Decreto legislativo - 19/08/2016 - n. 175 art. 19 - Gestione del personale

Andrea Zoppini

Gestione del personale

 

1. Salvo quanto previsto dal presente decreto, ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi.

2. Le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione il suddetto articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono pubblicati sul sito istituzionale della società. In caso di mancata o incompleta pubblicazione si applicano gli articoli 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

4. Salvo quanto previsto dall'articolo 2126 del codice civile, ai fini retributivi, i contratti di lavoro stipulati in assenza dei provvedimenti o delle procedure di cui al comma 2, sono nulli. Resta ferma la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale.

5. Le amministrazioni pubbliche socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all'articolo 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera 12

6. Le società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello.

7. I provvedimenti e i contratti di cui ai commi 5 e 6 sono pubblicati sul sito istituzionale della società e delle pubbliche amministrazioni socie. In caso di mancata o incompleta pubblicazione si applicano l'articolo 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

8. Le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l'utilizzo delle procedure di mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell'amministrazione interessata e nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili. La spesa per il riassorbimento del personale già in precedenza dipendente dalle stesse amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo indeterminato non rileva nell'ambito delle facoltà assunzionali disponibili e, per gli enti territoriali, anche del parametro di cui all'articolo 1, comma 557-quater, della legge n. 296 del 2006, a condizione che venga fornita dimostrazione, certificata dal parere dell'organo di revisione economico-finanziaria, che le esternalizzazioni siano state effettuate nel rispetto degli adempimenti previsti dall'articolo 6-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e, in particolare, a condizione che:

a) in corrispondenza del trasferimento alla società della funzione sia stato trasferito anche il personale corrispondente alla funzione medesima, con le correlate risorse stipendiali;

b) la dotazione organica dell'ente sia stata corrispondentemente ridotta e tale contingente di personale non sia stato sostituito;

c) siano state adottate le necessarie misure di riduzione dei fondi destinati alla contrattazione integrativa;

d) l'aggregato di spesa complessiva del personale soggetto ai vincoli di contenimento sia stato ridotto in misura corrispondente alla spesa del personale trasferito alla società .3

9. Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 565 a 568 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, continuano ad applicarsi fino alla data di pubblicazione del decreto di cui all'articolo 25, comma 1, e comunque non oltre il 31 dicembre 2017 4.

9-bis. Al personale di cui al presente articolo e al personale dipendente di enti pubblici non economici, anche per esigenze strettamente collegate all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e 56 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Restano fermi, per le amministrazioni riceventi, i limiti quantitativi stabiliti dall'articolo 30, comma 1-quinquies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I comandi o distacchi di cui al presente articolo non possono eccedere la durata di un anno e, comunque, non possono essere utilizzati oltre il 31 dicembre 20265.

[2] Per una deroga al presente comma vedi l'articolo 30, comma 6, del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni dalla Legge 29 dicembre 2021, n. 233.

Inquadramento

Fino al 2008 ai dipendenti delle società in mano pubblica era applicata la disciplina privatistica dei rapporti di lavoro sul presupposto della natura giuridica privata sia del datore di lavoro che del dipendente. La disciplina privatistica si applicava anche con riferimento alle procedure di reclutamento del personale (Combo, Figurati, 471).

Con l'art. 18 del d.l. n. 112/2008, rubricato «Reclutamento del personale delle società pubbliche», il legislatore ha per la prima volta dettato specifiche norme: i) per le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica (comma 1); ii) per le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo (comma 2). In entrambi i casi era fatto obbligo alle società di adottare con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi e, nel caso di cui al comma 1, di rispettare i «principi di cui al comma 3 dell'art. 35 del d.lgs. n. 165/2001» mentre, nel caso delle società di cui al comma 2, il richiamo avveniva solo con riferimento al «rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità».

La differenziazione delle due ipotesi sopra richiamate aveva creato non poche problematiche di applicazione della suddetta disposizione.

In particolare, erano sorti dubbi sul riparto di giurisdizione, poi risolti con la sentenza del S.U. dellaCass. n. 28830/2011 che ha dichiarato la non manifesta fondatezza della questione di legittimità costituzionale per disparità di trattamento, affermando che per entrambi i casi sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi comunque di società non equiparabili alle pubbliche amministrazioni.

L'adozione del TUSP ha posto fine alle problematiche sollevate in merito alla disciplina previgente. Infatti, l'art. 19 del d.lgs. n. 175/2016 ha ad oggetto la disciplina sulla gestione del personale, e il comma 1 delimita l'ambito di applicazione della disposizione in commento alle sole società controllate, stabilendo che «ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi».

Per la definizione di società a controllo pubblico si rinvia all'art. 2, lett. m) ed n) del presente Testo Unico ed al relativo commento.

In questa sede è comunque utile rilevare quanto segue.

Ai fini dell'applicabilità della disposizione in commento, l'esistenza di una mera partecipazione di una pubblica amministrazione al capitale di una società non è sufficiente a consentire l'applicazione della disposizione in commento (Felicetti, 140).

Da ciò discende che alle società partecipate non si applica la peculiare disciplina di cui all'art. 19delTUSP, avente ad oggetto la gestione del personale, perché diretta espressamente alle sole società a controllo pubblico. Alle società a partecipazione pubblica, dunque, sembra ritenersi applicabile in toto la disciplina privatistica per tutto quanto concerne il diritto di lavoro.

Quanto sopra è stato anche riconosciuto dalla giurisprudenza, secondo cui «In tema di giurisdizione, ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 175/2016, per quanto concerne le società a partecipazione pubblica, resta ferma la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale» (Trib. Torino I, 18 maggio 2018).

In linea generale, la norma in commento stabilisce innanzitutto che, mentre la gestione dei rapporti di lavoro nelle società a controllo pubblico è soggetta alle disposizioni del codice civile e alle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e ai contratti collettivi, la fase di reclutamento è, invece, soggetta ai principi previsti per l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 35,comma 3 d.lgs.n. 165/2001 (Petrucci, 280). Quanto sopra trova conferma nella lettura dell'art. 19, comma 1 del TUSP, il quale ricalca, in sostanza, il contenuto dell'art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 165/2001 secondo cui «i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano o che abbiano introdotto discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate nelle materie affidate alla contrattazione collettiva ai sensi dell'art. 40, comma 1, e nel rispetto dei principi stabiliti dal presente decreto, da successivi contratti o accordi collettivi nazionali e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili».

Obblighi contributivi e ammortizzatori sociali

L'art. 19, comma 1 del d.lgs. n. 175/2016 dispone che ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi.

Tale disposizione ha sollevato dubbi in ordine all'individuazione della «normativa vigente» in materia di ammortizzatori sociali la cui applicazione il legislatore delegato ha inteso estendere anche alle società a controllo pubblico (Gambardella, 631).

Per ammortizzatori sociali si intende il complesso di strumenti pubblici di sostegno al reddito per coloro che vivono una situazione di disoccupazione (sussidi) o di riduzione e/o sospensione dell'attività in costanza di rapporto di lavoro (cassa integrazione).

Al fine di garantire la sussistenza delle misure di sostegno di cui sopra, le società a controllo pubblico hanno l'obbligo di versare all'INPS la contribuzione per le assicurazioni c.d. minori (disoccupazione, mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria).

L'estensione anche alle società a controllo pubblico dell'obbligo di versare la contribuzione per le «assicurazioni minori» trova la sua ratio nell'esigenza di assicurare la maggiore tutela possibile per i lavoratori di tali società che comunque operano in un regime di libero mercato e sono esposte al c.d. rischio di impresa (Gambardella, 631).

Quanto sopra trova conferma anche in giurisprudenza, laddove è stato affermato che «in tema di contribuzione previdenziale, le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l'esercizio di attività industriali sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l'esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all'erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l'amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell'ente pubblico. È stato in particolare precisato che la forma societaria di diritto privato è per l'ente locale la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall'ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell'obiettivo pubblico è caratterizzato dall'accettazione delle regole del diritto privato e che la finalità perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all'obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio dal regime pubblicistico a quello privatistico» (Cass.,ord. n. 6/2016; Cass. n. 14847/2009; Cass. n. 5816/2010; Cass. n. 19087/2013, n. 20818/2013, n. 20819/2013, n. 22318/2013, n. 27513/2013; Cass. n. 14089, Cass. n. 13721/2014;Cass., ord. n. 9185/2015).

Quindi, alla luce di quanto sopra sono escluse dall'applicazione delle norme sulle integrazioni dei guadagni le sole società nel caso in cui in cui il capitale delle stesse sia interamente di proprietà di enti pubblici o sia gestito dagli stessi enti pubblici.

Il reclutamento del personale.

Le società a controllo pubblico, in base a quanto previsto dall'art. 19, comma 2 del TUSP «stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all'art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001. In caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione il suddetto art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001». In sintesi, l'art. 19, comma 2 del TUSP impone alle società a controllo pubblico, in continuità con la previgente disciplina, sia il rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità e di derivazione europea, sia di quelli previsti dall'art. 35, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001.

La disposizione in esame nulla prevede con sul conferimento degli incarichi. Pertanto, la dottrina ha ritenuto applicabile la disciplina in commento ai soli rapporti di lavoro subordinato, nell'ambito del quale, l'assenza di ogni delimitazione, induce a ritenere obbligatorie le procedure selettive a tutte le assunzioni, comprese quelle dirigenziali (Tosi, 410). Si specifica, inoltre, che la norma fa esplicito riferimento al solo «reclutamento» del personale. Dunque, l'obbligo di procedere al reclutamento di personale attraverso procedure concorsuali trova applicazione solo per le assunzioni dall'esterno e non anche alle progressioni verticali di carriera.

L'art. 35, comma 3 del TUPI individua i criteri a cui le pubbliche amministrazioni devono conformarsi. In particolare, le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire; c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori; d) decentramento delle procedure di reclutamento; e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali; e-ter) possibilità di richiedere tra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento di alta specializzazione, il possesso del titolo di dottore di ricerca o del master universitario di secondo livello. Le società a controllo pubblico, quindi, hanno l'obbligo di individuare con propri provvedimenti i criteri e le modalità di reclutamento del personale, che siano rispettosi dei criteri individuati dall'art. 35, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001.

La mancata individuazione dei provvedimenti di cui sopra è sanzionata con la diretta applicazione dell'art. 35, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001.

Infatti, le società a controllo pubblico sono chiamate al rispetto dei principi di cui all'art. 35, comma 3 TUPI o in via volontaria, oppure, se inadempienti, mediante l'applicazione forzosa degli stessi (Felicetti, 141).

In ossequio al principio di trasparenza e secondo quanto disposto dal successivo comma 3 dell'art. 19 del TUSP, i provvedimenti adottati devono essere «pubblicati sul sito istituzionale della società» a controllo pubblico, in caso contrario, infatti, verrà applicata alla stessa la sanzione di cui agli articoli 22, comma 4, 46 e 47, comma 2 del d.lgs. n. 33/2013.

In particolare, in applicazione del d.lgs. n. 33/2013, l'inadempimento all'obbligo di pubblicazione: i) comporta il divieto di erogazione di somme a qualsivoglia titolo da parte dell'amministrazione interessata ad esclusione dei pagamenti che le amministrazioni sono tenute ad erogare a fronte di obbligazioni contrattuali per prestazioni svolte in loro favore da parte di uno degli enti e società indicati nelle categorie di cui al comma 1, lettere da a) a c); ii) costituisce elemento di valutazione negativa della responsabilità dirigenziale a cui applicare la sanzione di cui all'art. 47, comma 1-bis, ed eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione, valutata ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili; iii) comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa in carico al responsabile della pubblicazione consistente nella decurtazione dal 30 al 60 per cento dell'indennità di risultato ovvero nella decurtazione dal 30 al 60 per cento dell'indennità accessoria percepita dal responsabile della trasparenza. La stessa sanzione si applica agli amministratori societari che non comunicano ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di risultato, entro trenta giorni dal percepimento.

Alla luce di quanto sopra è, dunque, possibile osservare quanto segue.

Il rinvio espresso della norma in commento all'art. 35, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001, sancisce l'obbligo per le società controllate di utilizzare, ai fini del reclutamento del personale, procedure selettive nel rispetto del principio del pubblico concorso.

Si ritiene inoltre che, la previsione di procedure di selezione, trasparenti, pubbliche e imparziali di cui all'art. 19, comma 2 del TUSP, finalizzate a contenere la spesa pubblica, possano essere applicate, sia alle assunzioni di personale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sia alle assunzioni a termine e all'instaurazione di rapporti di apprendistato nonché ai contratti di somministrazione (Petrucci, 284).

Come anticipato, la mancata adozione dei provvedimenti che stabiliscono i criteri e le modalità di reclutamento del personale di cui al comma 2 comporta, oltre alle conseguenze proprie della sua mancata pubblicazione ex art. 19, comma 3 del TUSP, anche conseguenze sul rapporto di lavoro.

Infatti, la previsione in commento assume carattere imperativo con la conseguenza che l'omesso rispetto dei principi fissati dalla medesima norma (commi 2 e 3) è suscettibile di determinare la nullità del contratto di lavoro (comma 4), ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c. (C. conti, sez. contr. Valle d'Aosta, n. 12/2021;Cass. S.U., n. 26724/2007) L'art. 19, comma 4, infatti, sanziona con la nullità i contratti di lavoro stipulati in assenza dei provvedimenti o delle procedure di cui al comma 2, facendo salvi gli effetti di cui all'art. 2126 del c.c. ai fini retributivi.

La giurisprudenza ha negato «la portata innovativa avendo la citata disposizione reso esplicita una conseguenza già desumibile dai principi generali in tema di nullità virtuali» (Trib. Roma, sez.lav., n. 7123/2019;Cass., sez.lav., n. 19925/2019).

La giurisprudenza ha anche precisato che l'art. 19 del TUSP ha recepito l'orientamento giurisprudenziale antecedente all'adozione del Testo Unico per le società partecipate, secondo cui «l'instaurazione di un rapporto di pubblico impiego deve quindi normalmente avvenire per concorso, escludendosi pertanto, per un verso, la possibilità di un rapporto di pubblico impiego di fatto (Cons. St. IV, n. 975/2012), con la conseguenza che quello costituito in violazione di tale regola generale è nullo ed ugualmente nullo, in quanto stipulato in frode alla legge, è il contratto di lavoro subordinato dissimulato sotto un fittizio contratto d'opera, restando salva solo l'applicazione dell'art. 2126c.c. [...]. Alla nullità del rapporto di lavoro pubblico costituito in violazione della ricordata regola generale consegue anche l'impossibilità del suo riconoscimento giudiziale, anche solo a tempo determinato, per l'esistenza di una specifica disciplina contraria che esclude ogni riferimento alla diversa disciplina privatistica (Cons. St. V, n. 957/2011), così che la domanda giudiziale di accertamento della sussistenza di un rapporto di pubblico impiego può trovare accoglimento esclusivamente ai fini dell'applicabilità delle garanzie retributive e contributivo previdenziali di cui all'art. 2126c.c., qualora ricorrano gli indici rilevatori del pubblico impiego, notoriamente costituiti dalla natura pubblica del datore di lavoro, dalla diretta correlazione dell'attività prestata con i fini istituzionali perseguito, dall'effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'ente, dall'orario predeterminato e assoggettato al controllo, dalla retribuzione prefissata e a cadenza mensile e dal carattere continuativo, professionale e prevalente» (Cons. St. V, n. 5261/2014; Cons. St. V, n. 801/2012; n. 6241/2011;Cons. St. n. 2087/2013;Cons. St. n. 6177/2012;Cons. St. n. 5594/2012; Cons. St. VI, n. 5799/2013). Si tratta di un orientamento confermato anche dalla Suprema Corte, secondo cui «affermato che per le società a totale partecipazione pubblica il previo esperimento delle procedure concorsuali e selettive condiziona la validità del contratto di lavoro, non può che operare il principio secondo cui anche per i soggetti esclusi dall'ambito di applicazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o regionale, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del contratto a termine affetto da nullità (...). Diversamente opinando si finirebbe per eludere il divieto posto dalla norma imperativa che, come già evidenziato, tiene conto della particolare natura delle società partecipate e della necessità, avvertita dalla Corte costituzionale, di non limitare l'attuazione dei precetti dettati dall'art. 97 Cost. ai soli soggetti formalmente pubblici bensì di estenderne l'applicazione anche a quelli che, utilizzando risorse pubbliche, agiscono per il perseguimento di interessi di carattere generale» (Cass., sez.lav., n. 19925/2019).

La giurisdizione sui provvedimenti regolatori e sulle procedure di reclutamento.

Una ulteriore novità introdotta dall'art. 19, comma 4 del TUSP è quella di aver confermato «la giurisdizione ordinaria sulla validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale» (cfr. T.A.R. Palermo I, n. 555/2018).

Il riconoscimento della giurisdizione del giudice civile sulle cause aventi ad oggetto la validità dei provvedimenti e delle procedure di reclutamento del personale è stato frutto di un vivace dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza. In particolare, tale disposizione costituisce un'eccezione a quanto stabilito dall'art. 63, comma 4 del d.lgs. n. 165/2001 in base al quale «Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'art. 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi».

La giurisprudenza chiamata a pronunciarsi sulla questione di giurisdizione delle controversie riguardanti le procedure di reclutamento delle società a controllo pubblico, ha ritenuto che le norme sul reclutamento «sono norme di diritto sostanziale, che non incidono in alcun modo sui criteri di riparto della giurisdizione in materia di assunzione dei dipendenti, che rimane devoluta, in entrambe le fattispecie anzidette, al giudice ordinario» (Cass., sez.lav., n. 19925/2019;Cass. S.U., n. 7759/2017, richiamata da T.A.R. Lombardia, Milano III n. 755/2019; da T.A.R. Lazio, Roma II-bis, n. 8715/2018; daT.A.R.Lazio, Roma, n. 10264/2019; da Cons. St. I, n. 1287/2018).

Contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni.

Ai sensi dell'art. 19, comma 5 del TUSP, le amministrazioni pubbliche fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento delle società a controllo pubblico dalle medesime partecipate, ivi comprese quelle per il personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera, delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto stabilito all'art. 25, ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale. A ciò si aggiunga che ai sensi del successivo comma 6 che le società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, anche in sede di contrattazione di secondo livello. L'obiettivo della disposizione in commento è quello di contenere i costi relativi al personale delle società a controllo pubblico. L'art. 19, commi 5 e 6 del TUSP, infatti, richiede alle amministrazioni socie di fissare con propri provvedimenti gli obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, includendovi quelle per il personale delle società controllate.

Sulla ratio della previsione si è pronunciata la Sezione di controllo Liguria della Corte dei conti (deliberazione n. 80/2017/PAR) la quale ha ravvisato che l'emanazione dei provvedimenti previsti dall'art. 19 costituisce non un mera facoltà, bensì un obbligo in base al quale le pubbliche amministrazioni devono fissare obiettivi specifici, annuali e pluriennali, in termini di contenimento delle spese, tenuto conto dell'attività prodotta in favore degli enti partecipanti alla società a controllo pubblico e dei soggetti terzi, in un'ottica di efficienza ed economia di scala, nonché di realizzazione dello scopo di lucro (compatibilmente con l'attività espletata). Detto in altri termini «per rispettare la lettera della norma, l'Amministrazione pubblica socia dovrà essere in grado di rapportare mezzi ed obiettivi, alla luce dell'attività svolta dallo strumento societario, in modo da determinare l'ammontare delle risorse necessarie al conseguimento dei fini propri della società [...]. In tal modo, un aumento dell'attività svolta e del fatturato non sarà da solo sufficiente a giustificare un incremento del personale se, in base a valutazioni di ordine economico, il personale in servizio presso la società sia già ampiamente sufficiente, in termini numerici, ad espletare il maggior servizio [...]. A conferma di quanto osservato finora si evidenzia che l'art. 19, comma 5, del testo unico, permette all'ente socio un approccio flessibile alla problematica assunzionale, posto che la norma non contiene richiami diretti alle norme di finanza pubblica che valgono per le spese, complessive ed individuali, del personale dipendente da enti pubblici (si pensi, per gli enti locali, all'obbligo di contenimento della spesa storica per il personale posto dall'art. 1, commi 557 e seguenti, della l. n. 296/2006) o per le relative assunzioni (si pensi, sempre per gli enti locali, a quelle contenute nell'art. 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014, convertito dalla l. n. 114/2014)».

Rimane comunque ferma la responsabilità erariale degli amministratori dell'ente pubblico, in caso di adozione di provvedimenti non coerenti con il testo della norma e dei dirigenti della società controllata in caso di mancato recepimento nei propri atti interni e/o nella contrattazione integrativa di secondo livello delle azioni suggerite dall'ente socio. Essenziale sarà, pertanto, il momento della verifica affidato alle Sezioni di controllo che dovranno verificare la correttezza e la coerenza (sotto il profilo economico) delle determinazioni contenute nei provvedimenti degli enti soci, nonché la realizzazione degli obiettivi posti ai sensi dell'art. 19. La disposizione sopra richiamata, quindi, nel porre in capo alle pubbliche amministrazioni partecipanti l'obbligo di fissare alle proprie società obiettivi specifici di contenimento anche delle spese di personale prevede, in particolare, che debbano tenere conto di quanto stabilito dall'art. 25 TUSP, «ovvero delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale».

Secondo la giurisprudenza contabile, «quest'ultimo inciso non può che riferirsi a limitazioni alle assunzioni di personale relative alle predette società partecipate e non alle Amministrazioni partecipanti, venendo meno il possibile addentellato normativo su cui appare fondarsi l'interpretazione in esame. Ne deriva, conseguentemente, che una società partecipata – nel rispetto delle direttive impartite dalle proprie amministrazioni partecipanti e degli specifici obblighi legislativamente previsti e, in particolare, da quanto statuito dal TUSP, anche per quanto attiene alle modalità attraverso cui procedere – può porre in essere assunzioni, senza che ciò possa intaccare la capacità assunzionale delle predette amministrazioni partecipanti» (C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 302/2018). Il risultato, dunque, può essere raggiunto anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni del personale in base a quanto stabilito dall'art. 25 del TUSP recante «Disposizioni transitorie in materia di personale» al cui commento si rinvia.

La definizione degli obiettivi, di cui al comma 5 dell'art. 19, deve essere inoltre correlata al settore di operatività di ciascuna società (Tosi, 418).

Di conseguenza i soci pubblici possono prevedere per le proprie controllate diverse misure. Il socio pubblico, infatti, «ha il potere-dovere di contemperare l'esigenza di contenimento della spesa con l'erogazione di prestazioni comunque soddisfacenti per la collettività. Pertanto, le modalità pratiche di realizzazione dei menzionati vincoli legislativi rientrano nella discrezionalità amministrativa del comune che, in qualità di socio dell'organismo affidatario in house, dovrà vagliare e percorrere impostazioni coerenti con le prescrizioni finalistiche della legge, nel rispetto degli ordinari criteri di efficienza ed economicità del servizio» (C. conti, sez. contr.Toscana, n. 1/2015).

Una volta che le amministrazioni fissano gli obiettivi (comma 5), le società a controllo pubblico hanno il dovere di provvedervi (comma 6) con propri provvedimenti e, nel caso di obblighi di contenimento degli oneri contrattuali, devono attivarsi per il loro recepimento nella contrattazione collettiva di secondo livello.

Sia gli atti di indirizzo delle amministrazioni socie, sia quelli di recepimento delle società controllate devono essere «pubblicati sul sito istituzionale della società e delle pubbliche amministrazioni socie». La mancata adozione dei provvedimenti sopra indicati o l'eventuale omissione della pubblicazione è sanzionata con la già citata disciplina in materia di trasparenza.

Riassorbimento del personale di provenienza pubblica.

Il comma 8, dell'art. 19 stabilisce che le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l'utilizzo delle procedure di mobilità di cui all'art. 30del d.lgs.n. 165/2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. L'ambito soggettivo di applicazione della norma sopra richiamata è stato poi esteso dalla l. n. 205/2017 anche ai dipendenti dei consorzi e delle aziende degli enti locali già posti in liquidazione.

Al fine di inquadrare la portata precettiva in maniera completa la disposizione in commento è utile analizzare l'orientamento della giurisprudenza, per quanto concerne la legittimità del trasferimento del personale dipendente di società a controllo pubblico all'interno di una pubblica amministrazione anteriore all'adozione del Testo unico sulle società partecipate.

In particolare, la Corte costituzionale, pronunciandosi su leggi regionali che avevano previsto l'inquadramento nei ruoli di personale dipendente da società partecipate, ha dichiarato l'incostituzionalità di tali norme per violazione dell'art. 97 cost. a prescindere dall'eventuale reclutamento di tali lavoratori mediante procedure selettive (Corte cost. n. 227/2013;Corte cost. n. 7/2015;Corte cost. n. 113/2017).

La giurisprudenza contabile, al contrario, ha valorizzato le procedure di reclutamento nel prospettare il trasferimento nei ruoli pubblici del personale assunto dalle società partecipate nel rispetto del principio di concorsualità (C. conti, sez. contr.Toscana, n. 174/2011). La giurisprudenza contabile ha anche spiegato che la norma in esame, «nel regolamentare quanto in precedenza non trovava disciplina legislativa, vale a dire il percorso inverso di passaggio di personale dalle società in controllo pubblico alle pubbliche amministrazioni, in caso di reinternalizzazione delle funzioni o dei servizi prima loro affidati, afferma con chiarezza che i soggetti assorbibili sono solo quelli già dipendenti dalla pubblica amministrazione che ha esternalizzato, nonché da altre pubbliche amministrazioni, sicché devono ritenersi esclusi coloro che sono stati assunti direttamente dalle società partecipate anche sulla base di una procedura selettiva. [...] il testo sulle partecipate, mediante il quale il legislatore si è occupato per la prima volta, riguardo alle questioni afferenti il personale, del tema delle reinternalizzazioni, consente esclusivamente il riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione» (C. conti, sez. contr.Liguria, n. 19/2020; C. conti, sez. contr. Valle d'Aosta, n. 10/2017; C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 310/2017;C. cost., ordinanza209/2015).

Il riassorbimento, comunque, è limitato al rispetto dei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche delle amministrazioni interessate e nell'ambito delle facoltà di assunzione e sempre a condizione che venga fornita dimostrazione, certificata da parte dell'organo di revisione economico-finanziaria, che le esternalizzazioni siano state effettuate nel rispetto degli adempimenti previsti dall'art. 6-bis del d.lgs. n. 165/2001, e, quindi, a condizione che: i) in corrispondenza del trasferimento alla società della funzione sia stato trasferito anche il personale corrispondente alla funzione medesima, con le correlate risorse stipendiali; ii) la dotazione organica dell'ente sia stata corrispondentemente ridotta e tale contingente di personale non sia stato sostituito; iii) siano state adottate le necessarie misure di riduzione dei fondi destinati alla contrattazione integrativa; iv) l'aggregato di spesa complessiva del personale soggetto ai vincoli di contenimento sia stato ridotto in misura corrispondente alla spesa del personale trasferito alla società.

Una volta accertata la sussistenza di tali condizioni, la pubblica amministrazione potrà procedere alla «reinternalizzazione» mediante l'utilizzo della procedura di cui all'art. 30 del d.lgs. n. 165/2001. Tale ultima disposizione, in particolare, dispone che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. L'amministrazione di appartenenza deve dare l'assenso nel caso in cui si tratti di posizioni dichiarate motivatamente infungibili dall'amministrazione cedente o di personale assunto da meno di tre anni o qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente. Le amministrazioni, poi, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere.

All'esito della procedura l'amministrazione di destinazione provvede alla riqualificazione dei dipendenti la cui domanda di trasferimento è accolta, eventualmente avvalendosi, ove sia necessario di percorsi specifici o settoriali di formazione della Scuola nazionale dell'amministrazione.

La volontà del legislatore, intesa nel senso di limitare il riassorbimento del personale ai soli dipendenti di provenienza pubblica, rende, secondo alcuni inapplicabile alle operazioni di internalizzazione l'art. 2112 c.c. (Tosi, 419).

Infine, dall'art. 19, comma 8 del TUSP discende il divieto di ogni altra e diversa procedura di mobilità tra società controllate e pubbliche amministrazioni a prescindere dall'estensione del principio di concorsualità alle società controllate.

Tale divieto, infatti, trova la sua ratio sia nei limiti delle assunzioni che sarebbero altrimenti elusi sia nella permanente distinzione tra le procedure concorsuali bandite dalla pubblica amministrazione e procedure indette dalle società controllate (C. conti, sez. contr.Campania, n. 56/2017).

Bibliografia

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