne sia privo (art. 194, comma 7). Al pari dei rapporti tra committente e contraente generale (art. 194, comma 4), anche quelli tra contraente generale e terzi sono rapporti di diritto privato (art. 194, comma 6). Questi devono essere titolari dei requisiti di qualificazione previsti per gli esecutori dei lavori pubblici dall'art. 84 del Codice (qualificazione rilasciata dalle SOA) e potranno avvalersi, a loro volta di subappaltatori nei limiti e alle condizioni previsti per gli appaltatori di lavori pubblici, secondo quanto stabilito dall'art. 105 (al cui commento si rinvia, anche per un'interpretazione conforme della disposizione al diritto Europeo alla luce della sentenza della Corte Giust. UE, 26 settembre 2019, C-63/18). Gli affidamenti a terzi nonché i sub-affidamenti sono soggetti alle verifiche antimafia (art. 194, comma 4), così come alla disciplina in tema di tracciabilità dei flussi finanziari (v. l. n. 136/2010). La necessaria qualificazione ai sensi dell'art. 84 del Codice costituisce ovvia espressione del principio generale in base al quale tutti gli esecutori di lavori pubblici debbono a qualsiasi titolo essere dotati di idonea qualificazione. La previsione della possibilità per i soggetti terzi coinvolti dal contraente generale nell'esecuzione dei lavori di ricorrere a loro volta a soggetti terzi – prevista sin dalla disciplina contenuta nella Legge Obiettivo (v. supra par. 2) – altro non è che che la traduzione in norma dell'opzione interpretativa a suo tempo adottata, con riferimento all'Alta Velocità ferroviaria, dal Consiglio di Stato (Ad Gen., n. 95/1993). Questo aveva, infatti, escluso che, ai fini del coinvolgimento di soggetti terzi nell'esecuzione dei lavori, il rapporto tra committente e contraente generale fosse configurabile come appalto (mentre lo era quello tra quest'ultimo e imprese terze), con conseguente scivolamento a valle della disciplina del subappalto (che diviene rilevante nei soli rapporti tra terzi affidatari di quote di lavori da parte del contraente generale e altri soggetti). In sostanza, il contratto tra TAV e general contractor era un contratto di committenza, con la conseguenza che quello tra quest'ultimo e imprese terze è un contratto di appalto. La norma in questione (così come l'interpretazione del Consiglio di Stato) era volta superare il c.d. divieto di subappalto a cascata da ultimo previsto dall'art. 105, comma 19, del Codice ed appare in linea con l'impostazione del diritto Europeo che esclude la legittimità del divieto generale per i subappaltatori di fare ricorso, a loro volta, a soggetti terzi (v. Proc. Infrazione della Commissione Europea nei confronti dell'Italia n. 2018/2273). Prima di effettuare i pagamenti, anche se correlati ad eventuali stati di avanzamento, il committente verifica il regolare adempimento da parte del contraente generale degli obblighi contrattuali assunti nei confronti dei propri affidatari. Secondo taluni, questo potere del soggetto aggiudicatore è giustificato dalla discrezionalità di cui il contraente generale beneficia nella scelta degli affidatari, per garantire una corretta esecuzione dei rapporti tra operatori (art. 194, comma 9). Si tratta di un potere di sorveglianza al quale si accompagna la facoltà di sanzionare l'inadempienza del committente applicando, oltre ad eventuali sanzioni contrattualmente previste, anche una detrazione sui pagamenti dovuti al contraente generale e procedendo al pagamento diretto dell'affidatario (Gattamelata, 1386). In realtà, la norma non rappresenta, in assoluto, una novità (v. pur con alcune differenze l'art. 176 del Codice del 2006) e più che costituire uno specifico contrappeso a fronte dell'assenza di vincoli procedurali in capo al contraente generale, sembra in linea con il sistema di principi e tutele già previsti, peraltro in modo anche più incisivo, dalla disciplina in tema di appalti (v. artt. 30 e 105, comma 13, del Codice). La società di progettoCome anticipato, ai fini dell'esecuzione unitaria della propria prestazione, il contraente generale ove sia composto di più soggetti, «costituisce» una società di progetto, in forma di società, anche consortile, per azioni o a responsabilità limitata (art. 194, comma 10). La società è un veicolo necessario per l'adempimento della prestazione contrattuale (Lattanzi, 2732), distinto dalla compagine del contraente generale, con lo scopo di isolare – sia dal punto di vista giuridico che economico-finanziario – le attività inerenti al progetto dalle altre prestazioni che fanno capo all'aggiudicatario (Gattamelata, 1388). La disciplina della società di progetto è definita, in parte, dall'articolo in commento ed, in parte, in virtù del rinvio ad esso operato dall'art. 184 relativo alla finanza di progetto. Alla società di progetto prendono parte, oltre ai soggetti componenti il contraente generale, anche istituzioni finanziarie, assicurative e tecnico operative. Questi soggetti, non necessari ai fini di concorrere al raggiungimento dei requisiti richiesti per la partecipazione alla procedura, debbono essere preventivamente indicati in sede di gara, nel rispetto della logica che ispira tutta la disciplina in tema di scelta del contraente e che (allo scopo di evitare elusioni della disciplina in tema di concorrenza e il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata) limita le modifiche successivamente alla fase di presentazione dell'offerta (art. 194, comma 10, terzo periodo). Nell'offerta deve essere indicata la percentuale di partecipazione di ciascun soggetto al capitale sociale della società, il cui ammontare minimo è indicato nel bando di gara (v. art. 184 e 194, comma 10, ult. periodo). Rispetto alla disciplina sulla finanza di progetto in cui la costituzione del veicolo societario è, in linea di principio, facoltativa, salva diversa previsione nel bando di gara, per ciò che attiene all'affidamento a contraente generale, essa assume carattere di obbligatorietà. In linea con quanto previsto dalla disciplina in tema di società costituite tra concorrenti riuniti o consorziati per l'esecuzione unitaria dei lavori (art. 93, comma 2, del d.P.R. n. 207/2010 e dallo stesso art. 184, comma 1, ult. periodo del Codice), la società di progetto subentra nel rapporto contrattuale senza che ciò costituisca cessione di contratto, senza necessità di autorizzazione e salve le sole verifiche previste dalla disciplina antimafia (art. 194, comma 10, quarto periodo). Per effetto del subentro, la società di progetto diventa titolare del rapporto contrattuale a titolo originario e sostituisce l'aggiudicatario in tutti i rapporti con il committente (art. 184, comma 3, primo periodo). Salva diversa previsione nel bando di gara, i componenti il contraente generale e la società di progetto rimangono solidalmente responsabili nei confronti del soggetto aggiudicatore per la buona esecuzione del contratto (art. 194, comma 10, quinto periodo). Il vincolo della solidarietà tra soci e società – previsto anche dall'art. 184 – presenta, dunque, rispetto alla disciplina dettata da questa ultima disposizione profili di singolarità. Infatti, mentre nel caso di finanza di progetto, la responsabilità solidale dei soci rispetto alla società inerisce all'eventuale rimborso del contributo pubblico erogato al fine di assicurare la sostenibilità economico finanziaria delle attività oggetto del rapporto concessorio, nel caso di contraente generale, mancando questa forma di contribuzione pubblica, il rapporto solidale ha per oggetto la corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali. In questa logica, se – nell'impostazione dell'art. 184, per svincolare i soci dalla solidarietà – la società di progetto può fornire alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in corso d'opera, più difficile è giustificare analoga previsione nel caso del contraente generale. In tal caso, si registra, infatti, una asimmetria tra l'oggetto della copertura assicurata, in virtù del vincolo di solidarietà, dalla società e dai soci (vale a dire, la «buona esecuzione del contratto») e l'oggetto delle garanzie alla restituzione delle (eventuali) somme erogate dalla pubblica amministrazione (v. par. 11). La maggiore ampiezza della responsabilità solidale che, nel caso di affidamento a contraente generale, ha per oggetto non già la restituzione del contributo ma la buona esecuzione del contratto, è temperata dalla possibilità di una sua esclusione in sede contrattuale (Lattanzi, 2733). Le garanzie in questione cessano di esistere all'atto di emissione del certificato di collaudo dell'opera. La coesistenza di un livello di responsabilità che continua a fare capo ai soci con quello della società di progetto rende difficile giustificare la costituzione di questa ultima, normalmente funzionale alla creazione di una separazione tra patrimonio dei soggetti che la costituiscono e la società stessa, nell'ottica di isolare il rischio di impresa (Carullo, Iudica, 1380). Questa impostazione si giustifica con il fatto che i soggetti qualificati per la realizzazione dei lavori sono soltanto quelli che partecipano al contraente generale e solo costoro, in virtù dei loro requisiti sono potuti risultare affidatari del contratto. La conseguenza di ciò è che una loro successiva esclusione dalla responsabilità economica dell'operazione, mediante lo schermo societario, si sarebbe posta in contrasto con l'obbligazione di risultato del contraente generale e con la responsabilità espressamente prevista attinente alla buona esecuzione del contratto (Caringella, Protto, 1084). La società di progetto può dare corso all'esecuzione dei lavori a mezzo dei propri soci, purché dotati di idonea qualificazione (art. 184, comma 2). È stato segnalato come, per quanto la norma non ponga espressi divieti a che nell'esecuzione dei lavori vengano coinvolti anche soggetti entrati a far parte della società di progetto successivamente all'aggiudicazione, tale eventualità potrebbe comportare una disparità di trattamento «tra le imprese/socie che hanno partecipato all'intera procedura di gara, e quelle che sono entrate a farne parte successivamente e che, grazie all'affidamento diretto, potrebbero eseguire i lavori determinando una distorsione del principio di concorrenza» (Carullo, Iudica, 1381). In realtà (al di là della possibilità di entrare ed uscire dalla società per i soci che non abbiano concorso alla dimostrazione dei requisiti di idoneità necessari per la partecipazione alla gara e che non siano stati indicati all'atto della partecipazione alla stessa), tale eventualità sembra preclusa da una interpretazione sistematica della disciplina. Fermo l'ovvio impatto sotto il profilo della possibile alterazione delle corrette dinamiche concorrenziali, va anche a considerato come l'assetto normativo consolidato precluda – salvo casi eccezionali ed espressamente previsti – la sostituzione del soggetto esecutore, anche nella logica delle cautele antimafia, alle quali la disciplina sul contraente generale dedica, peraltro, particolare attenzione (v., ad esempio, comma 20, dell'articolo in commento). Come anticipato – in linea con quanto già stabilito all'art. 184 (comma 3) – il contratto stabilisce le modalità per la eventuale cessione delle quote delle società di progetto, prevedendo alcuni vincoli per i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione e una maggiore libertà per gli altri: i primi sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti del contratto, il buon andamento degli obblighi del contraente generale sino a che l'opera sia realizzata e collaudata. Per istituti bancari e investitori istituzionali, non incidenti ai fini della dimostrazione dei requisiti, è consentito l'ingresso nella società così come lo smobilizzo delle partecipazioni in qualsiasi momento. La possibilità per questi ultimi di entrare e uscire dalla società di progetto si giustifica con l'esigenza di agevolare il coinvolgimento di soggetti terzi in grado di contribuire alle esigenze anche finanziarie del contraente generale, senza gravarli del rischio di impresa connesso alla presenza di vincoli in fase di dismissione delle partecipazioni acquisite (Caringella, Protto, 1084). La cessione dei creditiPer i crediti del contraente generale e della società di progetto (anche costituita dal concessionario), vige il principio di libertà di trasferimento nei confronti del committente che non può opporsi alla cessione (effettuata ai sensi dell'art. 106, comma 13). La cessione può avere per oggetto crediti non ancora liquidi ed esigibili (art. 195, comma 13). L'atto di cessione deve essere stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve essere notificato al debitore ceduto, indicando se la cessione è effettuata a fronte di un finanziamento senza rivalsa o con rivalsa limitata dei finanziatori sui soci della società di progetto. Con riferimento ai crediti relativi alla quota di prefinanziamento, ceduti a fronte di finanziamenti senza rivalsa o con rivalsa limitata, l'emissione del certificato di pagamento, esigibile alla scadenza del prefinanziamento, costituisce definitivo riconoscimento del credito del finanziatore cessionario. Non costituisce, invece, riconoscimento del credito a favore di quest'ultimo, nel caso i cui il credito sia relativo ad un finanziamento con total recourse (e, cioè, con rivalsa piena nei confronti dei destinatari del finanziamento). Resta, in ogni caso, esclusa la riferibilità nei confronti del cessionario di ogni eccezione di pagamento delle quote di prefinanziamento riconosciute che derivino da rapporti tra debitore e contraente generale, compresa la compensazione con crediti derivanti dall'adempimento dello stesso contratto e con qualsiasi diverso credito nei confronti del contraente generale cedente (art. 195, comma 15). Nel bando di gara è riportata la data ultima di pagamento dei crediti riconosciuti definitivi, in tutti i casi di mancato o ritardato completamento dell'opera (art. 195, comma 16). Un limite al definitivo riconoscimento del credito non opera nel caso in cui gli ammontari delle garanzie di «buon adempimento» e «per l'esecuzione» previste dall'art. 104 del Codice abbiano subito una riduzione e non siano state ripristinate e se la previsione della eventuale riduzione non sia stata espunta dalla garanzia medesima (art. 195, comma 17). Il prefinanziamentoCome anticipato, il prefinanziamento dell'opera da realizzare costituisce una delle prestazioni che – nell'ambito del rapporto contrattuale – competono al contraente generale. Il bando di gara deve contenere l'indicazione (oltreché di tempi e modi di pagamento del prezzo) anche della quota di valore dell'opera che deve essere realizzata dal contraente generale con anticipazione di risorse proprie. Il saldo della quota di corrispettivo ritenuta a tal fine, deve essere pagato a lavori ultimati (art. 194, comma 12). Questa precisazione – che ripete la disciplina previgente e che consente al contraente generale di rientrare, comunque, della quota di finanziamento – non è indifferente dal punto di vista pratico. Essa mira ad evitare il rischio che, in concreto, il prefinanziamento possa assumere una impropria funzione di garanzia supplementare per il committente, al quale rimaneva la possibilità di avvalersi della quota parte di prefinanziamento non ancora erogata ai fini di ottenere la reintegrazione di eventuali pretese nei confronti del contraente generale e ai fini di compensare altri crediti (Galli, 392). La norma non indica la quota minima del cofinanziamento di cui si deve fare carico il contraente generale che, per i bandi pubblicati entro il 31 dicembre 2006, non poteva essere superiore al 20% dell'importo dei lavori (v. l. 24 dicembre 2003, n. 350 e art. 176, comma 12, del d.lgs. n. 163/06). Il che autorizza a ritenere che la quota di prefinanziamento a carico del contraente generale possa essere superiore a tale soglia, fermo restando l'obbligo per i committenti di procedere alla relativa definizione attenendosi ai principi generali di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza ed evitando un effetto ingiustificatamente restrittivo rispetto alla possibilità per gli operatori di partecipare alla gara. In ogni caso, la quota di finanziamento a carico del contraente generale costituisce un elemento cui è attribuita rilevanza premiante ai fini dell'aggiudicazione. L'art. 195, comma 4, prevede, infatti, che tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, si debba tenere conto «della maggiore entità, rispetto a quella prevista dal bando, del prefinanziamento che il candidato è in grado di offrire». Nella sostanza, il prefinanziamento costituisce una vera e propria anticipazione del costo dell'opera a carico dell'appaltatore che non sembra valere in assoluto a distinguere la figura del contraente generale dall'appaltatore, posto che anche in capo a quest'ultimo incombe l'onere di anticipare il costo dell'opera, salvo procedere al relativo recupero tramite gli stati di avanzamento. «L'anticipazione dei capitali necessari per l'operazione non costituisce un mero accidente del contratto ma una caratteristica essenziale che rientra nella causa stessa del contratto avvicinando l'operazione ad una finanza di progetto», pur rimanendo, ovviamente, le due figure assolutamente distinte (Caringella, Protto, 1082). L'anticipazione delle risorse necessarie per il finanziamento dell'opera è un aspetto caratterizzante la fattispecie del contraente generale, per cui deve annullarsi il bando che non la preveda (ANAC, parere precontenzioso di cui alla delibera n. 96/2017). Il prefinanziamento consiste dunque nel reperimento da parte del contraente generale di risorse anche presso istituzioni creditizie, che possono entrare a far parte di una società di progetto (v. comma 10), chiamate ad erogare la provvista finanziaria necessaria per la realizzazione in tutto o in parte dell'opera (Lattanzi, 2727). La idoneità a sostenere gli oneri del prefinanziamento, dimostrata tramite bilanci consolidati e idonee referenze bancarie proporzionate all'intervento da realizzare, costituisce uno dei requisiti al possesso dei quali i committenti possono condizionare la partecipazione alle gare (v. art. 198, comma 1, lett. b). Ai fini del reperimento della quota di prefinanziamento, è prevista la possibilità per il contraente generale (o la società di progetto) di emettere obbligazioni, previa autorizzazione degli organi di vigilanza anche in deroga ai limiti previsti dall'art. 2412 c.c. (in base al quale le obbligazioni possono essere emesse nei limiti del doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili come risultanti dall'ultimo bilancio approvato, salvo che le obbligazioni emesse in eccedenza siano destinate alla sottoscrizione da parte di investitori ufficiali). Il committente garantisce il pagamento delle obbligazioni emesse dal contraente generale o dalla società di progetto, nei limiti del proprio debito come risultante dagli stati di avanzamento emessi ovvero dal conto finale o dal certificato di collaudo dell'opera. La disciplina sulla emissione delle obbligazioni è più scarna rispetto a quella stabilita nel caso della società di progetto costituita per la realizzazione in concessione di un'infrastruttura e/o per la gestione del servizio di pubblica utilità. Il mancato richiamo all'art. 185 del codice – che nel disciplinare, in termini generali, l'emissione di obbligazioni, prevede la necessità della costituzione di una garanzia pro quota mediante ipoteca – induce a ritenere che la sola garanzia a fronte dell'emissione delle obbligazioni, sia appunto quella del soggetto aggiudicatore nei limiti del proprio debito verso il contraente generale (De Nictolis, 2205). Il richiamo all'art. 2412 c.c. fa presupporre che il contraente generale (o la società di progetto) sia costituito in forma di società per azioni, pur non escludendo la possibilità di ricorrere ad altri metodi di reperimento delle risorse finanziarie necessarie (Carullo, Iudica, 1382). In altri termini, la norma non esclude che il contraente generale possa fare riferimento anche ad altre forme di finanziamento e va intesa, dunque, nel senso dell'ammissibilità, in via esplicita, del ricorso anche allo strumento obbligazionario per ottenere la disponibilità delle risorse necessarie (Gattamelata, 1393). Le obbligazioni garantite dal committente possono essere utilizzate per la costituzione delle riserve bancarie o assicurative previste dalla legislazione vigente (art. 195, comma 12). Le modalità di operatività delle garanzie sono demandate ad un decreto del MEF d'intesa con il MIT (ora MIMS (comma 12, penult. periodo)) e le garanzie prestate dallo Stato sono inserite nell'elenco allegato allo stato di previsione del MEF (comma 13, ult. periodo). Le garanzieFin dall'introduzione della disciplina in tema di contraente generale, allo scopo di evitare il rischio che l'ampiezza dei compiti attribuiti al contraente generale e la libertà di forme e procedure della relativa attività finissero con l'attribuire al committente un ruolo di secondo piano, si è resa necessaria la predisposizione di un adeguato sistema di garanzie a vantaggio dello stesso (in questa logica, il d.lgs. n. 190/2002 prevedeva che il contraente generale dovesse prestare la garanzia globale di esecuzione (all'epoca prevista dall'art. 30, comma 7, della l. n. 109/94, ma non ancora istituita) e nelle more della sua attivazione la garanzia di buon adempimento, prevista in generale per la generalità degli appalti di lavori). Nel Codice del 2016, è stabilito che il contraente generale presti la c.d. garanzia di esecuzione disciplinata dall'art. 104. Questa disposizione (sotto la rubrica Garanzie per l'esecuzione di particolare valore) prevede che per «gli affidamenti a contraente generale di qualunque ammontare e, ove prevista dal bando o dall'avviso di gara, per gli appalti di ammontare a base d'asta superiore a 100 milioni di Euro», il soggetto aggiudicatario presenti sotto forma di cauzione o di fideiussione rilasciata dai soggetti autorizzati ai sensi della disciplina vigente (v. art. 93, comma 3), in luogo della garanzia definitiva prevista dall'art. 103, a) una garanzia dell'adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall'eventuale inadempimento denominata «garanzia di buon adempimento»; b) ed una garanzia di conclusione dell'opera nei casi di risoluzione del contratto, denominata «garanzia per la risoluzione». La garanzia di buon adempimento è prestata nella misura fissa del 5 per cento dell'importo contrattuale (senza che possa assumere alcuna rilevanza l'entità del ribasso); la garanzia per la risoluzione viene è prestata per un importo pari al dieci per cento dell'importo contrattuale, fermo restando il massimale di 100 milioni di Euro. Questa garanzia copre, nei limiti dei danni effettivamente subiti, i costi per le procedure di riaffidamento sostenuti dal committente e l'eventuale maggiore costo tra importo del contratto originario e di quello oggetto di riaffidamento, a cui sono sommati gli importi dei pagamenti già effettuati o da effettuare in base agli stati di avanzamento (v. commento all'art. 104). La norma costituisce la disciplina generale per il contraente generale, mentre ha un ambito di applicazione limitato agli appalti (di lavori) di importo importo superiore ai 100 milioni di Euro (Carullo, Iudica, 915). In realtà, il riferimento agli affidamenti a contraente generale di qualunque importo è riconducibile ad un difetto di coordinamento della disposizione che – ancorata alla primigenia versione del Codice, che consentiva il ricorso al contraente generale per appalti di qualsiasi importo – non tiene conto delle modifiche intervenute all'art. 195 che fissa la soglia minima di 100 milioni per l'affidamento a contraente generale. Sicché non vi è più alcuna differenza, quanto all'ambito di applicazione delle garanzie ex art. 104, a seconda che si tratti di appalto ordinario o di ricorso al contraente generale. Nella originaria versione, la norma in commento prevedeva che la garanzia per la risoluzione dovesse comprendere la possibilità, in caso di fallimento o inadempienza del contraente generale, di far subentrare nel rapporto altro soggetto idoneo, in possesso dei requisiti di contraente generale e scelto direttamente dal garante. In realtà, non erano chiare le modalità di funzionamento della garanzia di subentro – che non trovava alcuna regolamentazione né nella norma in questione né nell'art. 104 a cui la norma stessa rinviava e che diversamente dalla disciplina previgente, non disciplinava la garanzia globale di esecuzione – con la conseguenza che, in sede di decreto correttivo, la possibilità di subentro di un terzo è stata eliminata (De Nictolis). Secondo altri, la possibilità per il garante di indicare il terzo che assumendo il ruolo di supplente portasse a conclusione i lavori, costituiva una rilevante deroga al principio dell'evidenza pubblica che poteva trovare una giustificazione nell'esigenza di realizzazione dell'opera pubblica e di tutela del soggetto aggiudicatore (Carullo, Iudica 1383). Non sono mancate critiche sull'impostazione della norma che, di fatto, escludeva il soggetto aggiudicatore dalla scelta del nuovo contraente generale (Gattamelata, 1393). Questioni applicative1) Il dibattito sulla natura del contraente generale La natura giuridica dell'affidamento a contraente generale costituisce, da sempre, questione particolarmente dibattuta, per quanto il dato letterale che, sin dalla l. n. 443/2001, richiamava il concetto della esecuzione con qualsiasi mezzo (che le direttive Europee associano alla definizione di appalto di lavori) fosse sufficientemente esplicito in ordine alla volontà di attrarre tale fattispecie nell'ambito della disciplina in tema di lavori. Il dato testuale dovrebbe consentire di fugare buona parte dei dubbi qualificatori sollevati: infatti, a meno di non volere disattendere del tutto il tenore letterale, se ne dovrebbero ora trarre le conclusioni della riconducibilità dell'istituto nell'ambito della nozione di appalto di lavori (Lattanzi, 2725). Nonostante ciò, le opinioni sono state spesso divergenti. Ci si è domandati, in particolare, se la possibile attrazione dell'affidamento a contraente generale nell'ambito della disciplina sui lavori pubblici non debba essere più correttamente superata a vantaggio di altre figure contrattuali. In sostanza, se, da un lato, deve escludersi che il contraente generale possa essere ricondotto nello schema della concessione di committenza, connotata da un'obbligazione di mezzi e non di risultato; dall'altro, è stato evidenziato come la complessità della prestazione imponga di valutare la sua eventuale riconducibilità ad altre fattispecie negoziale rispetto agli appalti di lavori. La eterogeneità delle prestazioni affidate al contraente generale e la commistione tra di esse consente di identificare nella figura del contraente generale una ipotesi di collegamento negoziale (Salvatore, 76, secondo cui «le parti.... sono libere di dare vita, in tempi diversi, a distinti contratti i quali caratterizzandosi ciascuno in funzione della propria causa e quindi caratterizzando ciascuno la rispettiva individualità giuridica, possono essere variamente collegati tra loro in un rapporto di dipendenza o di interdipendenza teleologica in vista della realizzazione di un determinato regolamento di interessi; contra Chirulli, 959). Il rapporto soggetto aggiudicatore-general contractor andrebbe ricondotto, secondo taluni nello schema del mandato ai sensi dell'articolo del 1702 c.c. Secondo questa ricostruzione, la qualificazione del contratto concluso con il contraente generale come appalto di lavori non sarebbe del tutto coerente con la finalità che la norma intenderebbe perseguire, vale a dire quella di individuare un soggetto terzo che provveda, in nome proprio, a porre in essere una serie di atti giuridici, i risultati dei quali saranno poi trasferiti all'amministrazione (Protto, 14). Gli atti giuridici che detto soggetto deve compiere si risolvono in veri e propri contratti, il cui costo potrà essere sostenuto alternativamente, dall'amministrazione ovvero dal soggetto agente, che avrà dovuto provvedere, in precedenza, alla relativa provvista finanziaria. In sostanza, con l'affidamento a contraente generale, «una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto di un'altra (atti giuridici che possono avere a oggetto anche negozi traslativi della proprietà)» e la disciplina di riferimento, ai fini dell'individuazione del general contractor, dovrebbe essere quella in tema di servizi. Inoltre, nel caso in cui l'attività del general contractor non fosse limitata al solo compimento di atti giuridici in luogo del committente, ma dovesse anche comprendere l'esecuzione diretta delle attività, il contratto assumerebbe natura mista e ad esso sarebbe applicabile la disciplina dei lavori o dei servizi sulla base del criterio della prevalenza economica dei lavori e dei servizi (Protto, 16). Tale ricostruzione non sembra in realtà, condivisibile per più di una ragione: in primo luogo, la descritta impostazione finirebbe con l'attribuire una diversa qualificazione giuridica al contratto (come appalto di servizi) ovvero misto di servizi e lavori a seconda che il contraente generale non esegua ovvero esegua in proprio parte dei lavori. La qualificazione del contratto dipenderebbe, pertanto, da scelte effettuate in sede esecutiva da parte del contraente generale e non dalle oggettive caratteristiche del contratto. In secondo luogo, essa trascura di considerare che il corrispettivo del contraente generale comprende anche l'attività di esecuzione dei lavori (a conferma del fatto che, quand'anche a ciò non provveda direttamente il contraente generale, non si può ritenere che esso si limiti esclusivamente a porre in essere atti giuridici in conto terzi). Secondo altra ricostruzione, il rapporto tra contraente generale e soggetto aggiudicatore sarebbe riconducibile nell'ambito della categoria dei c.d. contratti misti (v. ora art. 28 del Codice). Vi sarebbe, cioè, la compresenza di un legame teleologico tra i vari negozi con la sostanziale atipicità del modello di volta in volta prescelto dall'esecutore dell'opera (Cintioli, 75). In tal caso, l'assetto del rapporto e la disciplina applicabile dipenderebbero, in larga misura, dalle scelte concrete e dalla fantasia degli operatori. Questa impostazione mostra i suoi limiti proprio ove la si ponga a confronto con la disciplina Europea che, da un lato (art. 2, n. 6, lett. c), direttiva 2014/24/UE e art. 5, n. 7, direttiva 2014/25/UE), qualifica come appalto di lavori tutti i contratti il cui risultato ultimo sia l'esecuzione di un'opera. Dall'altro, con riguardo a contratti caratterizzati dalla coesistenza di prestazioni di diversa natura (lavori, forniture e servizi), attribuiva rilevanza decisiva, ai fini della individuazione della disciplina in concreto applicabile, al criterio della prevalenza funzionale di una prestazione rispetto all'altra (e cioè all'obiettivo finale al cui raggiungimento il contratto è preordinato, dovendosi applicare la disciplina applicabile alla prestazione che, tra le altre, costituisce l'oggetto principale dell'appalto). Ed in questo quadro, non sembra potersi dubitare che, ai fini della disciplina comunitaria applicabile in tema di scelta del contraente, l'affidamento a general contractor, per quanto obiettivamente caratterizzato dalla compresenza di prestazioni di natura diverse, debba essere ricompreso nell'ambito della nozione di appalto di lavori, con conseguente applicazione dei pertinenti principi comunitari e nazionali. In questa prospettiva, prevalente è stata l'opinione di chi, sin dall'inizio, riconduce la figura dell'istituto del general contractor nella nozione di appalto di lavori (Montedoro, Di Pace, 191; Galli, 349; Pascucci, Tomei, 69; Sancetta, 222). Le diverse prestazioni che caratterizzano l'oggetto contrattuale dell'affidamento a contraente generale (quali ad esempio, quella di prefinanziare, in tutto o in parte, l'opera) non sono in grado di alterare la struttura sostanziale del sinallagma contrattuale che è appunto quello della realizzazione di un'opera secondo modalità esecutive non precedentemente determinate a fronte del pagamento di un prezzo (Santi, 1530). La qualificazione del contraente generale come lavori ha il pregio di trovare un'espressa conferma normativa e individua la principale obbligazione del contraente che è quella di realizzare le opere ad esso affidate. Questa qualificazione, tuttavia, si scontra con la genericità della formulazione delle direttive che non perseguono scopi sistematici quanto la finalità di equiparare, a fini di uniformità di disciplina, fattispecie diverse (Caringella, Protto, 1086). In realtà e a distanza di venti anni dalla positivizzazione dell'istituto, si può ritenere che la dibattuta questione in merito alla qualificazione giuridica dell'istituto del contraente generale, oltre ad essere fine a sé stessa, sia priva di reale interesse pratico. Le diverse tesi sono, a ben vedere, tra di loro nella sostanza conciliabili, ove le si inquadri in una giusta prospettiva: altro è, infatti, ricondurre, sulla base di determinati indici rilevatori, una data fattispecie contrattuale nel novero di una data categoria giuridica al fine di poterne definire la disciplina ad essa, in concreto, applicabile (ed in questo quadro, non è dubbio che l'affidamento a contraente generale debba rientrare – così come esplicitato dalla stessa disciplina – nel terzo sottotipo di contratto di appalto della lavori (realizzazione con qualsiasi mezzo)). Altro è, invece, valutare le caratteristiche intrinseche di una fattispecie negoziale ai fini di un suo inquadramento dommatico, ed in questa logica, la eterogeneità delle attività traferite al contraente generale (tra cui le attività di tipo pubblicistico propedeutiche all'avvio delle opere, la progettazione esecutiva) giustificano ed inducono a ritenere corretta la qualificazione del contratto in questione come contratto misto così come non si può negare anche la presenza di una componente propria del contratto di mandato. 2) Il contraente generale: appalto o concessione? Sufficientemente definiti sono anche i profili di distinzione e differenziazione della figura del contraente generale rispetto al concessionario di lavori pubblici. Per quanto non manchino profili di possibile sovrapposizione tra i due istituti, al contraente generale, cui compete anche il prefinanziamento dell'opera, non è affidata alcuna attività di gestione. A differenza del concessionario, non assume alcun rischio connesso alla gestione dell'opera, non essendo chiamato ad ottenere un ritorno economico dall'attività di sfruttamento economico e funzionale dell'opera. L'elemento distintivo, come si è detto, è quindi costituito dall'assenza del rischio di gestione, legato all'investimento effettuato o ai capitali investiti. Per quanto negli appalti pubblici parte dei rischi sia a carico del contraente, e per quanto nel caso del contraente generale, tali rischi siano maggiormente ampi in considerazione della maggiore estensione dei compiti ad esso attribuiti (ivi compreso il prefinanziamento dell'opera), manca, comunque l'alea legata all'aspetto finanziario dell'operazione, che si potrebbe definire «rischio economico«, propria del fenomeno delle concessioni. Questo tipo di rischio, infatti, che dipende direttamente dai proventi che il concessionario può trarre dalla fruizione dell'opera realizzata, costituisce elemento per distinguere le concessioni dagli appalti pubblici. Il pagamento del prezzo sia pure posticipato almeno in parte all'ultimazione delle opere, contribuisce ad avvicinare la figura del contraente generale a quella dell'appaltatore differenziandolo sia rispetto al concessionario sia rispetto al promotore, potendo il contraente generale contare «sulla piena remunerazione dell'opera, della quale anticipa solamente i costi di realizzazione e di cui comunque non svolge la gestione, potendo al più individuare i soggetti gestori» (Chirulli, 957). Alla circostanza che elemento caratterizzante della concessione sia l'affidamento delle attività di esercizio e sfruttamento sul piano economico e funzionale dell'opera, si riconnette l'ulteriore elemento distintivo tra contraente generale e concessionario: quest'ultimo, dovendo ricavare il proprio utile attraverso i proventi della gestione, è proprietario delle opere per tutta la durata della gestione stessa; queste, infatti, vengono, trasferite al concedente solo alla scadenza della concessione. Il contraente generale opera in nome e per conto proprio, diversamente dal concessionario che, invece, opera in nome proprio, ma per conto del committente. Alla prova dei fatti, all'istituto del contraente generale potrà essere fatto ricorso anche per la realizzazione di opere insuscettibili di gestione e di applicazione di tariffe all'utenza, opportunità, questa, invece, preclusa nel caso della concessione di costruzione e gestione. L'assenza di attività di gestione – oltre alla centralità, comunque, assunta dalla realizzazione di lavori – vale, dunque, a differenziare l'affidamento a contraente generale dalla concessione di servizi. Sono anche chiari gli elementi di differenziazione con la concessione di committenza, al quale il contraente generale è stato pure assimilato, in una prospettiva che valorizza attività quali la raccolta dei finazianziamenti, l'acquisizione delle aree, l'individuazione degli esecutori. Il contraente generale, infatti, a differenza della concessione di committenza (nella sostanza, oggi, riconducibile nello schema del contratto di appalto di servizi), si assume l'obbligazione di realizzazione dell'opera, mentre la concessione di committenza è considerata solo un'obbligazione di mezzi (Caringella, Protto, 1032). Problemi attualiContraente generale e responsabilità erariale: presupposti e limiti Al contraente generale, l'amministrazione affida la realizzazione di un'opera nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto definitivo, redatto dalla stazione appaltante e posto a base di gara a fronte di un corrispettivo in denaro pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori. Ciò premesso, il contraente generale assume anche compiti che altrimenti graverebbero sulla stazione appaltante (ad esempio, nella precedente disciplina, lo sviluppo del progetto definitivo e le attività tecnico-amministrative occorrenti per pervenire alla relativa approvazione da parte del CIPE; l'acquisizione delle aree di sedime; la progettazione esecutiva; il prefinanziamento; la eventuale selezione dei soggetti gestori, ecc.). In questo quadro, al di là delle diverse posizioni assunte in dottrina in merito alla natura giuridica del contraente generale, l'esplicita attribuzione a quest'ultimo della realizzazione con qualsiasi mezzo (v. ora art. 194, comma 1) comporta incontestabilmente l'assunzione a suo carico di un'obbligazione di risultato, potendosi convenire sulla possibilità che, al pari del concessionario, il contraente generale, per le funzioni attribuitegli nell'iter che conduce alla realizzazione di un'opera pubblica venga, sotto certi aspetti, ad assumere la veste di agente dell'amministrazione, con la conseguente instaurazione di un rapporto di servizio idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei Conti in controversie avente ad oggetto il risarcimento del danno erariale per violazione di obblighi previsti dalla legge o dal contratto. Si rende pertanto necessario ai fini del riparto di giurisdizione distinguere, in relazione alle specifiche attività, che in concreto si cumulano nel contraente generale. Qualora, il presunto danno sia riconducibile alla violazione di doveri pubblicistici afferenti alle attività svolte come «agente dell'amministrazione pubblica», la cognizione dell'azione di responsabilità intentata dall'ente pubblico rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti; nel caso in cui, invece, il pregiudizio provocato dal contraente generale derivi dall'inadempimento delle obbligazioni poste a carico del contraente generale come «controparte contrattuale dell'amministrazione pubblica» così da squilibrare il sinallagma contrattuale (o anche da mero illecito extracontrattuale), la cognizione dell'azione di responsabilità o risarcitoria spetta alla cognizione del giudice ordinario, in ragione della mancanza dell'esercizio di poteri pubblicistici tale da far sorgere un temporaneo rapporto di servizio (Cass. S.U., ord. n. 486/2019; Cass. S.U., ord. n. 10231/2017; Cass. S.U., n. 16240/2014). In questa prospettiva, è stata eslcusa la giurisdizione della Corte dei Conti in relazione al danno che sarebbe stato procurato dal contraente generale per i disservizi e i ritardi nella realizzazione di un'opera in conseguenza delle numerose varianti pretesamente illegittime che il contraente generale avrebbe contribuito ad elaborare: in tal caso, infatti, quest'ultimo avrebbe agito come affidatario dell'opera nella veste di controparte progettuale, senza esercitare alcuna funzione oggettivamente pubblica per la quale possa assumersi un suo inserimento nell'organizzazione pubblica sì da poter assumere la veste di agente dell'amministrazione (Cass. S.U., ord. n. 486/2019). La giurisdizione per gli affidamenti a contraente generale Gli atti relativi alle procedure per l'affidamento al contraente generale posti in essere da uno dei soggetti tenuti all'applicazione del codice dei contratti sono impugnabili esclusivamente mediante ricorso presso il Tribunale amministrativo competente entro il termine di 30 giorni, rimanendo esclusa la possibilità del ricorso straordinario al Capo dello Stato. Allo stesso modo, ricadono nel novero della giurisdizione amministrativa, le controversie relative alle attività espropriative, nel caso in cui il contraente generale si sia avvalso della delega di cui all'art. 6, comma 8, del d.P.R. n. 327/2001, ricorrendo in tal modo ai poteri di stampo publicistico del committente. Rientrano nella giurisdizione del Giudice amministrativo anche le controversie relative alle procedure per l'affidamento a terzi di tutto o parte dei lavori contarttuali se il contraente generale è una amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore (v. art. 194, comma 6). È tuttavia previsto un regime speciale con riguardo alla tutela cautelare e alla eventuale dichiarazione di inefficacia del contratto in relazione agli affidamenti aventi per oggetto la realizzazione di c.d. infrastrutture strategiche. Più in particolare, «in sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure» (art. 125, comma 2, del d.lgs. n. 104/2010). Così come, ad eccezione delle ipotesi di c.d. gravi violazioni alla disciplina sull'affidamento dei contratti pubblici delineate all'art. 121 c.p.a. (ad es., affidamento senza previa pubblicazione del bando e violazione del periodo di c.d. stand still), «l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente» (art. 125, comma 3, del d.lgs. n. 104/2010). In sostanza, considerata la particolare rilevanza degli interessi pubblici sottesi alla celere realizzazione dell'opera, vi è, in una qualche misura, un contenimento della tutela giurisdizionale cautelare e risarcitoria in forma specifica (v. commento all'art. 125 del d.lgs. n. 104/2010). BibliografiaAmorosino, Il sistema delle ferrovie ad alta velocità nell'esperienza amministrativa italiana, Riv. trib. app., 1996; Basile, Contratto per le grandi infrastrutture (general contractor) (ad vocem), Enc. dir., Annali, II, Milano 2007; Botto, Contratto per le grandi infrastrutture (Profili Amministrativi) (ad vocem) Enc. dir., Annali, I, Milano 2007; Caringella, Protto, Codice e regolamento unico dei contratti pubblici, Roma, 2011; Carullo, Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Milano, 2018; Chirulli, L'affidamento a contraente generale, in Franchini (a cura di) I contratti con la pubblica amministrazione, Torino, 2007; Cintioli, Profili ricostruttivi del general contractor, in Giust. amm., 2000; Damonte, Galli, Il contraente generale, Milano, 2005; De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Torino, 2017; Galli, Le infrastrutture strategiche e gli insediamenti produttivi, in De Nictolis (a cura di), I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, vol. II, Milano, 2007; Gattamelata, L'istituto del contraente generale, in Clarich (a cura di) in Commentario al Codice dei contratti pubblici, Torino, 2019; Giuffrè, Sterrantino, Le nuove norme sulle opere infrastrutturali: interpretazioni e indicazioni operative, Rimini, 2003; Lattanzi, Contraente generale, in Garofoli, Ferrari, Codice dei contratti pubblici, Molfetta, 2017; Martinat, Relazione introduttiva al Convegno, Una scommessa per il futuro delle infrastrutture, in Nuova Rassegna, 2002; Mascolini, L'affidamento a contrante generale, in I contratti dello Stato e degli enti pubblici, 2004; Montedoro, Di Pace, Gli appalti di opere, Milano, 2003; Parisi, L'affidamento a contraente generale: caratteri e utilità dell'istituto, in Urbanistica e Appalti, 2020; Protto, Legge Obiettivo: arriva il General Contractor e dilaga la super DIA, in Urb e app., 2002; Salvatore, La nuova figura del general contractor, in Trib. amm. reg., 2002; Sancetta, Il contraente generale: clamori di novità e pragmatismo delle scelte legislative, in Riv. corte conti, 2005, 222; Santi, Commento all'art. 6, in AA.VV. La realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, in Le nuove leggi civili commentate, 2003; Villa, Brevi considerazioni in ordine al sistema di qualificazione del general contractor ed all'efficacia delle relative attestazioni, in Riv. trim. app., 2005. |