Decreto legislativo - 30/03/2001 - n. 165 art. 19 - Incarichi di funzioni dirigenziali (A) ( Art. 19 del d.lgs n. 29 del 1993 , come sostituito prima dall' art. 11 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall' art. 13 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall' art. 5 del d.lgs n. 387 del 1998 )Incarichi di funzioni dirigenziali (A) (Art. 19 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 11 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall'art. 13 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 5 del d.lgs n. 387 del 1998) 1. Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell'incarico. Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103 del codice civile 1. 1-bis. L'amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta2(B). 1-ter. Gli incarichi dirigenziali possono essere revocati esclusivamente nei casi e con le modalità di cui all'articolo 21, comma 1, secondo periodo. [L'amministrazione che, in dipendenza dei processi di riorganizzazione ovvero alla scadenza, in assenza di una valutazione negativa, non intende confermare l'incarico conferito al dirigente, è tenuta a darne idonea e motivata comunicazione al dirigente stesso con un preavviso congruo, prospettando i posti disponibili per un nuovo incarico.] 3 2. Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti secondo le disposizioni del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell'incarico, ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni. La durata dell'incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato. Gli incarichi sono rinnovabili. Al provvedimento di conferimento dell'incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico, nel rispetto dei principi definiti dall'articolo 24. È sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto. In caso di primo conferimento ad un dirigente della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali generali o di funzioni equiparate, la durata dell'incarico è pari a tre anni. Resta fermo che per i dipendenti statali titolari di incarichi di funzioni dirigenziali ai sensi del presente articolo, ai fini dell'applicazione dell'articolo 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita in relazione all'incarico svolto. Nell'ipotesi prevista dal terzo periodo del presente comma, ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio, comunque denominato, nonché dell'applicazione dell'articolo 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni 4. 3. Gli incarichi di Segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali e nelle percentuali previste dal comma 6 5 . 4. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 o, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6 6. 4-bis. I criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti ai sensi del comma 4 del presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7 7. 5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale sono conferiti, dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale, ai dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c). 5-bis. Ferma restando la dotazione effettiva di ciascuna amministrazione, gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui all'articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. [Gli incarichi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 possono essere conferiti entro il limite del 15 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui al medesimo articolo 23 e del 10 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.] I suddetti limiti percentuali possono essere aumentati, rispettivamente, fino ad un massimo del 25 e del 18 per cento, con contestuale diminuzione delle corrispondenti percentuali fissate dal comma 6 89 (C). 5-ter. I criteri di conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale, conferiti ai sensi del comma 5 del presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7 10. 6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio. La formazione universitaria richiesta dal presente comma non può essere inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito secondo l'ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 11 121314(D). 6-bis. Fermo restando il contingente complessivo dei dirigenti di prima o seconda fascia il quoziente derivante dall'applicazione delle percentuali previste dai commi 4, 5-bis e 6, è arrotondato all'unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all'unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque15. 6-ter. Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 16. 6-quater. Per gli enti di ricerca di cui all'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 1993, n. 593, il numero complessivo degli incarichi conferibili ai sensi del comma 6 è elevato rispettivamente al 20 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e al 30 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla seconda fascia, a condizione che gli incarichi eccedenti le percentuali di cui al comma 6 siano conferiti a personale in servizio con qualifica di ricercatore o tecnologo previa selezione interna volta ad accertare il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità da parte dei soggetti interessati nelle materie oggetto dell'incarico, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente 17. [ 7. Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui ai commi precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale per inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione, disciplinate dall'articolo 21, ovvero nel caso di risoluzione consensuale del contratto individuale di cui all'articolo 24, comma 2.] 18 8. Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3 [, al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23, e al comma 6,] cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo 19. 9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è data comunicazione al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, allegando una scheda relativa ai titoli ed alle esperienze professionali dei soggetti prescelti. 10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali20. 11. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero degli affari esteri nonché per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli dirigenziali differenti è demandata ai rispettivi ordinamenti. 12. Per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continuerà ad essere regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 10 agosto 2000, n. 24621. 12-bis. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi 22.
--------------- (A) In riferimento al presente articolo vedi: Nota Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca 07 giugno 2013, n. 5688; Nota Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca 25 luglio 2013, n. 5037; Circolare Ministero per i Beni e le Attivita culturali 02/02/2018 n. 22; Messaggio INPS 31/01/2018 n. 442; Circolare Ministero per i Beni e le Attivita culturali 11/04/2018 n. 96; Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 03/11/2020 n. 4075; Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 04/11/2020 n. 4090; Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 27 gennaio 2021, n. 367; Circolare Ministero per i Beni e le Attivita culturali 25 febbraio 2021, n. 70; Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 27 luglio 2021, n. 2727. - In riferimento a incarichi dirigenziali di livello non generale - interpello per posti funzione territoriali e centrali vacanti, di cui al presente articolo , vedi: Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 15/11/2018 n. 4259. - In riferimento agli obblighi di pubblicità per i titolari degli incarichi dirigenziali indicati dal presente comma vedi: Circolare Ministero della Giustizia 27/02/2019 n. 158536 - Per la disponibilità incarico di funzione dirigenziale di livello non generale: ad interim Biblioteca Universitaria di Genova nell'ambito della Direzione generale Biblioteche e istituti culturali vedi: Circolare Ministero per i Beni e le Attivita culturali 23/01/2019 n. 20. - In riferimento ad incarichi dirigenziali di livello non generale - interpello per posti funzione territoriali vacanti, vedi: Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 15 luglio 2019, n. 2702. - In riferimento agli incarichi dirigenziali di livello non generale - interpello per posti funzione centrali e territoriali vacanti, di cui al presente articolo, vedi: Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 27 maggio 2020 n. 2196. - In riferimento agli incarichi dirigenziali di livello non generale - interpello per posti funzione centrali e territoriali vacanti, di cui al presente articolo, vedi: Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 29 dicembre 2020 n. 5028. - In riferimento agli incarichi dirigenziali di livello non generale - interpello per posto funzione centrale vacante, vedi: Messaggio INPS - Istituto nazionale previdenza sociale 16 marzo 2021 n. 1092. (B) In riferimento al presente comma vedi: Circolare Ministero della cultura 13 maggio 2021, n. 152; Circolare Ministero della cultura 9 giugno 2021, n. 173; Circolare Ministero della cultura 5 luglio 2021, n. 197. (C) In riferimento al presente comma vedi: Nota Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca 09 luglio 2013, n. 10880. (D) In riferimento al presente comma vedi: Nota Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca 09 luglio 2013, n. 10880. [1] Comma sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 15 luglio 2002, n. 145 e successivamente dall'articolo 40, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. [2] Comma inserito dall'articolo 40, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. [3] Comma inserito dall'articolo 40, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e successivamente modificato dall' articolo 9, comma 32, del D.L. 31 maggio 2010 , n. 78. [4] Comma sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 15 luglio 2002, n. 145, e successivamente modificato dall'articolo 14-sexies, comma 1, del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, dall'articolo 40, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e dall'articolo 1, comma 32, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 con riferimento agli incarichi aventi decorrenza successiva al 1° ottobre 2011. [5] Comma modificato dall'articolo 3, comma 1, lettera c), della legge 15 luglio 2002, n. 145 e successivamente dall'articolo 40, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. [6] Comma sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera d), della legge 15 luglio 2002, n. 145, e successivamente modificato dall'articolo 3, comma 147, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. [7] Comma inserito dall'articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 15 luglio 2002, n. 145. [8] Comma inserito dall'articolo 3, comma 1, lettera f), della legge 15 luglio 2002, n. 145. Vedi le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 10-bis, del D.L. 18 maggio 2006, n. 181 e all'articolo 2, comma 20, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95. Successivamente sostituito dall'articolo 2, comma 8-ter, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125 e, da ultimo, modificato dall' articolo 3, comma 3-ter, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2021, n. 113. [9] Per la rideterminazione della percentuale di cui al presente comma, per il triennio 2016-2018, vedi l'articolo 1, comma 94, della Legge 13 luglio 2015 n. 107. A norma dell'articolo 3, comma 9-ter, del D.L. 9 gennaio 2020, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 5 marzo 2020, n. 12, i limiti percentuali previsti dal presente comma, sono elevati per il Ministero dell'università e della ricerca al 20 per cento. Successivamente a norma dell' articolo 3, comma 3-bis, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2021, n. 113, le percentuali di cui al presente comma, a decorrere dall'entrata in vigore dello stesso, cessano di avere efficacia. [10] Comma inserito dall'articolo 3, comma 1, lettera f), della legge 15 luglio 2002, n. 145. [11] Comma sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera g), della legge 15 luglio 2002, n. 145, successivamente modificato dall'articolo 14-sexies del D.L. 30 giugno 2005, n. 115; dall'articolo 40, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e, da ultimo, dall'articolo 2, comma 8-quater, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125. L'articolo 33, comma 3, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, dispone che i limiti di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici risultanti anche dall'applicazione dell'articolo 16, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, si applicano anche ai fini dell'attribuzione degli incarichi dirigenziali di cui al presente comma. Vedi le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 10-bis, del D.L. 18 maggio 2006, n. 181, all'articolo 1, comma 593, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 all'articolo 1, comma 359, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e all'articolo 2, comma 20, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95. Il presente comma era stato ulteriormente modificato dall'articolo 15 del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso successivamente dalla legge 9 marzo 2006 n. 80, in sede di conversione. L'articolo 4 del D.L. 29 novembre 2004 n. 280, non convertito in legge, aveva disposto l'interpretazione autentica delle norme contenute nel presente comma. Vedi deroga al limite previsto dal presente comma, di cui all'articolo 42 del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39. In riferimento al presente comma vedi inoltre l'articolo 2, comma 8-bis, del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125. Vedi inoltre l'articolo 11, comma 3, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114. [12] Per la rideterminazione della percentuale di cui al presente comma, per il triennio 2016-2018, vedi l'articolo 1, comma 94, della Legge 13 luglio 2015 n. 107. Vedi inoltre l'articolo 1, comma 6, del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni dalla Legge 28 febbraio 2020, n. 8. A norma dell'articolo 1, comma 158 della Legge 27 dicembre 2019, n. 160, come modificato dall'articolo 10, comma 5, del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito con modificazioni dalla Legge 24 febbraio 2023, n. 14, la percentuale stabilita al primo periodo del presente comma, per gli incarichi di livello dirigenziale non generale da conferire al personale in servizio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in possesso di comprovate professionalità, con oneri a valere sulle facoltà assunzionali del medesimo Ministero, nel triennio 2020-2022 è pari al 12 per cento. Vedi anche le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 6, del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni dalla Legge 28 febbraio 2020, n. 8 e l'articolo 7, comma 3 , del D.L. 21 marzo 2022, n. 21, convertito con modificazioni dalla Legge 20 maggio 2022, n. 51. Per una deroga vedi l'articolo 23, comma 6, del DL 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2022, n. 122. Per la rideterminazione della percentuale di cui al presente comma, per il triennio 2025-2027, vedi l'articolo 21, comma 2, del D.L. 14 marzo 2025, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 maggio 2025, n. 69. [13] A norma dell'articolo 8, comma 15-bis, del D.L. 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla Legge 29 aprile 2024, n. 56, fino al 31 dicembre 2026 la percentuale stabilita al primo periodo del presente comma, è elevata al 20 per cento per il conferimento degli incarichi di livello dirigenziale non generale previsti nella dotazione organica della stessa Agenzia industrie difesa, con oneri a valere sulle facoltà assunzionali della medesima disponibili a legislazione vigente. Le disposizioni del primo periodo non si applicano per il conferimento di incarichi di livello dirigenziale non generale al personale militare. [14] Vedi l'articolo 3, comma 4, del D.L. 24 giugno 2025, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 luglio 2025, n. 109. [15] Comma inserito dall'articolo 40, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. [16] Comma inserito dall'articolo 40, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. [17] Comma inserito dall'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 1° agosto 2011, n. 141; successivamente sostituito dall'articolo 4-ter, comma 13, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 e, da ultimo, dall'articolo 11, comma 2, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114. Vedi anche le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 6, del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni dalla Legge 28 febbraio 2020, n. 8. [18] Comma abrogato dall'articolo 3, comma 1, lettera h), della legge 15 luglio 2002, n. 145. [19] Comma sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera i), della legge 15 luglio 2002, n. 145, e successivamente modificato dall'articolo 2, comma 159, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 e dall'articolo 40, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, i commi 160 e 161 del medesimo articolo 2. La Corte Costituzionale, con sentenza 11 aprile 2011, n. 124 (in Gazz. Uff., 13 aprile, n. 16), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore dell'art. 40 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui dispone che gli incarichi di funzione dirigenziale generale di cui al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all'art. 23 del presente decreto, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. Successivamente, la Corte Costituzionale, con sentenza 25 luglio 2011, n. 246 (in Gazz. Uff., 27 luglio, n. 32), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, come modificato dall'art. 2, comma 159, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore dell'art. 40 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui dispone che gli incarichi di funzione dirigenziale conferiti ai sensi del comma 6 del presente articolo, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. [20] Comma sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera l), della legge 15 luglio 2002, n. 145. [21] Comma modificato dall'articolo 3, comma 1, lettera m), della legge 15 luglio 2002, n. 145. [22] Comma inserito dall'articolo 3, comma 1, lettera n), della legge 15 luglio 2002, n. 145. InquadramentoGli elementi caratterizzanti la regolamentazione legislativa degli incarichi dirigenziali – che, con particolar riguardo alla posizioni dei vertici burocratici, costituisce uno degli elementi essenziali per strutturare la distinzione tra politica ed amministrazione – possono così sintetizzarsi: a) contrattualizzazione del rapporto di lavoro per tutti i dirigenti e conseguente devoluzione al g.o. delle controversie relative a conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali; b) distinzione tra lo status conseguente alla stipulazione del contratto a tempo indeterminato, che è atto che conclude le procedure di reclutamento in ruolo, ed i singoli incarichi di funzione, sempre conferiti a termine (siano essi di direzione di strutture o progetti ovvero di studio o ispettivi); c) razionalizzazione dell'accesso laterale agli incarichi dirigenziali, normando il conferimento di incarichi anche a soggetti esterni all'amministrazione o privi di qualifica dirigenziale; d) sviluppo di forme di spoils system (decadenza automatica dagli incarichi al subentro di un nuovo esecutivo) per il livello apicale e gli uffici di diretta collaborazione. I criteri per l'affidamento degli incarichiL'art. 19 del decreto n. 165 – le cui disposizioni, come prescritto dal comma 12-bis (introdotto dalla riforma Frattini del 2002), costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi – si apre con una serie di criteri generali per l'affidamento degli incarichi. Il comma 1 dispone che ai fini del conferimento di ciascun incarico dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata: 1) delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente; 2) dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione; 3) delle specifiche competenze organizzative possedute; 4) delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell'incarico. La giurisprudenza ha così affermato che «nel nuovo ordinamento della dirigenza pubblica non è consentito attribuire incarichi in base ad una scelta solo fiduciaria insindacabile, ma questi vengono affidati all'esito di una procedura selettiva volta all'individuazione di un soggetto qualificato dal possesso di caratteristiche professionali adeguate all'incarico da conferire e sulla base di una motivazione idonea a dare contezza della logicità della scelta effettuata, nel rispetto degli oneri istruttori e procedimentali imposti dalla legge o da eventuali autolimitazioni dell'autorità amministrativa; pertanto, la procedura per il conferimento di un incarico dirigenziale è caratterizzata dal riscontro di competenze ed esperienze dei singoli candidati in modo tale da fornire all'Amministrazione cui compete la scelta una rosa di candidati qualificati e in possesso di adeguate esperienze professionali» (T.A.R. Sardegna II, n. 99/2014). Vanno, altresì, richiamati anche i commi 4-bis e 5-ter dell'art. 19 in esame, i quali prevedono che i criteri di conferimento degli incarichi, di livello dirigenziale generale e non, debbano tenere conto delle condizioni di pari opportunità; ciò per contrastare discriminazioni sia in termini quantitativi che qualitativi, in riferimento cioè al numero, alla tipologia degli incarichi ed alle connesse implicazioni retributive e di responsabilità (così già la Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica 19 dicembre 2007, n. 10). Per effetto della novella apportata dalla l. n. 145/2002, la norma in commento non contempla più direttamente tra i criteri per il conferimento di incarichi quello della rotazione, che le riforme Bassanini avevano inteso applicare «di norma» (cfr. anche Cons. St. VI, n. 5867/2002). Il tema della rotazione degli incarichi è, però, tornato alla ribalta con la normativa anticorruzione. La rotazione c.d. «ordinaria» del personale è, infatti, una delle misure organizzative che le amministrazioni hanno a disposizione in materia di prevenzione della corruzione. Essa è stata introdotta dall'art. 1, comma 5, lettera b), della legge 190/2012. La richiamata disposizione ha previsto la rotazione di dirigenti e funzionari che operano in settori particolarmente esposti alla corruzione. Il fine è quello di evitare, in via preventiva, il consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa (cfr. anche il Piano nazionale anticorruzione –PNA 2019-2021 e la Delibera ANAC n. 215/2019). La rotazione c.d. «straordinaria» nasce, invece, come misura di carattere successivo al verificarsi di fenomeni illeciti, di natura non sanzionatoria e dal carattere cautelare. Essa è prevista dall'art. 16, comma 1, lettera l-quater del d.lgs. n. 165/2001, nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva, annoverandola tra i provvedimenti di competenza dei dirigenti di uffici dirigenziali generali. La disposizione di chiusura del comma 1 dell'art. 19 d.lgs n. 165/2001 rimarca, poi, che al conferimento degli incarichi dirigenziali e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103 c.c., ossia la regola della necessaria equivalenza delle mansioni cui si è adibiti rispetto a quelle da ultimo effettivamente svolte. Nel lavoro pubblico, infatti, «alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo, e non consente perciò – anche in difetto dell'espressa previsione di cui all'art. 19 d.lgs. n. 165/2001, stabilita per le amministrazioni statali – di ritenere applicabile l'art. 2103 c.c., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico (Cass. n. 23760 del 2004, conf. Cass. n. 3451 del 2010; v. pure Cass. n. 22284 del 2014 e n. 24035 del 2013, nonché Cass. 15226 del 2015 e, da ultimo, Cass. n. 4621 del 2017); occorre altresì precisare che, nel pubblico impiego, non è configurabile un diritto soggettivo a conservare, ovvero ad ottenere, un determinato incarico di funzione dirigenziale; nondimeno la Pubblica Amministrazione non può lasciare il dirigente pubblico senza incarico e senza compiti di natura dirigenziale (cfr. Cass. n. 12678 del 2016)» (Cass. sez. lav., ord. n. 28880/2017; cfr. anche Trib. Enna, ord. 16 agosto 2004). In sostanza, il dirigente pubblico, «legato all'amministrazione di appartenenza da un contratto di lavoro subordinato di diritto privato, può essere assegnato ad un'ampia varietà di incarichi dirigenziali, anche di valore professionale molto differente (uffici dirigenziali di diversa ampiezza e responsabilità oppure anche funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento), ma che sul piano giuridico debbono considerarsi tutti egualmente esigibili e attribuibili dall'amministrazione (stante l'inapplicabilità dell'art. 2103 c.c.ex art. 19, comma 1, d.lgs n. 165)» (Trib. Genova, 21 agosto 2006; cfr. anche Cass. sez. lav., n. 24373/2008). La giurisprudenza prevalente ha anche sottolineato che gli atti unilaterali di conferimento di incarichi dirigenziali hanno natura privatistica per effetto della riforma del pubblico impiego, sì da essere assoggettati all'obbligo di conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza, ma con il limite di non soggiacere alla previsione dell'art. 2103 c.c. nella parte in cui riconosce il diritto del lavoratore di svolgere mansioni equivalenti a quelle svolte in precedenza (Trib. S. Maria Capua V., 27 giugno 2005). Trib.Milano, 5 maggio 2000 ha ulteriormente chiarito che «al dirigente che lamenti un'illegittima dequalificazione professionale non si applica l'art. 2103 c.c. in quanto l'art. 19 del d.lgs. n. 29/1993 – che ribadisce i principi di temporaneità e mobilità negli incarichi dirigenziali già introdotti dal d.lgs. n. 127/1997 – esclude espressamente l'applicabilità della norma codicistica in ipotesi di conferimento o mutamento di incarichi dirigenziali; il criterio della «capacità professionale» richiamato dal 1° comma di tale articolo non è pertanto riferibile alla professionalità acquisita, tutelata dall'art. 2103 c.c., bensì a un giudizio prognostico sulle potenzialità del dirigente, ed è quindi criterio derogabile e non vincolante». Infine, si stigmatizza che in materia di conferimento di incarichi dirigenziali, non trovando applicazione la disciplina di cui all'art. 2103 c.c., ben può l'amministrazione assegnare al dirigente incarichi di studio e di ricerca, invece che di direzione di strutture (Trib. Roma, ord. 21 dicembre 2005; cfr. anche Cass. sez. lav., n. 29817/2008). La pubblicazione dei posti di funzione disponibili e l'interpello.Il decreto n. 150/2009 ha inserito un nuovo comma 1-bis nell'art. 19 in esame, introducendo elementi di «pubblicità» e di ulteriore procedimentalizzazione nel conferimento degli incarichi dirigenziali. L'amministrazione deve, infatti, rendere conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta. Viene, altresì, espressamente specificato che l'amministrazione «acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta» (il cd. interpello; cfr. anche la Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica n. 10/2007, anticipatrice di alcuni aspetti della riforma Brunetta). Dottrina e giurisprudenza si sono poste un duplice quesito: a) se, a seguito dell'acquisizione delle disponibilità a ricoprire i singoli incarichi, l'amministrazione è o meno tenuta ad attivare una procedura comparativa; b) se l'amministrazione debba conferire l'incarico soltanto ai dirigenti che ne hanno formulato esplicita richiesta o se sia comunque libera di individuarne altri. Sulla necessità di esperire una valutazione comparativa gli Ermellini si erano espressi già un anno prima della novella del 2009. Al riguardo, Cass. sez. lav., n. 9814/2008, ha affermato che «l'art. 19, comma 1, d.lgs. n. 165/2001 obbliga l'amministrazione al rispetto dei criteri di massima ivi indicati e, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost.), «procedimentalizza» l'esercizio del potere di conferimento degli incarichi, obbligando a valutazioni anche comparative, all'adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte. Di conseguenza, laddove l'amministrazione non abbia fornito, neppure in giudizio, nessun elemento circa i criteri seguiti e le motivazioni della scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei ai nuovi incarichi da conferire, è configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile». Le successive pronunce della Cassazione si sono, però, espresse in termini ambivalenti. Infatti, se alcune pronunce appaiono più incisivamente porre al centro la comparazione, altre si esprimono in termini senza dubbio meno netti con la semplice aggiunta della congiunzione «anche», che depotenzia la portata della valutazione comparativa (cfr., rispettivamente, Cass. sez. lav., n. 26694/2017 e Cass. sez. lav., n. 18972/2015). Va rilevato che la necessità di valutazioni comparative aveva trovato spazio nello schema di riforma della dirigenza predisposto nell'ambito della delega Madia, accantonato a cavallo del 2016-2017, laddove si prevedeva che «gli incarichi dirigenziali sono sempre conferiti mediante procedura comparativa con avviso pubblico e con atto motivato». Parte degli intepreti esclude «l'attivazione di una procedura comparativa nei rigorosi termini proposti da chi l'eleva ad una vera e propria procedura selettiva. Il comma 1-bis dell'art. 19 del d.lgs. n. 165/2001 si limita a richiedere all'amministrazione di valutare le disponibilità acquisite per la copertura dell'incarico. Ne deriva un obbligo di evidenziare le ragioni per le quali si ritiene un dirigente idoneo a ricoprire un certo incarico, senza che sia imposta l'attivazione di una rigorosa procedura comparativa, né tantomeno l'esplicitazione delle ragioni per le quali si ritiene un dirigente più idoneo rispetto ad un altro. Occorre dimostrare che in applicazione dei criteri definiti dal comma 1 dell'art. 19, come eventualmente specificati nell'avviso (c.d. interpello) dell'amministrazione, il prescelto possegga le capacità per svolgere l'incarico avendo riguardo alla sua «professionalità» ed alla tipologia di incarico da ricoprire. [..] Si propende, dunque, per un'investitura fiduciaria oggettivizzata adottata all'esito della procedura prevista dal comma 1-bis dell'art. 19, d.lgs. n. 165/2001 che è del tutto conforme ai principi di imparzialità e trasparenza desumibili dall'art. 97 della Costituzione» (Boscati). In giurisprudenza si veda Trib. Salerno sez. lav., 22 gennaio 2013, n. 295, laddove evidenzia che «l'atto di conferimento di un incarico dirigenziale costituisce espressione di una scelta di carattere fiduciario, di tipo negoziale, sia pure nel rispetto delle esigenze di buon andamento della pubblica amministrazione sicché, in applicazione dei canoni fissati dall'art. 97 Cost., è necessario che siano adottate modalità procedimentali atte a garantire le condizioni di un trasparente ed imparziale esercizio dell'attività amministrativa. Ne consegue l'inesistenza di un dovere di motivazione comparativa fra i diversi aspiranti» (cfr. anche T.A.R. Umbria, n. 18/1995). Anche relativamente al secondo quesito, sull'eventuale obbligo di attribuzione dell'incarico ai soli dirigenti che abbiano risposto al relativo interpello, la dottrina propende per una risposta negativa. Essa rimarca che in base alla disciplina vigente «il dirigente ha diritto ad un incarico, ma non ad un certo incarico; la sua posizione è pretensiva (più precisamente qualificata dalla giurisprudenza di legittimità come di interesse legittimo di diritto privato), con il diritto a partecipare alla procedura indetta dall'amministrazione, ma non di ottenere l'incarico per cui «concorre. Tant'è che in presenza di un asserito comportamento illegittimo dell'amministrazione potrà chiedere al giudice la ripetizione della procedura, ovvero limitarsi alla richiesta di risarcimento del danno subito. Non potrà, invece, chiedere l'accertamento del proprio diritto a ricoprire un certo incarico dirigenziale e la condanna dell'amministrazione ad assegnarglielo». Viste tali premesse, «la tesi per cui l'amministrazione sarebbe vincolata a conferire l'incarico ad uno dei dirigenti che ne abbiano manifestato la disponibilità e non ad altri appare in contrasto con il quadro normativo appena delineato. A conferma di quanto affermato si aggiungono due ulteriori considerazioni. Innanzitutto all'interpello relativo ad una determinata posizione potrebbero rispondere dirigenti tutti «inidonei» a ricoprire quell'incarico, sì da vincolare l'amministrazione ad una scelta in contrasto con l'interesse pubblico. Inoltre se a proporre la domanda fosse un solo dirigente egli avrebbe diritto al conferimento dell'incarico, in contrasto con la sua posizione meramente pretensiva. Si potrebbe così assistere ad una vera e propria «spartizione» degli incarichi nel caso di previo accordo tra i dirigenti dell'amministrazione che decidessero di predeterminare, suddivindendoseli, gli incarichi rispetto ai quali proporre singolarmente domanda» (Boscati). Da ricordare che la ventilata riforma Madia della dirigenza intendeva istituire inedite Commissioni per la dirigenza statale, regionale e locale. A tali organismi avrebbero dovuto essere attribuite funzioni di verifica del rispetto dei criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali e del concreto utilizzo dei sistemi di valutazione, operando «come filtri tecnici nelle questioni riguardanti la gestione del personale dirigenziale» (Zaccarelli). Il nodo della revoca e della mancata conferma.La riforma Brunetta del 2009 ha inserito anche un nuovo comma 1-ter nell'art. 19 del d.lgs. n. 165/2001, in tema di revoca e mancata conferma degli incarichi dirigenziali. Il dettato della norma è, però, sopravvissuto solo in parte, dopo il ridimensionamento operato dal d.l. n. 78/2010. L'attuale disposto prevede che gli incarichi dirigenziali possono essere revocati esclusivamente nei casi e con le modalità di cui all'articolo 21, comma 1, secondo periodo, quindi in ipotesi di accertata responsabilità dirigenziale. In sostanza, «causa della revoca non può essere più solo la fiducia, ma la rilevazione della non sufficiente competenza tecnica del dirigente. Infatti, la revoca è conseguenza del mancato raggiungimento degli obiettivi fissati o della violazione delle direttive degli organi di governo. E viene previsto un procedimento, che presuppone un preavviso motivato e preventivo, in modo da consentire al dirigente di controdedurre». Ciò per esludere «la cooptazione dei dirigenti e la loro politicizzazione, che nega in radice la funzione pubblica universale e non di parte (dunque, non partitica) che la gestione della cosa pubblica impone, in applicazione degli articoli 97 e 98 della Costituzione» (Oliveri). Riguardo, invece, le ipotesi di mancata conferma legate al verificarsi di processi di riorganizzazione ovvero alla determinazione dell'amministrazione, pur in assenza di valutazione negativa, di non confermare, comunque, il dirigente nell'incarico appena scaduto, la novella del 2009 riconosceva una specifica disciplina, ora abrogata. Il comma 1-ter in commento proseguiva con un secondo periodo che statuiva l'obbligo di una preventiva, idonea e motivata comunicazione all'interessato, con «congruo» preavviso rispetto alla inuenda mancata conferma, assieme alla prospettazione dei posti disponibili per il nuovo incarico. Successivamente è, però, intervenuto l'art. 9, comma 32, del d.l. n. 78/2010 a cancellare la citata disposizione. La norma del 2010 precisa che le pubbliche amministrazioni «che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Non si applicano le eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli». Inoltre, «resta fermo che, nelle ipotesi di cui al presente comma, al dirigente viene conferito un incarico di livello generale o di livello non generale, a seconda, rispettivamente, che il dirigente appartenga alla prima o alla seconda fascia». Sui principi in tema di incarichi si è espressa anche, a più riprese, la giurisprudenza costituzionale. Un punto di partenza può essere rintracciato nella sentenza 25 luglio 1996, n. 313, con la quale la Corte ha dato un sostanziale imprimatur all'opzione legislativa volta alla riorganizzazione del pubblico impiego secondo schemi privatistici. Corollario del nuovo assetto è che il dirigente deve essere tenuto indenne da possibili condizionamenti politici, posto in condizione di operare in piena autonomia e valutato obiettivamente in base ai risultati. L'ampliamento e il carattere di esclusività assegnato alle competenze dirigenziali hanno come conseguenza una valutazione in ragione di risultati raggiunti, verificati attraverso un sistema di indicatori rigoroso ed efficace, con adeguate garanzie procedimentali (Pinelli, 2596; Battini, Cimino, 1014). Tale impostazione è stata sostanzialmente confermata dal Giudice delle leggi con le pronunce Corte Cost, ord. n. 11/2002 e Corte cost. n. 193/2002. La garanzia dell'imparziale svolgimento dell'agire dirigenziale non è individuata nella stabilità dell'incarico, bensì nella disciplina del conferimento dell'incarico e nella procedimentalizzazione dell'accertamento della responsabilità dirigenziale. L'equilibrio con il buon andamento e l'efficienza dell'amministrazione pubblica implica che l'operato del dirigente va soggetto a puntuale verifica e che i risultati conseguiti devono essere presi a base per l'eventuale conferma o, al contrario, per la revoca dell'incarico. Le sentenze Corte cost., nn. 103 e 104 del 2007 intervengono a sgomberare il campo da ogni ambiguità. Con la prima sentenza la Consulta ha dichiarato l'illegittimità, per contrasto con gli artt. 97 e 98 della Costituzione, dell'art. 3, comma 7, della l. n. 145/2002, nella parte in cui prevedeva la cessazione automatica una tantum, ex lege e generalizzata, degli incarichi dirigenziali di livello generale in corso. La sentenza n. 104/2007, invece, ha cassato le norme delle Regioni Lazio e Sicilia sulla decadenza dei direttori generali delle Asl all'inizio della legislatura regionale. Viene chiarito che, a parte la disciplina degli incarichi dirigenziali realmente apicali, la revoca dell'incarico dirigenziale è possibile solo a seguito di una procedura di valutazione dei risultati, ispirata ai principi del giusto procedimento, segnata dal confronto dialettico tra le parti e culminante in una decisione motivata. La procedimentalizzazione della revoca è funzionale al controllo giurisdizionale sul corretto esercizio del relativo potere, in quanto permette il formarsi di scelte trasparenti e verificabili. La Consulta conferma, quindi, la funzionalizzazione delle norme in materia di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali alla tutela dei generali interessi della collettività, con fondamento nell'esigenza che siano assicurati l'imparzialità amministrativa e il buon andamento. Il conferimento e la durata degli incarichi.Ai sensi del comma 2 dell'art. 19 del decreto n. 165, con il provvedimento di conferimento dell'incarico, ovvero, per gli incarichi apicali, con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro competente, sono individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto. Al provvedimento di conferimento dell'incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico (nel rispetto dei princìpi definiti dall'articolo 24). Il modello tracciato stabilisca una netta distinzione tra atto di conferimento e contratto, delineando un sistema binario. La legge pone, quindi, una sequenza specifica tra i due atti: l'atto di conferimento ha natura unilaterale e definisce l'oggetto, gli obiettivi e la durata dell'incarico dirigenziale; il contratto è il negozio bilaterale con il quale le parti determinano il trattamento economico, fisso ed accessorio, tenendo conto di quanto stabilito dai contratti collettivi. Sotto il profilo strettamente economico, la libertà negoziale è, quindi, piuttosto limitata dovendo sottostare alle regole già stabilite nella fonte primaria collettiva. È, comunque, sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto. Quanto alla durata dell'incarico, essa deve essere correlata agli obiettivi prefissati e va stabilita all'interno della forbice minimo tre/massimo cinque anni. Gli incarichi sono rinnovabili. La durata dell'incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato; al contempo, è limitata a tre anni la durata del primo incarico di livello generale assegnato ad un dirigente di seconda fascia. La parte finale del comma 2 aggiunge, invece, alcune specificazioni in tema di definizione dell'ultimo stipendio in relazione alla base pensionabile e al trattamento di fine servizio. La temporaneità dell'incarico è, generalmente, collegata all'esigenza di impedire situazioni «irrigidite», così rendendo quasi fisiologica la mobilità funzionale dei dirigenti, per evitare i rischi connessi alla costituzione di una dirigenza inamovibile ed autoreferenziale. Contra, quanti ritengono legato alla temporaneità dell'incarico un effetto di precarizzazione della dirigenza, che la rende più debole e perciò meno capace di resistere ai condizionamenti politici: scaduto il termine previsto, l'incarico cessa automaticamente, senza bisogno di provvedimento espresso, e può essere rinnovato o non rinnovato in base ad un apprezzamento discrezionale, a prescindere da una valutazione dell'operato del dirigente (Cassese, 12). Il comma 3 del decreto n. 165/2001 norma distintamente il conferimento di incarichi c.d. apicali, di Segretario generale dei ministeri, di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente. L'iter del conferimento si snoda in: a) proposta del Ministro competente; b) deliberazione del Consiglio dei ministri; c) adozione di un decreto del Presidente della Repubblica. Possono aspirare alla nomina i dirigenti che appartengano alla prima fascia dei ruoli delle amministrazioni ovvero, nel caso di ricorso a soggetti esterni con contratti a termine, quanti in possesso delle specifiche qualità professionali di cui al sesto comma della norma in commento (nei limiti delle percentuali ivi previste). Gli incarichi de quibus si caratterizzano per il peculiare ruolo, fiduciario, di primo snodo tra politica e amministrazione. Ciò è evidenziato anche: 1) dall'utilizzo, per il conferimento, della forma del decreto presidenziale; 2) dalla sottoposizione ad un regime di decadenza automatica decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo (c.d. spoils system ex comma 8 dell'art. 19). Ai sensi del comma 4, il conferimento di incarichi di funzione dirigenziale di livello generale avviene, invece, con d.P.C.M. (sempre su proposta del Ministro competente) ed è riservata a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'art. 23 del decreto 165 nella misura del 30%. In misura non superiore al 70% della relativa dotazione, l'incarico può essere attribuito agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero a qualificati soggetti esterni mediante ricorso a contratti a tempo determinato. È previsto che del conferimento delle due predette tipologie di incarichi normate dai commi 3 e 4 dell'art. 19, sia data comunicazione ai due rami del Parlamento, allegando una scheda relativa ai titoli e alle esperienze professionali dei soggetti prescelti (comma 9). Infine, secondo il comma 5 dell'art. 19, il dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale conferisce gli incarichi dirigenziali inerenti gli uffici sottordinati. Il dirigente di ufficio generale effettua la scelta tra i dirigenti assegnati al proprio ufficio, ferma la possibilità, nei limiti di legge, di ricorrere anche soggetti esterni. Il comma 10 dell'art. 19 del decreto n. 165 stabilisce che i dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali. Tali funzioni, per quanto diverse nello scopo, non si differenziano sul piano ontologico, tanto che devono, comunque, essere conferite mediante la doppia procedura dell'atto di conferimento e del contratto accessorio, prevista per ogni incarico di funzione dirigenziale, individuato come tale nell'ordinamento della singola amministrazione. Gli incarichi ad esterni.L'attuale regolamentazione degli incarichi dirigenziali ad esterni è compendiata nei commi 5-bis e 6 dell'art. 19 del decreto n. 165. Ratio fondante del comma 6 è quella di aprire la P.A., tramite lo strumento del contratto a termine, all'utilizzo di ulteriori professionalità rispetto al corpo dirigenziale di ruolo. Come sottolineato da Cons. St. comm. speciale pubblico impiego, parere n. 514/2003, sul piano teleologico, il complessivo meccanismo delineato dall'art. 19 del d.lgs. n. 165/2001 mira a dotare la pubblica amministrazione di una dirigenza che sia in parte (prevalente) costituita da dipendenti di ruolo e in parte (minore) costituita da soggetti esterni al ruolo e tanto allo scopo di utilizzare esperienze e professionalità molteplici e tutte, nella loro diversità, utili e funzionali in una logica di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa. Invero la risoluzione di dar facoltà alle amministrazioni di valersi, per la direzione delle proprie strutture burocratiche di soggetti ad esse esterni, si inquadra, al pari delle varie disposizioni sulla mobilità interna (art. 30 e ss.) ed esterna (art. 23-bis) e sulle consulenze (art. 7, comma 6) tra le misure intese a migliorare e, si è pure detto, modernizzare l'attività dell'apparato pubblico secondi principi, da una parte, di deregolamentazione, decentramento e di liberalizzazione e, dall'altra parte, di responsabilizzazione e trasparenza in vista di una più spinta efficienza e di più adeguate relazioni con i soggetti ad esso esterni. A mo' di corollario del processo di privatizzazione è derivata la considerazione sull'opportunità di consentire un'osmosi pubblico-privato, che favorisse l'utilizzazione, da parte del settore pubblico, di modelli ed esperienze proprie del settore privato». La predetta ratio ha, però, subito un progressivo appannamento, in conseguenza di applicazioni «disinvolte» nonché della esplicitata possibilità di conferire incarichi dirigenziali «esterni» anche a dipendenti appartenenti alla medesima o ad altra amministrazione, ma privi di qualifica dirigenziale (quasi una sorta di «carriera parallela»). Comunque, si tratta sempre di personale chiamato a svolgere, a termine, funzioni dirigenziali, mentre per i dirigenti di ruolo è temporaneo l'incarico ma non la qualifica di dirigente, innestata su un contratto a tempo indeterminato stipulato a seguito dell'accesso concorsuale. La durata di tali incarichi ad esterni non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale più elevata (generali o apicali), il termine di tre anni; per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine è di cinque anni. Il legislatore interviene a precisare che il conferimento di incarichi dirigenziali a termine è destinato a soggetti di particolare e comprovata qualificazione professionale, in presenza delle seguenti condizioni: 1) è necessaria una esplicita motivazione; 2) la particolare qualificazione professionale che supporta la scelta dell'amministrazione deve risultare non rinvenibile nei ruoli dell'amministrazione. È, così, evidenziato il carattere eccezionale dell'utilizzazione di esterni. Fermo restando una connotazione fiduciaria più assorbente per gli incarichi apicali o di diretta collaborazione ad esterni, l'attribuzione degli altri incarichi dovrebbe essere specificamente finalizzata a supplire ad eventuali, accertati deficit della dirigenza di ruolo – in particolare sotto l'aspetto della progettualità e/o riguardo ruoli altamente specialistici –, specie per implementare le capacità dell'amministrazione di realizzare gli aspetti più innovativi del programma di governo; 3) la dote curriculare degli esterni da incaricarei deve riferirsi all'aver «svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato». Peraltro, la formazione universitaria richiesta non può essere inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito secondo il vecchio 'ordinamento didattico anteriore al 1999; 4) gli incarichi possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite numerico del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli dirigenziali e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia. Proprio in deroga al tale ultima disposizione, non sono mancate le discipline specifiche recate da varie norme di legge. Si segnala, in particolare, la disposizione del comma 15 dell'art. 1 del d.l. n. 80/2021: «le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, impegnate nell'attuazione del PNRR possono derogare, fino a raddoppiarle, alle percentuali di cui all'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, ai fini della copertura delle posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente e direttamente funzionali all'attuazione degli interventi del Piano. Gli incarichi di cui al presente comma sono conferiti a valere sulle risorse finanziarie disponibili e nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente per ciascuna amministrazione interessata. In alternativa a quanto previsto al primo periodo, le stesse amministrazioni possono conferire, in deroga ai limiti percentuali previsti dall'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, gli incarichi dirigenziali di cui all'art. 8, comma 1, del d.l. n. 77/2021. Gli incarichi di cui al presente comma sono conferiti per la durata espressamente prevista per ciascun incarico, e comunque non eccedente il 31 dicembre 2026. Le amministrazioni possono riservare una quota degli incarichi ai laureati in discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche». Altre deroghe sono ancora più puntuali. Così, ad es., per gli aumenti della percentuale al 12 per cento per gli incarichi di livello dirigenziale non generale da conferire al personale in servizio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in possesso di comprovate professionalità, previsto dall'art. 1, comma 158, l. n. 160/2019, per il triennio 2020-2022. Con prevalenti finalità di contenimento della spesa pubblica e di favorire il ricambio del personale nelle p.a., è stato anche previsto, dall'art. 5 d.l. n. 95/2012, il divieto per le pubbliche amministrazioni, incluse le autorità indipendenti, di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. A tali amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle suddette amministrazioni e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni suddetti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. (cfr. le circolari del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione nn. 6/2014 e 4/2015). Tornando al dettato del comma 6 dell'art. 19 in esame, il trattamento economico dei dirigenti «esterni» a contratto può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio. La giurisprudenza della Corte dei conti ha posto in evidenza come «il vigente quadro normativo impone, per soggetti non vincitori di un pubblico concorso (regola generale nel nostro ordinamento amministrativo), che per poter ‘lavorare', anche temporaneamente, con la pubblica amministrazione (con rapporto subordinato o autonomo), occorre rispettare requisiti procedurali di selezione e di successiva trasparenza degli incarichi e, soprattutto, possedere assai elevati requisiti culturaliprofessionali per il conferimento di incarichi». Non è dunque sufficiente che dal curriculum dell'interessato emerga il solo possesso di un soddisfacente bagaglio conoscitivo e di esperienze «sul campo» nella materia specifica: sono necessari, infatti, i più severi requisiti di assoluta eccellenza professionale e di titoli universitari (o postuniversitari), espressivi di «particolare» robusta preparazione anche teorica e istituzionale (C. conti, sez. giurisd. Lombardia, n. 97/2016; sez. giurisd. Liguria, n. 92/2017; sez. giurisd. Campania, n. 175/2017; sez. giur. Campania, n. 129/2017). Accanto al ricorso a professionalità esterne o comunque prive di qualifica dirigenziale con contratto a termine, altro importante profilo è quello inerente la parallela regolamentazione, al comma 5-bis dell'art. 19 del decreto n. 165, del conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non apparenti ai ruoli ma già dirigenti presso altre amministrazioni. La norma dispone che, ferma restando la dotazione effettiva di ciascuna amministrazione, gli incarichi di funzione dirigenziale, «possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui all'articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti». Il decreto l. n. 80/2021 (all'art. 3, commi 3-bis e 3-ter) ha previsto la soppressione dei limiti percentuali (15 per cento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e 10 per cento della seconda fascia), precedentemente vigenti per il conferimento di incarichi a dirigenti non appartenenti ai ruoli della dirigenza delle amministrazioni statali. Da considerare abrogata anche la prescrizione, rimasta nell'ultima parte del testo del comma 5-bis, sulla possibilità di aumento dei precedenti limiti percentuali, «rispettivamente, fino ad un massimo del 25 e del 18 per cento, con contestuale diminuzione delle corrispondenti percentuali fissate dal comma 6». Infine, va ricordato che il decreto n. 150/2009 ha, a suo tempo, inserito nell'art. 19 in esame due nuovi commi 6-bis e 6-ter, specificando: 1) che l'arrotondamento del quoziente derivante dall'applicazione delle percentuali previste dai commi 4, 5-bis (ora abrogate) e 6 dell'art. 19 d.lgs. n. 165/2001 si opera con arrotondamento all'unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all'unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque; 2) che le regole recate dai commi 6 e 6-bis, quali deroga speciale al modello dell'accesso per concorso pubblico, trovano applicazione al complesso delle amministrazioni pubbliche destinatarie della generale normativa sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle P.A.. La legittimità costituzionale dalla norma in oggetto è stata confermata da Corte cost., n. 324/2010, che la ha considerata non invasiva delle competenze regionali in quanto riconducibile alla materia dell'ordinamento civile. Il comma 6-quater è, invece, frutto dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 141/2011, soggetto a successive modifiche. Esso detta regole specifiche per gli enti di ricerca, ampliando le percentuali di incarichi conferibili ai sensi del comma 6, purché destinati a personale in servizio con qualifica di ricercatore o tecnologo previa selezione interna. Dirigenti pubblici e spoils systemIl termine spoils system è nato nell'esperienza amministrativa statunitense, dove il «sistema delle spoglie» ha goduto di massima fortuna per circa un secolo, per poi essere limitato dall'affermazione del merit system, pur continuando a mantenere importanti ambiti. Infatti, l'accesso alla pubblica amministrazione U.S.A., federale e non – tranne i massimi livelli e vari peculiari incarichi – è stato progressivamente assoggettato al principio della competenza, accertata sulla base di titoli e prove, e gli appartenenti alla nuova burocrazia professionale sono stati garantiti da specifici limiti alla licenziabilità (la c.d. tenure). Lo spoils system (efficace sintesi dell'espressione to the victor belong the spoils, al vincitore spettano le spoglie) è, invece, volto a realizzare una forma di «patronato degli impieghi»: la provvista – assunzione e licenziamento – di parte del personale burocratico (nella misura individuata dalla legge) risulta prerogativa discrezionale dei detentori pro-tempore del potere politico, usciti vincitori della competizione politico-elettorale. In senso stretto, l'istituto dello spoils system caratterizza una parte del personale burocratico come di estrazione fiduciaria, legandone ingresso e uscita dall'amministrazione all'avvicendamento dei diversi esecutivi. Quanti conseguono un ufficio in virtù dell'esercizio della prerogativa governativa di assunzione/nomina discrezionale restano, infatti, legati all'amministrazione da un rapporto di lavoro segnato, geneticamente, dalla previsione della sua cessazione al mutare dell'esecutivo (secondo il principio simul stabunt, simul cadent). Di spoils system «all'italiana» si è parlato in relazione al comma 8 dell'art. 19 d.lgs. n. 165/2001 – come risultante dall'intervento del d.lgs. 80/1998 e poi dalla modifica operata dall'art. 3 della l. n. 145/2002, dal d.l. 3 ottobre 2006, n. 262 e poi dal d.lgs. 150/2009 – con specifico riguardo agli incarichi dirigenziali apicali delle amministrazioni statali (Segretario generale; Capo di dipartimento, preposto a strutture complesse articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali; altri incarichi di livello equivalente), i massimi vertici burocratici delle amministrazioni, le cui funzioni risultano strettamente contigue con gli indirizzi politico-amministrativi espressi dagli organi politici (i ministri). Tali incarichi apicali cessano automaticamente, ope legis, decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia ottenuto dal Governo subentrante. A norma dell'art. 2, comma 160, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, lo disposizioni sullo spoils system si applicano anche ai direttori delle Agenzie, incluse le Agenzie fiscali. Grazie a tale meccanismo, le nomine dirigenziali apicali decise dal precedente esecutivo non sopravvivono necessariamente alla nuova fase politica. Non risulta affatto inciso, invece, il sottostante rapporto di lavoro del dirigente di ruolo, scaturente dal contratto a tempo indeterminato stipulato al momento dell'immissione in ruolo. A tale previsione deve aggiungersi il disposto dell'art. 14, comma 2, del decreto n.. 165, secondo cui all'atto del giuramento del Ministro, tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi di livello dirigenziale, conferiti nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione «decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro». Da notare che il legislatore del 2002 ha cancellato il precedente meccanismo semi automatico di decadenza, introdotto nel 1998. Esso prevedeva, per gli incarichi apicali, che la conferma, la revoca, la modifica o il rinnovo seguissero ad un'espressa scelta in tal senso del nuovo esecutivo, da esplicitare entro 90 giorni dal voto di fiducia al Governo; decorso tale termine, gli incarichi per i quali non si fosse espressamente provveduto si intendevano confermati fino alla originaria scadenza. Si è anche parlato di spoils system, ma con caratteristiche del tutto peculiari, per il meccanismo previsto per i segretari comunali e provinciali, interessati da una forma di cessazione dell'incarico quale risultato dell'iniziativa del sindaco/presidente della provincia neoeletto che non voglia confermare il segretario. Ai sensi dell'art. 99 del d.lgs. n. 267/2000, difatti, i segretari degli enti locali cessano automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del nuovo segretario. La nomina è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco e del presidente della provincia, decorsi i quali il segretario è confermato. Il legislatore ha previsto la possibilità, per il segretario rimasto senza incarico, di essere collocato a disposizione per due anni, con eventuale successiva collocazione in mobilità presso altre amministrazioni (art. 101 del decreto n. 267 del 2000) (Battini, 269; sul punto cfr. Corte cost., n. 23/2019, che ha confermato le legittimità di tale disciplina). Il tema dello spoils system si è, in sostanza, svolto all'insegna della definizione del modello cui ispirare i rapporti tra il Governo e l'alta amministrazione, una delle tematiche più ricorrenti nella storia dell'amministrazione italiana. Essa affonda le sue radici in due esigenze contrapposte: da un lato, contrastare l'ingerenza partitica nelle decisioni gestionali; dall'altro, la volontà di modernizzare e responsabilizzare una classe professionale (l'alta burocrazia pubblica) ritenuta, spesso, mediocre e parassitaria. Invero, la dirigenza apicale è soggetta a nomina fortemente discrezionale e a meccanismi di decadenza automatica in quanto ad essa è commesso il compito di filtrare gli indirizzi provenienti dal vertice elettivo, traducendoli in indicazioni operative per il corpo burocratico. È quest'ultimo che, privo di una legittimazione democratica autonoma, deve garantire continuità tra l'azione dell'amministrazione e il programma del governo in carica (senza necessariamente identificarsi nella posizione politica di quest'ultimo). L'elemento centrale del dibattito, quindi, non dovrebbe tanto essere lo spoils system in sé, bensì la determinazione di quanto spoils system sia auspicabile e/o necessario. Lo spoils system andrebbe, altresì, a saldarsi ad una rafforzata autonomia professionale e ad un sistema obiettivo di controllo-valutazione per la dirigenza non apicale, in modo da neutralizzare ogni rischio di una caratterizzazione in senso politico dell'amministrazione. Tutt'altra è l'opinione di quanti puntano il dito sui potenziali fattori di precarizzazione e vulnerabilità dell'autonomia dirigenziale, che lo spoils system all'italiana introduce (Alesse, 120). Non è un caso, che nel dibattito sulla dirigenza pubblica, sia stato proposto di distinguere chiaramente dirigenza professionale e dirigenza fiduciaria (eventualmente definendo con atti organizzativi generali gli incarichi di natura fiduciaria). È stato, al riguardo, osservato che il criterio distintivo tra le due aree non dovrebbe essere quello della collocazione (apicale o meno) degli uffici affidati con l'incarico, ma quello della salvaguardia della riserva in capo alla dirigenza dei compiti di amministrazione concreta (adozione di atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno) e di gestione (utilizzazione delle risorse a disposizione, organizzazione degli uffici e del lavoro all'interno dell'ufficio assegnato). Dove c'è riserva, lì c'è dirigenza professionale. Dove c'è dirigenza professionale, non potrebbe operare lo spoils system, restando alla dirigenza fiduciaria di svolgere altre funzioni (diretta collaborazione con l'organo politico, studio, verifica delle attività svolte, ecc.). Il legislatore ha, peraltro, mostrato una accentuata tendenza ad ampliare le ipotesi di decadenza automatica dagli incarichi ben al di fuori delle ristretta fascia di dirigenti apicali previsti dallo spoils system «ordinario». L'esperienza italiana ha registrato varie vicende definite di spoils system una tantum (risoluzione ante tempus di incarichi dirigenziali dovuta a decisione unilaterale – e una tantum – del legislatore), coinvolgentii la dirigenza di base e in momenti temporali non coincidenti con quello dell'insediamento di un nuovo governo. Viene in rilievo, in primis, l'art. 8 del d.P.R. n. 150/1999 (norma transitoria, regolamentare in questo caso, dettata per il primo inquadramento dei dirigenti statali nel nuovo ruolo unico della dirigenza, previsto dal d.lgs. n. 80/1998), che ha disposto la cessazione automatica di tutti gli incarichi dirigenziali in essere, sia di livello generale che di base, mantenendo in capo ai dirigenti una mera aspettativa di proposta di incarico. A distanza di circa tre anni, l'articolo 3, comma 7, della l. n. 145/2002 ha anche esso individuato una particolare normativa transitoria, legata al riordino della dirigenza statale, che ha inciso sugli incarichi dirigenziali in corso alla data di entrata in vigore della legge. Sono stati, infatti, coinvolti in un valzer di decadenze automatiche o rotazioni tutti gli incarichi dirigenziali statali. Anche nel 2006, il governo ha effettuato, tramite la decretazione d'urgenza, un intervento parziale sull'ordinamento della dirigenza, rinnovando l'ordinario regime di spoils system di cui al comma 8 dell'art. 19, d.lgs. n. 165. Tale normativa ha esteso lo spoils system ai direttori generali delle agenzie statali, comprese quelle fiscali, e assoggetto al meccanismo di decadenza automatico, alla formazione del nuovo esecutivo, tutti gli incarichi dirigenziali, anche non apicali, conferiti a soggetti esterni non appartenenti ai ruoli dell'amministrazione (disposizione poi cancellata dal decreto Brunetta). Contestualmente, si è intervenuto, ancora una volta, sui contratti in corso – incidendo negativamente su aspettative ed affidamenti –, stavolta applicando lo spoils system una tantum nei confronti dei dirigenti «estranei» ai ruoli. Le Regioni non sono state da meno: in svariati casi, leggi regionali hanno previsto la decadenza, al rinnovo del Consiglio regionale, di tutti gli incarichi dirigenziali di livello generale nell'amministrazione regionale e in tutti gli enti e organismi collegati, comprese le Asl. I commentatori più critici hanno da subito evidenziato il rischio legato al ciclico ripetersi di fenomeni di spoils system una tantum, con effetti assimilabili, nella sostanza, a quello di un gradimento politico esteso a tutta la dirigenza statale, mascherato dallo schermo rappresentato dalle esigenze derivanti dall'applicazione immediata di nuove generali normative di riforma. Una legge provvedimento, che produca gli effetti tipici di un atto di revoca e azzeri unilateralmente i contratti in essere, permettendo al governo di sostituire i dirigenti in carica, può consentire di aggirare le garanzie fondamentali del giusto procedimento e del controllo giurisdizionale, con effetti poco armonizzabili con i principi stabiliti dall'art. 97 Cost., nonché di ragionevolezza. Ciò ha finito per provocare la reazione della Corte costituzionale di fronte alla dilatazione dell'area di dirigenti sottoposti a spoils system (a regime o una tantum). Dopo qualche tentennamento sull'intuitu personae quale necessario collegamento tra l'autorità di indirizzo politico e la dirigenza (Corte cost., n. 233/2006), un orientamento restrittivo ha cominciato, infatti, a maturare con Corte cost., n. 103/2007, che ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, comma 7, della l. n. 145/2002 che aveva azzerato una tantum tutti gli incarichi dirigenziali dello Stato. La Consulta ha precisato che, salvi gli incarichi dirigenziali realmente apicali, la revoca dei dirigenti è possibile solo a seguito di una procedura di valutazione dei risultati, ispirata ai principi del giusto procedimento, culminante in una decisione motivata e suscettibile di rimedi giurisdizionali; altrimenti l'interruzione automatica, per volontà del legislatore, del rapporto di ufficio ancora in corso prima dello spirare del termine stabilito viola il principio di continuità dell'azione amministrativa e quello della distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione, principi strettamente correlati a quello di buon andamento dell'azione stessa. Quindi, per la dirigenza non apicale, il meccanismo di cessazione automatica crea una frattura ingiustificata che è privo di qualsivoglia momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti, lede il diritto di difesa dell'interessato ed è privo di qualsivoglia motivazione; in conclusione, contraddice al modello di amministrazione che persegue la continuità dell'azione amministrativa. Con la successiva Corte cost., n. 104/2007, il Giudice delle leggi ha cassato le norme della Regione Lazio (ll. nn. 9/2005 e 1/2004) sulla decadenza dei direttori generali delle Asl ad inizio legislatura. Qui l'argomento speso è stato che il direttore generale di azienda sanitaria, pur essendo il dirigente di vertice della struttura, è preposto a una struttura tecnica erogatrice di servizi e, seppur nominato dal presidente della Regione, non ha con esso un legame istituzionale diretto che richieda coesione con l'indirizzo politico. Ancora, Corte cost., n. 161/2008, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il comma 161 dell'art. 2, del d.l. n. 262/2006, nella parte in cui dispone che gli incarichi conferiti a dirigenti non appartenenti ai ruoli ministeriali «conferiti prima del 17 maggio 2006, cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto» (ancora un meccanismo di spoils system una tantum). Per il Giudice delle leggi, la natura esterna dell'incarico, infatti, non costituisce un elemento in grado di diversificare in senso fiduciario il rapporto di lavoro dirigenziale, che deve rimanere caratterizzato, sul piano funzionale, da una netta e chiara distinzione tra attività di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione. È, poi, nuovamente intervenuta sulla problematica Corte cost., n. 81/2010, con cui la Consulta ha espresso analogo principio con riguardo agli incarichi attribuiti ai sensi dell'art. 19, comma 6, d.lgs. n. 165/2001 a soggetti esterni all'amministrazione o, se dipendenti delle stesse, privi di qualifica dirigenziale. Si veda, da ultimo, Corte cost., n. 15/2017, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 20, d.l. n. 95 del 2012, anche esso assimilato ad un meccanismo di decadenza automatica per finalità di spoils system (sotto l'incongruo scudo di una riduzione delle dotazioni organiche) di tutti gli incarichi a soggetti esterni in atto. Da segnalare, ancora, Corte cost., n. 351/2008, secondo cui la previsione, da parte della legge, di forme di riparazione economica non rappresentano una tutela idonea per la rimozione automatica del direttore generale di azienda sanitaria locale, in quanto «non si attenua in alcun modo il pregiudizio da quella rimozione arrecato all'interesse collettivo all'imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione». Sulla lefittimità delle forme di spoils system previste dell'art. 14, del decreto n. 165 nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione cfr. Corte cost., n. 304/2010, secondo cui, in ragione dell'esercizio, da parte degli staff, di competenze di supporto all'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione, deve sussistere tra loro una intima compenetrazione e coesione che giustifica un rapporto strettamente fiduciario. In definitiva, per stabilire la legittimità costituzionale dello spoils system vengono in considerazione il criterio organizzativo fondato sull'apicalità della posizione e quello funzionale, basato cioè sulla natura dei compiti attribuiti al titolare della posizione stessa, relativi alla collaborazione alla formazione dell'indirizzo politico (propri dei dirigenti degli uffici di diretta collaborazione) e alla funzione di primo snodo collaborativo tra politica e amministrazione, come per i capi dipartimento, segretari generali o equivalenti. BibliografiaAlesse, La dirigenza dello Stato tra politica e amministrazione, Torino, 2006; Battini, Cimino, La dirigenza pubblica fra privatizzazione e politicizzazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 2007, 1014; Battini, L'invasione degli apicali: la Corte costituzionale riabilita lo spoils system, in Giornale di dir. amm., 2019, 3, 269; Boscati, La riforma mancata: il ruolo della dirigenza pubblica nei nuovi assetti, in lavoropubblicheamministrazioni.it, 2017; Cassese, Un riordino guidato dai grand commis per riformare lo Stato, in Amministrazione Civile, 2008, 2, 12; D'Alessio, Incarichi dirigenziali: Tremonti «corregge» Brunetta, in astrid-online.it; Oliveri, Attenuazione dello spoil system con la legge «Brunetta»?, in lexitalia.it; Pinelli, Imparzialità, buon andamento e disciplina differenziata del lavoro dirigenziale, in Giur. cost., 1996, 2596; Zaccarelli, Istituti di ispirazione anglosassone nella nuova riforma della pubblica amministrazione: le commissioni per la dirigenza, in amministrazioneincammino.luiss.it, 2015. |