Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 121 - Inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni 1Inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni 1 1. Il giudice che annulla l'aggiudicazione o gli affidamenti senza bando di cui al comma 2 dell'articolo 120 dichiara l'inefficacia del contratto nei seguenti casi: a) se l'aggiudicazione è avvenuta senza pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara [nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana,] quando tale pubblicazione è prescritta dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022; b) se l'aggiudicazione è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l'omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara [nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana,] quando tale pubblicazione è prescritta dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022; c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall'articolo 18 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022, qualora tale violazione abbia impedito al ricorrente di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento; d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l'aggiudicazione, ai sensi dell'articolo 18, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento. 2. Il giudice precisa, in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante o dell'ente concedente e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o se essa opera in via retroattiva. 3. Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1, qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse a un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l'altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall'esecutore attuale. Gli interessi economici sono presi in considerazione come esigenze imperative solo quando l'inefficacia del contratto condurrebbe a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l'altro i costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia. 4. A cura della segreteria, le sentenze che provvedono in applicazione del comma 3 sono trasmesse alla Presidenza del Consiglio dei ministri -Dipartimento per le politiche europee. 5. Quando, nonostante le violazioni, il contratto è considerato efficace o l'inefficacia è temporalmente limitata, si applicano le sanzioni alternative di cui all'articolo 123. 6. La inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettere a) e b), non si applica quando la stazione appaltante o l'ente concedente ha seguito la seguente procedura: a) con atto motivato anteriore all'avvio della procedura di affidamento ha dichiarato che la procedura senza pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara [nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana] è consentita dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022; b) rispettivamente per i contratti di rilevanza europea e per quelli sotto soglia, ha pubblicato [nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea oppure nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana] un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell'articolo 86 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022, in cui manifesta l'intenzione di concludere il contratto; c) il contratto non è stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso di cui alla lettera b) [1] Articolo sostituito dall'articolo 209, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, come modificato dall'articolo 61, comma 1, lettere a) e b), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. InquadramentoIl Codice del processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104) disciplina specificamente le sorti del contratto a seguito dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione dichiarata illegittima: dalla caducazione dell'atto di scelta del contraente, invero, può seguire, nei casi e con le modalità contemplate dalla legge, l'inefficacia del contratto stipulato tra l'amministrazione ed il privato contraente. Il tema della sorte del contratto pubblico a valle dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione è particolarmente delicato in quanto coinvolge una pluralità di interessi tra loro contrapposti: in primo luogo emerge l'interesse alla certezza e alla stabilità dei rapporti contrattuali di cui sia parte la P.A.; in secondo luogo si rinviene l'interesse del ricorrente a una tutela effettiva della propria posizione giuridica, che possa consentirgli di ottenere il bene della vita ambito ossia, nella maggior parte dei casi, il subentro nel rapporto contrattuale medio tempore instaurato; in terzo luogo si consideri il contrapposto interesse dell'aggiudicatario, a cui potrebbero risultare non imputabili le illegittimità poste in essere dall'amministrazione e che subirebbe un danno qualora il rapporto contrattuale instaurato fosse privato di efficacia (Caringella, Giustiniani). L'ultimo approdo legislativo della questione si è registrato con il Codice del processo amministrativo, con particolare riferimento agli artt. 121 e ss.; si tratta, anche in questo caso, di una disciplina introdotta nel nostro ordinamento (a mezzo del d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53) per dare esecuzione alla c.d. «Direttiva Ricorsi» n. 2007/66/CE, originariamente inserita nel vecchio Codice dei contratti pubblici (artt. 245-bis e 245-ter, d.lgs. n. 163/2006) e poi trasfusa nel Codice del processo amministrativo. L'impianto normativo è caratterizzato dai seguenti elementi: i) la previsione dei casi di grave violazione da cui consegue ordinariamente l'inefficacia del contratto (art. 121, comma 1, c.p.a.) nonché, in via eccezionale, l'applicazione delle sanzioni alternative in luogo della declaratoria di inefficacia del negozio (commi 2 e 4); ii) la previsione, per i casi di violazioni meno gravi, di un regime sanzionatorio alternativo alla declaratoria di inefficacia (artt. 122 e 123 c.p.a.); iii) la possibilità di ottenere, in luogo della tutela in forma specifica – i.e. l'attribuzione dei beni della vita «aggiudicazione» e «contratto» – la tutela per equivalente (art. 124 c.p.a.). In buona sostanza, il legislatore italiano ha assegnato al giudice amministrativo che annulli un'aggiudicazione definitiva il potere di decidere se dichiarare o meno inefficace il contratto medio tempore stipulato. L'inefficacia del contratto pubblico non è quindi conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione, ma determina unicamente il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti. Si tratta di un'inefficacia c.d. ‘a geometrie variabili', in quanto “la sua operatività cambia – a valle – a seconda della maggiore o minore gravità delle violazioni commesse – a monte – dalla stazione appaltante nel procedimento di selezione del contraente e accertate dal giudice in sede processuale» (Caringella, Giustiniani). A un primo esame della disciplina, deve osservarsi che alla dichiarazione di inefficacia del contratto pare attribuita una funzione latamente sanzionatoria. In altri termini, l'inefficacia del contratto sembra costituire una vera e propria sanzione che consegue alle ipotesi di gravi violazioni. Una tale ricostruzione desta numerose perplessità circa la compatibilità di tale impianto normativo con la disciplina che nel nostro ordinamento giuridico regola l'efficacia e la validità del contratto. L'inefficacia del contratto, invero, dipende da un fatto patologico o da una condizione apposta dalle parti: tutti elementi, in ogni caso, che attengono alla struttura del negozio. La previsione che consente al giudice amministrativo di dichiarare l'inefficacia solo in taluni casi, viceversa, introduce nel nostro ordinamento una species di inefficacia che non dipende da un vizio del contratto o da una condizione posta dalle parti, ma da un fatto esterno che non ha alcuna rilevanza strutturale per il negozio. La nuova disciplina sembra dunque recare un nuovo tipo di inefficacia del contratto, distinto ed autonomo rispetto a quello disegnato dal sistema civilistico. Si tratta peraltro di una divergenza facilmente comprensibile alla luce delle peculiarità della fattispecie in esame, in cui la vicenda negoziale dipende da una precedente vicenda provvedimentale, espressione della potestà di imperio dell'autorità amministrativa contraente. Per questa via, il legislatore ha risolto una questione che per lungo tempo aveva affaticato la giurisprudenza, la quale optava alternativamente per una definizione di nullità, di annullabilità, di inefficacia tout court o persino di caducazione automatica, riconoscendo talora la giurisdizione del giudice ordinario in luogo di quella del giudice amministrativo (Giustiniani, Fontana). Le disciplina delle sorti del contratto nei casi di annullamento dell'aggiudicazione è recata nel nostro ordinamento dagli artt. 121 e ss. c.p.a. ed affonda le sue radici nella c.d. Direttiva Ricorsi, che ha imposto di graduare le ipotesi di violazioni del diritto Eurounitario, stabilendo in quali casi si dovesse necessariamente prevedere – salvo deroghe tassative – una declaratoria di privazione di effetti del contratto, e in quali casi invece spettasse al diritto nazionale stabilire l'eventuale inefficacia dei contratti stipulati. Per quanto interessa specificamente in questa sede, l'art. 121 c.p.a. individua le ‘gravi violazioni' da cui far conseguire, in via ordinaria e fatte salve le eccezioni espressamente contemplate, l'inefficacia del contratto. In presenza di tali ‘gravi violazioni', la norma conferisce la competenza a dichiarare l'inefficacia del contratto medio tempore stipulato al giudice amministrativo che abbia annullato l'aggiudicazione. Alla discrezionalità del giudice amministrativo è rimessa l'eventuale decisione di limitare la declaratoria di inefficacia alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o di disporla in via retroattiva, sulla base delle deduzioni delle parti nonché della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto. Le gravi violazioni a cui consegue l'inefficacia del contrattoAi sensi dell'art. 121 c.p.a., le ipotesi di ‘gravi violazioni' destinate a comportare in via ordinaria l'inefficacia del contratto sono le seguenti: a) «se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163»; b) «se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l'omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163»; c) «se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall'art. 11, comma 10, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento»; d) «se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l'aggiudicazione definitiva, ai sensi dell'art. 11, comma 10-ter, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento». Nel testo dell'articolo in esame si fa ancora riferimento al vecchio Codice di cui al d.lgs. n. 163/2006, ma si deve evidentemente ritenere che tale rinvio debba automaticamente intendersi riferito al d.lgs. n. 50/2016. Le ‘gravi' violazionì indicate nell'art. 121 c.p.a. sono considerate tali in quanto recano un vulnus al principio Eurounitario della libera concorrenza. Esse investono infatti le procedure selettive espletate in maniera difforme dalla previsione normativa astratta – cd. violazione della concorrenza in astratto, lett. a) e b) – e la violazione dello stand still procedimentale e processuale – cd. violazione della concorrenza in concreto, lett. c) e d) – con possibile compromissione dell'interesse del ricorrente a diventare aggiudicatario, in via diretta oppure attraverso la partecipazione a una nuova selezione indetta nel rispetto delle regole. Nei paragrafi che seguono, sarà esaminata ciascuna delle ipotesi di gravi violazioni previste dalla norma, con le relative questioni applicative maggiormente rilevanti. L'omessa pubblicazione del bando o dell'avviso con cui si indice una gara Le prime due lettere dell'art. 121 c.p.a. compendiano le ipotesi di omessa pubblicazione del bando o dell'avviso con cui si indice una gara, anche attraverso l'utilizzo ‘surrettizio' di procedure negoziate o di affidamenti diretti al di fuori dei casi previsti dalla normativa vigente. Si tratta in entrambi i casi di violazioni afferenti a una carenza di trasparenza della stazione appaltante, in grado di minare alla radice la correttezza delle procedure di gara. In particolare, l'ipotesi prevista dalla lett. a) si configura come una diretta violazione di legge, posto che l'aggiudicazione si riferisce ad un procedimento che richiede ex se la pubblicazione del bando o dell'avviso. L'ipotesi prevista dalla lett. b), invece, configura un caso di elusione della disciplina in materia di pubblicazione del bando, richiamando tutte le fattispecie nelle quali l'aggiudicazione segua ad una procedura che, pur non contemplando la pubblicazione del bando, non sia quella imposta dalla legge per quella determinata fattispecie. È quanto accade, in particolare, nelle ipotesi in cui, con la finalità di eludere la disciplina che impone la pubblicazione del bando, l'amministrazione pone in essere una procedura negoziata senza bando al di fuori dei casi in cui ciò sia espressamente consentito. L'omessa pubblicità del bando o avviso di indizione di gara costituisce il vizio più radicale del procedimento di affidamento, in quanto mina in radice la conoscibilità della procedura e dunque l'apertura della stessa alle opportunità offerte da un mercato concorrenziale (Giustiniani, Fontana). Tale violazione erode i principi stessi che regolano il procedimento dell'evidenza pubblica predisposto per la selezione del contraente privato, con conseguente deminutio dell'interesse pubblico principale di cui è portatrice l'amministrazione procedente. Una precisazione appare tuttavia necessaria in relazione all'espressione «avviso con cui si indice una gara». Mentre la direttiva comunitaria si riferisce soltanto all'omissione di bandi e avvisi nei casi in cui siano prescritti dal diritto Eurounitario, il legislatore nazionale ha infatti ricompreso in tale nozione anche l'omissione di bandi e avvisi che siano prescritti dal diritto nazionale e che non trovino corrispondenza nel diritto Europeo. Diversamente, l'art. 121 c.p.a. non può applicarsi qualora – anche per il diritto nazionale – la pubblicazione di un bando non sia necessaria. In particolare, tale norma non può essere applicata nei casi in cui la stazione appaltante abbia correttamente utilizzato lo strumento della procedura negoziata senza bando ex art. 1, comma 2, lett. b) del d.l. n. 76/2020 (c.d. decreto 'Semplificazioni', convertito con l. n. 120/2020), ricorrendone i presupposti di legge. La violazione dello stand still Anche le violazioni indicate alle lett. c) e d) possono essere commentate sotto un'unica voce. Esse si riferiscono all'ipotesi in cui il contratto venga stipulato senza aver rispettato i due periodi di stand-still previsti dall'art. 32 del d.lgs. n. 50/2016. L'art. 32, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, prevede infatti che l'amministrazione non possa stipulare il contratto prima che siano trascorsi 35 giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione, eccezion fatta per i casi di cui al successivo comma 10. L'art. 32, comma 11, d.lgs. n. 50/2016, prevede altresì che – qualora venga proposto ricorso giurisdizionale avverso l'aggiudicazione con contestuale domanda cautelare – l'amministrazione non possa stipulare il contratto prima che sia emesso il provvedimento cautelare di primo grado o prima che sia pubblicato il dispositivo della sentenza di primo grado eventualmente pronunciata in sede di udienza cautelare, e comunque prima che siano trascorsi 20 giorni dal momento della notificazione dell'istanza cautelare alla stazione appaltante (c.d. ‘sospensione obbligatorià). Si tratta di termini dilatori preposti a «garantire il diritto ad un esercizio utile della tutela giurisdizionale dei privati di fronte ad una aggiudicazione reputata illegittima» (Caringella, Giustiniani). La violazione di tali termini costituisce ‘grave violazione' ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 121 c.p.a. qualora concorrano le seguenti due condizioni: i) la violazione del termine dilatorio abbia cagionato un pregiudizio effettivo alle possibilità di difesa del ricorrente, precludendo a quest'ultimo la possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto; ii) la violazione del termine dilatorio si sia aggiunta a ulteriori vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, influendo quindi sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento. In altri termini, il termine dilatorio è considerato ‘servente' rispetto alla tutela giudiziale e all'effettività della pronuncia che accoglie il ricorso per vizi dell'aggiudicazione, con la conseguenza che la sola violazione del termine non può giustificare ex se né l'annullamento dell'aggiudicazione medesima, né tantomeno l'inefficacia del contratto (Giustiniani, Fontana). In definitiva, dunque, prima di dichiarare l'inefficacia del contratto, il giudice deve compiere un giudizio prognostico sull'effettiva lesione dell'interesse legittimo del ricorrente, verificando se il ricorrente avrebbe potuto ottenere l'aggiudicazione, ove essa fosse stata legittima e ove fosse stato rispettato lo stand still: soltanto in quel caso potrà (rectius: dovrà) pronunciare la declaratoria di inefficacia del contratto (T.A.R. Lazio Roma III, n. 107/2018). La qualificazione della violazione dello stand-still period in termini di violazione grave, alla quale riconnettere l'inefficacia del contratto, è coerente con la ratio che informa l'istituto della sospensione. Lo stand still è finalizzato ad evitare che la stipulazione del contratto possa pregiudicare il ricorrente, illegittimamente estromesso dalla gara, nella possibilità di ottenere il bene della vita ‘contratto'. Ne deriva, pertanto, che la sua violazione può reputarsi ‘grave' solo ove questa possibilità venga concretamente meno; in difetto, il temperamento formulato dalla norma in esame appare senz'altro ragionevole (Giustiniani, Fontana). La possibilità per il giudice di modulare temporalmente gli effetti della declaratoria di inefficacia.Si è anticipato come il giudice amministrativo, nell'atto di dichiarare l'inefficacia di un contratto pubblico, debba precisare la portata temporale della declaratoria. In buona sostanza, il giudice amministrativo che dichiari inefficace un contratto pubblico deve indicare se l'inefficacia sia limitata alle prestazioni contrattuali ancora da eseguire ovvero se operi in via retroattiva. Nell'assumere questa decisione il giudice è tenuto a operare un bilanciamento degli interessi coinvolti nel caso concreto. I criteri alla stregua dei quali operare questo bilanciamento sono dettati dalla legge e sono, invero, piuttosto elastici: il giudice infatti deve ‘modulare' la portata temporale della declaratoria di inefficacia «in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto». La previsione di questi parametri, rimessi alla valutazione del giudice, de facto produce una dilatazione degli oneri deduttivi delle parti, a cui è rimesso l'onere di prospettare al giudice circostanze che possano orientare il suo convincimento in funzione dei loro interessi (Vaccari). Le deroghe all'inefficacia del contratto in caso di gravi violazioniL'inefficacia del contratto non costituisce conseguenza indefettibile nel caso di gravi violazioni. In questo senso, l'art. 121, comma 2, c.p.a., prevede che il contratto resti efficace qualora lo richiedano (rectius: lo impongano) esigenze imperative connesse a un interesse generale. Tra dette esigenze imperative rientrano, per espressa previsione normativa, «quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall'esecutore attuale». La norma precisa inoltre che «gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara». Non costituiscono esigenze imperative «gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l'altro i costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia». In merito, giova sottolineare che l'interesse generale che impone il mantenimento del contratto per esigenze imperative è da intendersi come quello dell'intera collettività al mantenimento del rapporto negoziale in funzione della celere realizzazione dell'opera pubblica o della commessa in generale, e non come il solo interesse della stazione appaltante. A ben vedere, nella valutazione di tali esigenze imperative, la norma riconosce al giudice un margine di discrezionalità assai ampio: l'inefficacia del contratto non dipende soltanto da una mera violazione di legge, ma da una valutazione giudiziale complessa che deve tenere conto di tutti gli interessi in gioco. In altri termini, la tecnica normativa utilizzata dal legislatore è quella di limitarsi a stabilire i criteri generali, lasciando così mano libera alla giurisprudenza (e al conseguente diritto pretorio) di costruire in concreto e caso per caso le deroghe effettive alle dovute pronunce di inefficacia del contratto (T.r.g.a. Trento Sez. Unica, n. 14/2018). Nei casi in cui, nonostante le gravi violazioni, il contratto sia considerato efficace o l'inefficacia sia temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative di cui all'art. 123 c.p.a. Ulteriori deroghe alla (pressoché) automatica declaratoria di inefficacia del contratto sono previste dal comma 5 dell'art. 121 c.p.a. Nello specifico, la disposizione in esame esclude l'inefficacia del contratto per «omessa pubblicazione del bando o dell'avviso con cui si indice una gara» ove la stazione appaltante abbia posto in essere le seguenti procedure: i) «abbia con atto motivato anteriore all'avvio della procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana sia consentita dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163»; ii) «abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell'art. 79-bis del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in cui manifesta l'intenzione di concludere il contratto»; iii) «il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno 10 giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso di cui alla lett. b)». In buona sostanza, la norma in esame elenca una serie di cautele la cui adozione da parte della stazione appaltante esclude che possa farsi luogo alla declaratoria di inefficacia del contratto. Gli adempimenti previsti dall'art. 121, comma 5, c.p.a., volti a evitare la dichiarazione di inefficacia del contratto, sono succedanei agli obblighi di pubblicità e di trasparenza dei procedimenti di gara: la deroga alla disciplina generale, invero, rinviene la sua ratio nella piena equiparabilità degli incombenti volontariamente posti in essere dalla stazione appaltante a quelli previsti obbligatoriamente dalla legge. Con riferimento alla deroga di cui all'art. 121, comma 5, lett. a), si è posto un rilevante problema applicativo, che è giunto sino all'esame della Corte di giustizia dell'Unione Europea. A fronte dell'impossibilità per il giudice amministrativo – nelle ipotesi di cui all'art. 121, comma 5, lett. a) – di dichiarare l'inefficacia del contratto ai sensi dell'art. 121 c.p.a. ci si è chiesti se, nelle medesime ipotesi, il giudice possa comunque addivenire a una declaratoria di inefficacia ai sensi dell'art. 122 c.p.a. (cd. ‘inefficacia facoltativà, che il giudice può dichiarare nei casi di ‘altre violazionì diverse dalle ‘gravi violazionì di cui all'art. 121 c.p.a.). A tale domanda, in particolare, aveva risposto positivamente una nota pronuncia di primo grado (T.A.R. Lazio Roma I-ter, n. 4997/2012). Il Consiglio di Stato, tuttavia, in sede di appello (cfr. Cons. St. III, ord. n. 23/2013) ha ritenuto sul punto di disporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, la quale ha chiarito l'esatto perimetro applicativo della deroga di cui all'art. 121, comma 5, lett. a), evidenziando come l'art. 122 c.p.a. non possa essere invocato per dichiarare l'inefficacia del contratto nelle ipotesi di cui all'art. 121, comma 5, lett. a) (Corte Giust. UE, sent. 11 settembre 2014, C-19/13). Tale soluzione pare condivisibile: stante il divieto posto dall'art. 121, comma 5 – nelle ipotesi di cui all'art. 121, comma 5, lett. a) – di dichiarare l'inefficacia sulla base dell'art. 121 c.p.a., a maggior ragione deve ritenersi che tale divieto osti a una declaratoria ai sensi dell'art. 122 c.p.a, sempreché all'esito di una puntuale verifica del giudice emerga che l'amministrazione abbia tenuto una condotta diligente (Giustiniani, Fontana). Tuttavia, la Corte di giustizia ha ritenuto – con la medesima pronuncia – di muovere una ulteriore precisazione, specificando che qualora un'amministrazione abbia dichiarato con atto motivato anteriore all'avvio della procedura di ritenere che la procedura medesima potesse essere indetta senza previa pubblicazione di un bando di gara, tale dichiarazione non può ritenersi ex se sufficiente per escludere il potere del giudice di dichiarare l'inefficacia del contratto. Al contrario, il giudice amministrativo è tenuto – in tali ipotesi – a valutare se l'amministrazione nel caso concreto abbia agito con diligenza e se poteva effettivamente ritenersi che sussistessero le condizioni per seguire tale procedura. Qualora tale valutazione dia esito negativo, allora il giudice potrà (rectius: dovrà) dichiarare l'inefficacia del contratto. Qualora invece tale valutazione dia esito positivo, l'inefficacia non potrà essere dichiarata. L'impossibilità di applicare, nelle ipotesi derogatorie, le sanzioni alternative di cui all'art. 123 c.p.a.Ci si domanda peraltro se in tali ipotesi debbano trovare applicazione le sanzioni alternative previste dall'art. 123 c.p.a. (Cerbo). Nel silenzio della legge sul punto, va evidenziato che le ‘sanzionì, per loro stessa natura, sono applicabili nelle sole ipotesi previste dalla legge: di qui l'inapplicabilità per fattispecie diverse, quali quelle previste dall'art. 121, comma 5, c.p.a. In altri termini, poiché la legge prevede che le sanzioni alternative di cui all'art. 123 c.p.a. siano applicabili soltanto nei casi di cui all'art. 121, comma 4, c.p.a., non è possibile estendere in via interpretativa la loro applicabilità ai casi di cui all'art. 121, comma 5, c.p.a. In estrema sintesi, nei casi in cui siano state commesse ‘gravi violazionì ai sensi dell'art. 121 c.p.a. il giudice amministrativo dovrà: i) in via ordinaria, dichiarare l'inefficacia del contratto, precisando se tale inefficacia operi o meno in via retroattiva e, nel caso in cui l'inefficacia sia temporalmente limitata, applicare le sanzioni alternative di cui all'art. 123 c.p.a.; ii) qualora il rispetto di esigenze imperative connesse a un interesse generale imponga che gli effetti del contratto siano mantenuti, applicare le sanzioni alternative di cui all'art. 123 c.p.a. senza dichiarare l'inefficacia del contratto; iii) nelle ipotesi di cui all'art. 121, comma 5, c.p.a, non dichiarare l'inefficacia del contratto e non comminare nemmeno le sanzioni alternative di cui all'art. 123 c.p.a. (Giustiniani, Fontana). Problemi attuali
Il subentro nel contratto e il potere giudiziale di graduazione temporale: un delicato equilibrio Sappiamo alcune cose con chiarezza: a) l'inefficacia del contratto a valle dell'annullamento dell'aggiudicazione (artt. 121,122 e 133, comma 1, lett. e) c.p.a.) non è un'inefficacia rimediale da nullità, ma un'inefficacia speciale ed elastica da risoluzione giudiziale: lo dimostrano il carattere non originario e genetico della vicenda, in una con la discrezionalità valutativa del giudice; b) la giurisdizione amministrativa si estende anche all'inefficacia da annullamento in autotutela (qui però la pronuncia sul contratto è dichiarativa), non all'inefficacia del contratto di società (la disposizione è eccezionale); c) il carattere soggettivo della giurisdizione amministrativa impedisce al giudice di pronunciarsi sul contratto senza domanda; domanda che può essere proposta anche in ottemperanze e che può essere anche implicita; d) la domanda di inefficacia è implicita, in particolare, nella domanda di subentro nel contratto ex art. 124 c.p.a.. A questo punto nascono i problemi, affrontati da Cons. St. V., 786/2021, sulle modalità di subentro del ricorrente vittorioso nel contratto in parte già eseguito dall'aggiudicatario illegittimo. Nella specie, si trattava dell'ottemperanza alla sentenza di cognizione che aveva riconosciuto come bene della vita la dichiarazione di inefficacia del contratto di durata triennale in parte già consumato; la sentenza di merito, priva di carattere retroattivo, aveva lasciato in vita il contratto per la parte già eseguita dall'originaria aggiudicataria, di modo che era da escludere la volontà di assicurare il subentro per l'intera durata programmata dell'appalto (volontà che avrebbe logicamente presupposto la dichiarazione di inefficacia «ex tunc» del contratto in essere: cfr. in tale senso, Cons. St. III, n. 4831/2012). Ecco allora le osservazioni svolte dalla decisione in esame: 1) la nozione di subentro nel contratto, ricavabile sia dall'art. 122 che dall'art. 124 cod. proc. amm., non sta a significare che nel procedere alla stipulazione del contratto con il subentrante alle condizioni originariamente fissate nel bando di gara (o, meglio, a quelle offerte dallo stesso subentrante) si possa del tutto prescindere dall'esecuzione frattanto avviata, come se non fosse mai esistita «in rerum natura»; 2) è vero, infatti, che l'espressione «subentro nel contratto» può non essere intesa in senso strettamente lessicale come successione nel contratto e nel rapporto contrattuale nello stato di esecuzione in cui si trova, bensì come la situazione alternativa al rinnovo della gara, che consente di consolidare la procedura, prevedendo a favore del nuovo aggiudicatario «la possibilità di subentrare nel contratto», in modo da sostituirsi all'originario vincitore della gara nella posizione di parte contraente con la stazione appaltante per l'esecuzione della prestazione indicata nell'offerta; tuttavia, è necessario che il giudice della cognizione che si pronuncia sulla sorte del contratto tenga conto anche dello stato di esecuzione del contratto dichiarato inefficace; 3) a tale fine è rimesso al giudice disporre che oggetto del nuovo rapporto col subentrante potranno essere soltanto le prestazioni non ancora effettuate o non ancora completate al momento del subentro, per la durata contrattuale residua dell'affidamento, o determinarsi diversamente quanto alla decorrenza e/o alla durata del subentro, come pure è possibile attribuire il periodo pieno (slittato in avanti come dies a quo) dal momento del subentro quando trattasi di appalto di servizi rispondente ad esigenze di natura permanente (come accaduto nel caso oggetto della citata decisione del Consiglio di Stato, III, 12 settembre 2012, n. 4831, in cui si è data ottemperanza ad una sentenza di cognizione che aveva espressamente dichiarato il diritto al subentro nel contratto «per l'intera durata programmata dell'appalto»); 4) induce a tale ricostruzione sistematica proprio la disposizione dell'art. 122 cod. proc. amm., laddove impone di tenere conto, ai fini della dichiarazione di inefficacia del contratto (presupposto indefettibile della pronuncia di subentro, unitamente alla domanda della parte ricorrente ex art. 124 cod. proc. amm.), degli interessi delle parti e dello stato di esecuzione del contratto; 5) in sintesi, è possibile per il giudice della cognizione adottare diverse determinazioni in merito alla dichiarazione di inefficacia e al diritto al subentro del ricorrente vittorioso, che ne abbia fatto richiesta, che siano più o meno conformative della successiva attività amministrativa. Ripercorriamo a questo punto i passaggi essenziali della citata sent. 4831/2012, chiamata a pronunciarsi sul ricorso per l'ottemperanza a una decisione con cui il Consiglio di Stato aveva accolto l'istanza dell'impresa ricorrente di subentrare nel contratto pluriennale di servizi, già in corso di esecuzione, senza espressamente dichiarare inefficace «ex tunc» il contratto stipulato con l'impresa controinteressata. Nel «decisum» da ottemperare era stato dichiarato a carico della stazione appaltante «l'obbligo, a seguito di declaratoria di inefficacia della convenzione, di aggiudicare il servizio al raggruppamento appellante, con subentro nel contratto per l'intera durata programmata dell'appalto». Ecco gli snodi motivazionali che ci interessano: a) l'assenza di alcun riferimento espresso, nella sentenza da eseguire, al carattere retroattivo dell'inefficacia non è dirimente al fine di concludere per l'inefficacia «ex nunc», in quanto, al contrario, l'espressione «subentro nel contratto per l'intera durata programmata dell'appalto» implica, sul piano logico-giuridico, la previa, pur se implicita, dichiarazione di inefficacia retroattiva della pattuizione travolta dalla decapitazione dell'aggiudicazione; b) in effetti, l'espressione legale «subentro nel contratto», da concretizzare sulla scorta di una valutazione discrezionale del giudice alla stregua dei parametri di cui agli artt. 121 e 122 c.p.a., può essere intesa: b1) in senso strettamente lessicale, come «prosecuzione del servizio già avviato dal precedente appaltatore», ossia «subingresso» nella prosecuzione residuale della prestazione già avviata con altro contraente; b2) oppure, se in alternativa al rinnovo della gara è preferibile consolidare la procedura di gara, come previsione, a favore del nuovo aggiudicatario, della «possibilità di subentrare nel contratto», cioè di sostituirsi all'originario vincitore della gara nella posizione di parte contraente con la stazione appaltante per tutto il periodo programmato; c) dando linfa a questa seconda opzione, il Collegio ha nella specie dichiarato l'obbligo della stazione appaltante di stipulare con la ricorrente una nuova convenzione avente la durata di sei anni, pari all'intera durata dell'appalto messo in gara e ha dichiarato nulla la convenzione già stipulata con la medesima impresa, avente durata inferiore e pari al tempo residuo di esecuzione dell'appalto. Fin qui il modello forgiato dai giudici che hanno il privilegio di lavorare nel palazzo più bello del mondo, nel cuore della città più bello del mondo. Un modello magistrato-centrico che consegna al giudice della cognizione il potere di assegnare quale bene della vita il contratto programmato, inteso come durata (il bene è il tempo), considerando «tamquam non esset» la parte della commessa eseguita dal l'aggiudicatario senza titolo e prolungando il contratto assegnato fino a un «dies ad quem» che valica il tetto fissato dalla legge di gara. Siamo di fronte a una virtuosa giurisdizione di merito che assicura l'effettività della tutela o incombe lo spettro dell'usurpazione giudiziale del potere amministrativo, con rischio di lesione della concorrenza? Lo scopriremo solo vivendo. BibliografiaCaringella, Giustiniani, Manuale del Processo Amministrativo, II ed., Roma, 2017; Casinelli, Il subentro nel contratto disposto dal Giudice: modalità attuativa di un giudicato implicito, in Urb. e Appalti, 1/2013; Cerbo, Le «sanzioni alternative» nell'attuazione della direttiva ricorsi (e nel codice del processo amministrativo), in Urb. e Appalti, n. 8/2010; Contessa, L'autotutela amministrativa all'indomani della ‘legge Madià, in www.giustizia-amministrativa.it, 4 aprile 2018; Follieri, Le sanzioni alternative nelle controversie relative a procedure di affidamento di appalti pubblici, in Urb. e Appalti, n. 10/2011; Fontana, Gli effetti dell'autotutela amministrativa sul contratto di appalto pubblico, in www.italiappalti.it, 3 aprile 2017; Gallone, Annullamento d'ufficio e sorte del contratto, Bari, 2016; Giustiniani, Fontana, Il nuovo processo degli appalti pubblici, Roma, 2019; Giustiniani, Fontana, Il processo dei contratti pubblici dinanzi al giudice amministrativo, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Giustiniani, Fontana, I poteri di intervento del giudice amministrativo nel rapporto negoziale: la ‘tangibilità' del contratto pubblico, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Giustiniani, Fontana, Profili ricostruttivi della responsabilità precontrattuale delle P.A. alla luce delle re-centi acquisizioni giurisprudenziali, in www.italiappalti.it, 24 maggio 2018; Malanetto, La disciplina speciale dei contratti pubblici: procedure di affidamento, contratto ed esecuzione del rapporto tra diritto civile e diritto amministrativo. Problematiche attuali, in www.giustizia-amministrativa.it, 18 aprile 2018; Mininno, Appalti pubblici: l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato riconosce la tutelabilità in via risarcitoria del partecipante alla gara (note a margine di Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 5 del 4 maggio 2018), in www.lexitalia.it, n. 5/2018; Simonetti, Il contenzioso e rimedi alternativi, profili penali, tributari e responsabilità contabile, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Trimarchi Banfi, L'aggiudicazione degli appalti pubblici e la responsabilità dell'Amministrazione, in Dir. proc. amm., n. 1/2015; Vaccari, La dichiarazione di inefficacia del contratto ex artt. 121 e 122 c.p.a. come misura processuale satisfattoria, in Dir. proc. amm., n. 1/2015. |