Decreto legislativo - 14/03/2013 - n. 33 art. 5 bis - Esclusioni e limiti all'accesso civico 1

Luca Biffaro

Esclusioni e limiti all'accesso civico1

1. L'accesso civico di cui all'articolo 5, comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:

a) la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;

b) la sicurezza nazionale;

c) la difesa e le questioni militari;

d) le relazioni internazionali;

e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;

f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;

g) il regolare svolgimento di attività ispettive.

2. L'accesso di cui all'articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:

a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;

b) la libertà e la segretezza della corrispondenza;

c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.

2-bis. Al fine di semplificare le procedure in materia di accesso alle informazioni sugli alimenti, il Ministero della salute rende disponibili, ogni sei mesi, tramite pubblicazione nel proprio sito internet, in una distinta partizione della sezione 'Amministrazione trasparentè, tutti i dati aggiornati raccolti e comunque detenuti relativi ad alimenti, mangimi e animali vivi destinati al consumo umano provenienti dai Paesi dell'Unione europea nonché da Paesi terzi, anche con riguardo ai dati identificativi degli operatori economici che abbiano effettuato le operazioni di entrata, uscita, transito e deposito dei suddetti prodotti.  All'attuazione del presente articolo il Ministero della salute provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica 2.

3. Il diritto di cui all'articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

4. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente. Se i limiti di cui ai commi 1 e 2 riguardano soltanto alcuni dati o alcune parti del documento richiesto, deve essere consentito l'accesso agli altri dati o alle altre parti.

5. I limiti di cui ai commi 1 e 2 si applicano unicamente per il periodo nel quale la protezione è giustificata in relazione alla natura del dato. L'accesso civico non può essere negato ove, per la tutela degli interessi di cui ai commi 1 e 2, sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.

6. Ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui al presente articolo, l'Autorità nazionale anticorruzione, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative (A).

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(A) In riferimento al presente comma vedi: Parere - Autorità garante per la protezione dei dati personali 15 dicembre 2016.

[2] Comma inserito dall'articolo 43-bis, comma 1, del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120.

Inquadramento

L'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce i casi di esclusione assoluta del diritto di accesso civico generalizzato e individua i c.d. interessi-limite che, ove ritenuti prevalenti dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti di cui all'art. 2-bis del decreto trasparenza, precludono in tutto o in parte la disclosure della informazione amministrativa richiesta dai consociati. Il legislatore nazionale ha, dunque, previsto un sistema di eccezioni assolute e relative al diritto alla conoscibilità di dati, informazioni e documenti in possesso dell'amministrazione, rimettendo a quest'ultima il compito di vagliare se, nel caso di specie, l'ostensione dell'informazione richiesta possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi, di natura pubblica e privata, indicati nei commi 1 e 2 dell'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013. Le eccezioni assolute al diritto di accesso civico generalizzato, previste dal comma 3 di tale norma, precludono in radice la conoscibilità dell'informazione amministrativa, ragione per la quale esse sono direttamente stabilite dalla legge che, sulla base di una valutazione preventiva e di ordine generale, individua gli interessi di rango prioritario dal punto di vista ordinamentale, rispetto alla cui salvaguardia le istanze ostensive dei consociati risultano sempre recessive.

La norma, inoltre, stabilisce che le esclusioni e i limiti all'accesso civico generalizzato non trovano applicazione per le istanze di accesso civico semplice, avendo il legislatore già definito a monte il carattere ostensibile dell'informazione amministrativa che forma oggetto di specifici obblighi legali di pubblicazione.

Specifiche previsioni sono poi dettate con riguardo alle informazioni sugli alimenti che, per esigenze di semplificazione, vengono pubblicate a cura del Ministero della salute, con cadenza semestrale, su una specifica partizione della sezione «Amministrazione trasparente» del sito Internet istituzionale del Ministero.

Al fine di tutelare gli interessi-limite, in un'ottica di maggiore contemperamento tra le opposte esigenze sottese all'esercizio del diritto alla conoscibilità dell'informazione in possesso dell'amministrazione e alla salvaguardia di rilevanti interessi di natura pubblica e privata, il legislatore ha espressamente previsto che le pubbliche amministrazioni possano accogliere solo parzialmente le richieste di disclosure o differire l'accesso per il periodo di tempo necessario a preservare l'integrità di tali interessi.

Infine, il legislatore ha attribuito all'ANAC e al Garante della privacy la competenza a definire congiuntamente le esclusioni e i limiti all'accesso civico generalizzato, potere poi effettivamente esercitato con l'adozione di apposite linee guida (delibera n. 1309/2016).

La ratio della limitazione del diritto alla conoscibilità dell'informazione amministrativa

Una caratteristica comune e, per così dire, strutturale di tutte le discipline normative in materia di accesso è data dalla previsione di un articolato sistema di limiti ed esclusioni, di cui i legislatori si servono per bilanciare il diritto dei singoli consociati alla conoscibilità della informazione amministrativa con la tutela di ulteriori e parimenti rilevanti interessi, di natura pubblica e privata.

Come è stato affermato in dottrina (Droghini, 230), la chiara identificazione dei limiti all'accesso e le modalità di applicazione degli stessi rappresentano elementi determinanti per testare il grado di effettività e l'estensione del diritto alla conoscibilità dei dati, documenti e informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni. Invero, l'ambito di operatività del diritto civico di accesso risulta inversamente proporzionale all'ampiezza del campo di applicazione del sistema delle eccezioni. Anche il grado di certezza circa il perimetro normativo delle eccezioni che ostano (in tutto, in parte o solo in maniera transeunte) alla conoscibilità dell'informazione amministrativa, concorre a determinare l'ampiezza effettiva del diritto fondamentale di accesso al patrimonio informativo detenuto dalle pubbliche amministrazioni (Ponti, 56).

Si è già avuto modo di rilevare che con la riforma della trasparenza e il riconoscimento in capo a tutti i consociati di un vero e proprio right to know, funzionale ad una maggiore apertura democratica dell'ordinamento sul versante della partecipazione dei cittadini all'esercizio dei poteri pubblici e a un controllo diffuso sull'operato e l'organizzazione dell'apparato pubblico, anche nell'ordinamento italiano è stato introdotto un regime di generale accessibilità dell'informazione amministrativa. Il legislatore, tuttavia, non ha varato un sistema di accesso indiscriminato e totalmente libero ai dati, ai documenti e alle informazioni amministrative, in quanto l'ostensione sistematica e capillare delle stesse, in ragione della vastissima platea dei soggetti legittimati ad esercitare il diritto civico di accesso, avrebbe potuto determinare la compromissione di ulteriori e parimenti rilevanti interessi di natura pubblica e privata: invero, ogniqualvolta i dati oggetto di disclosure avessero recato elementi conoscitivi tali da pregiudicare l'integrità di tali interessi, sarebbero state frustrate le aspettative di tutela legittimamente vantate dai rispettivi titolari.

Ad esempio, l'ostensione in favore di un qualsiasi consociato (cioè del quisque de populo, terzo rispetto all'informazione amministrativa) di informazioni relative a segreti commerciali di cui l'amministrazione sia entrata in possesso in ragione dell'esercizio dei propri compiti istituzionali (si pensi alle informazioni di cui l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato entri in possesso in seguito all'esercizio dei suoi poteri di enforcement della normativa antitrust nazionale o eurounitaria), oltre a ostacolare l'esercizio futuro delle funzioni pubbliche dell'ente, con pregiudizio per l'interesse affidato dalla legge alla sua cura (posto che l'ostensione di tali informazioni disincentiverebbe gli stakeholder a collaborare lealmente, anche a costo di incorrere nella irrogazione di sanzioni amministrative), risulterebbe anche suscettibile di cagionare ulteriori effetti pregiudizievoli, sia con riferimento ad interessi di natura pubblicistica (quale, continuando con l'esempio appena citato, la tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato), sia con riguardo ad interessi di natura privata. A tale ultimo riguardo va aggiunto che la tutela di interessi privati, come i segreti commerciali di una impresa, si giustifica alla luce del rilievo anche pubblicistico che tali interessi presentano. Infatti, i soggetti che hanno subito la violazione dei propri segreti commerciali in ragione della loro disclosure ad opera dell'amministrazione, sperimenteranno una drastica diminuzione degli incentivi ad investire in ricerca e sviluppo per migliorare i propri beni o servizi, con ripercussioni negative sull'intero mercato di riferimento e, in ultima istanza, sugli interessi economici dei consumatori, a causa del peggioramento della qualità dei prodotti, della diminuzione della varietà di scelta e della alterazione delle dinamiche concorrenziali, potendosi anche ipotizzare (nei casi più gravi) l'uscita dal mercato dell'operatore economico che ha subito un vulnus irreparabile dalla disclosure dei propri segreti commerciali.

La giurisprudenza comunitaria (CGUE, 9 giugno 2010, in C-139/07P, Technische Glaswerke Ilmenau c. Commissione; Tribunale, 9 settembre 2008, in T-403/05, MyTravel c. Commissione), con specifico riferimento all'attività amministrativa della Commissione europea in materia di applicazione della normativa antitrust comunitaria sul controllo delle concentrazioni economiche e quella sugli aiuti di Stato, ha evidenziato tale profilo affermando che l'esercizio del diritto di accesso rispetto a documenti afferenti alle funzioni meramente amministrative delle istituzioni comunitarie risulta soggetto a limiti maggiori rispetto all'esercizio di tale diritto con riguardo a documenti inerenti alle funzioni di carattere legislativo (quali, ad esempio, i documenti relativi a una proposta di direttiva della Commissione europea), in quanto la divulgazione di tali documenti è suscettibile di determinare, ex se, un rischio concreto di pregiudizio per l'effettività dell'azione amministrativa dell'Unione europea.

Il legislatore nazionale, nel riformare il sistema della trasparenza mediante l'introduzione di un più sistema di accesso all'informazione amministrativa, ha plasmato l'istituto dell'accesso civico anche sul modello FOIA di matrice statunitense. Quindi, alla luce della avvertita necessità di tutelare anche ulteriori interessi occasionalmente coinvolti dalle pretese ostensive dei consociati, è stato delineato il sistema dei limiti e delle esclusioni disciplinato dall'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013.

In proposito, alcuni autori (Ponti, 57) hanno evidenziato – anche sulla scorta delle soluzioni adottate in altri ordinamenti (Savino, 1 ss.) – che gli aspetti principali nella definizione delle eccezioni al diritto civico di accesso riguardano il numero delle stesse e le modalità di identificazione. A tale ultimo riguardo, in particolare, le opzioni disponibili sono essenzialmente incentrate sulle categorie di informazioni da sottrarre all'accesso o sulle classi di interessi che si intendono salvaguardare, in quanto passibili di essere lesi dall'accoglimento della pretesa ostensiva dei cives. Dall'analisi delle legislazioni relative all'accesso civico generalizzato di altri ordinamenti nazionali e sovranazionali emerge una certa tendenza in favore di un sistema misto (ad esempio, negli Stati Uniti e nel Regno Unito), anche se non mancano casi in cui prevale nettamente una metodologia sull'altra (ad esempio, in Francia prevale l'identificazione mediante categorie di informazioni, mentre in Germania e nell'ordinamento dell'Unione europea prevale l'identificazione delle eccezioni tramite il ricorso alle classi di interessi). Il legislatore italiano ha marcatamente optato per il modello comunitario, andando a individuare le eccezioni al diritto alla conoscibilità alla luce degli interessi, pubblici e privati, suscettibili di essere pregiudicati dall'accoglimento dell'istanza di accesso civico generalizzato. Pertanto, prima di analizzare nel dettaglio la disciplina delle eccezioni contenuta nell'art. 5-bis del decreto trasparenza, occorre brevemente analizzare il modello comunitario disciplinato dall'art. 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001.

Il modello europeo delineato dal regolamento (CE) n. 1049/2001 e il test comunitario

Come chiarito in precedenza (supra sub art. 5) il legislatore europeo ha riconosciuto un diritto di accesso di portata particolarmente ampia al fine di rendere più trasparente e democratico l'operato delle istituzioni comunitarie exartt. 1 e 15 del TFUE e 42 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. In particolare, il regime del diritto di accesso in ambito comunitario – non richiedendo l'esistenza, in capo all'istante, di una situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela, che sia altresì collegata ai dati e documenti rispetto ai quali il diritto di accesso viene ad essere concretamente esercitato – consente (a differenza del regime interno in materia di accesso documentale) lo svolgimento di un controllo generalizzato sull'operato delle istituzioni dell'Unione europea, salvo che l'ostensione dei documenti richiesti non sia suscettibile di cagionare un pregiudizio a interessi, di natura pubblica o privata, che l'ordinamento sovranazionale intende tutelare in via prioritaria.

L'ampiezza del diritto di accesso ai documenti detenuti dalle Istituzioni dell'Unione europea, quindi, non è assoluta, in quanto il legislatore comunitario, mediante il regolamento n. 1049/2001, ha introdotto specifici limiti all'esercizio di tale diritto, giustificati da esigenze di salvaguardia di interessi pubblici e privati.

In particolare, l'art. 4 di tale regolamento comunitario prevede tre tipologie di eccezioni (Tommasi, 12 ss.) articolate tra quelle di carattere assoluto, quelle di carattere relativo e quelle derivanti dall'uso interno del documento da parte dell'Istituzione europea nei confronti della quale è stata formulata la richiesta di disclosure.

Le eccezioni assolute (art. 4, par. 1, del regolamento n. 1049/2001) mirano a salvaguardare l'integrità di interessi di natura pubblica – quali la sicurezza pubblica, la difesa e le questioni militari, le relazioni internazionali, la politica finanziaria, monetaria o economica dell'Unione europea o di uno Stato membro, i dati personali (CGUE, 29 giugno 2010, in C-28/08P, Bavarian Lager c. Commissione) – mentre le eccezioni relative (art. 4, par. 2, del regolamento n. 1049/2001) mirano a preservare taluni interessi – quali gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica (ivi compresa la proprietà intellettuale), le procedure giurisdizionali e consulenza legale, gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile – sempre che non risulti prevalente l'interesse pubblico alla divulgazione dei documenti oggetto dell'istanza di accesso. Infine, l'eccezione derivante dall'uso interno di un documento (art. 4, par. 3, del regolamento n. 1049/2001), mira a salvaguardare il processo decisionale dell'Istituzione che ha formato tale documento o lo ha ricevuto e intende usarlo per determinarsi in ordine a una vicenda per la quale non ha ancora formalmente assunto una decisione.

Pertanto, sulla base del richiamato regime sovranazionale del diritto di accesso, le eccezioni assolute trovano applicazione ogniqualvolta sussista un pregiudizio concreto ad alcuno degli interessi pubblici espressamente indicati dal legislatore comunitario, mentre ai fini della operatività delle eccezioni relative non è sufficiente che sussista un rischio di lesione per gli interessi privati individuati dal legislatore, ma è altresì necessario che si operi un bilanciamento tra l'interesse, pubblico o privato, che funge da limite all'accesso e l'interesse pubblico alla conoscibilità e divulgazione dell'informazione amministrativa, per stabilire, nel caso concreto, la prevalenza dell'uno sull'altro (Tommasi, 12; Locchi, 19). Il medesimo tipo di bilanciamento, inoltre, deve essere operato anche nei casi di cui all'art. 4, par. 3, del regolamento n. 1049/2001, con rispetto ai quali la tutela del processo decisionale dell'istituzione (quale interesse-limite) viene accordata solo laddove la neutralizzazione del pregiudizio concreto che discenderebbe dalla divulgazione sia ritenuto prevalente rispetto all'interesse pubblico alla conoscibilità dei documenti formati o ricevuti dall'amministrazione ai fini dello svolgimento dei suoi compiti istituzionali.

Da tale breve disamina emerge che in ambito comunitario, l'operatività delle eccezioni relative di cui ai paragrafi 2 e 3 dell'art. 4 del regolamento n. 1049/2001 viene ad essere determinata in base agli esiti di un bilanciamento tra contrapposti interessi che si articola intorno alla realizzazione di un duplice test: il c.d. harm test – volto a verificare la sussistenza di un pregiudizio concreto agli interessi-limite coinvolti dalla disclosure – e il c.d. public interest test – che, invece, mira a verificare quale sia l'interesse prevalente tra quello pregiudicato e quello alla conoscibilità dell'informazione amministrativa –.

In tal senso si è pronunciata anche la giurisprudenza eurounitaria (CGUE, 3 luglio 2014, in C-350/2012, Consiglio dell'Unione europea c. Sophie in 't Veld; CGUE, 17 ottobre 2013, in C-280/2011, Consiglio dell'Unione europea c. Access Info Europe, pp. 31-32; CGUE, 1 luglio 2008, in cause riunite C-39/05 P e C-52/05 P, Regno di Svezia e Turco c. Consiglio dell'Unione europea, pp. 37 ss.), la quale ha chiarito che le Istituzioni dell'Unione europea, nel valutare le istanze di accesso, devono, in primo luogo, stabilire se l'ostensione dell'informazione amministrativa sia suscettibile di arrecare pregiudizio a taluno degli interessi-limite individuati dal legislatore e, in secondo luogo, con esclusivo riferimento alle eccezioni di carattere relativo, operare un bilanciamento tra la salvaguardia dell'interesse-limite che verrebbe ad essere concretamente leso nel caso in cui si consentisse la disclosure dell'informazione richiesta e l'interesse pubblico di ordine generale a che sia dato accesso ai documenti e alle informazioni in possesso delle Istituzioni dell'Unione europea, funzionale ad accrescere la trasparenza amministrativa e a garantire una più ampia partecipazione democratica dei cittadini europei ai processi decisionali delle Istituzioni dell'Unione, anche con riguardo a quelli afferenti all'esercizio delle funzioni amministrative.

Una parte della dottrina (Tommasi, 13 ss.; Ponti, Rafforzare la libertà di ricercare le informazioni e rendere più chiare (e nette) le indicazioni per le amministrazioni: indicazioni per la valorizzazione del criterio del «pregiudizio concreto», 2), facendo leva sul dato letterale dell'art. 5-bis del decreto trasparenza, ha posto in rilievo che il legislatore italiano si è discostato dal modello eurounitario delineato dal regolamento n. 1049/2001, in quanto ai fini della applicazione delle eccezioni di carattere relativo al diritto di accesso civico generalizzato è sufficiente che l'ostensione dell'informazione richiesta sia suscettibile di cagionare un pregiudizio concreto a uno degli interessi-limite previsti dalla norma (harm test), senza che sia altresì necessario svolgere anche un bilanciamento con il contrapposto interesse pubblico alla divulgazione (public interest test). Un'altra parte della dottrina (Savino, Il FOIA italiano. La fine della trasparenza di Bertoldo, 599), invece, ritiene che il regime nazionale dei limiti e delle esclusioni al diritto di accesso civico generalizzato debba essere letto alla luce del modello europeo e, quindi, spetti all'amministrazione, nell'esercizio di un potere di natura discrezionale, operare un bilanciamento tra l'interesse alla disclosure e la salvaguardia di uno degli interessi-limiti previsti dal legislatore, ogniqualvolta l'eventuale accoglimento dell'istanza di accesso possa cagionare un concreto pregiudizio a taluno di tali ultimi interessi.

La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. VI, n. 587/2021) ha confermato che, nel caso dell'accesso civico generalizzato, il bilanciamento tra il diritto dei consociati a conoscere l'informazione amministrativa a fini di controllo democratico (c.d. right to know) e gli interessi-limite di natura pubblica e privata individuati dal legislatore nazionale ai commi 1 e 2 dell'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 quali eccezioni relative al diritto alla conoscibilità, deve realizzarsi unicamente mediante il ricorso al dispositivo tecnico del c.d. test del danno.

Il sistema delle esclusioni all'accesso civico generalizzato delineato dal legislatore nazionale

L'istituto dell'accesso civico generalizzato tutela in sé l'interesse alla conoscenza dell'informazione amministrativa e, in quanto specifica manifestazione della libertà di informazione protetta dall'art. 10 della CEDU, consente una ampia accessibilità a dati, documenti e informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni, come chiarito anche dall'ANAC nelle c.d. Linee guida FOIA (delibera n. 1309/2016). Tuttavia, la regola della generale accessibilità dell'informazione amministrativa incontra alcuni limiti nelle eccezioni assolute e relative espressamente previste dal legislatore ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 5-bis del decreto trasparenza, sulla scorta del modello FOIA di matrice anglosassone, nel quale il sistema delle eccezioni si articola intorno alle absolute exemption e alle qualified exemption.

Più in particolare, il legislatore nazionale ha individuato tre tipi di eccezioni assolute: il segreto di Stato, gli altri casi di divieti previsti dalla legge, compresi quelli in cui l'accesso è subordinato al rispetto di specifiche condizioni, modalità e limiti, nonché le ipotesi contemplate dall'art. 24, comma 1, della legge generale sul procedimento amministrativo. Al ricorrere di tali eccezioni, le pubbliche amministrazioni sono tenute a rigettare l'istanza di accesso civico generalizzato, in quanto dinanzi agli interessi nei quali si sostanziano le eccezioni assolute risulta sempre recessiva la soddisfazione delle esigenze di conoscibilità dell'agere pubblico e dell'organizzazione amministrativa manifestate dai consociati.

Anche la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., Ad. plen., n. 10/2020) è concorde nel ritenere che «le eccezioni assolute sono state previste dal legislatore per garantire un livello di protezione massima a determinati interessi, ritenuti di particolare rilevanza per l'ordinamento giuridico, come è in modo emblematico per il segreto di Stato, sicché il legislatore ha operato già a monte una valutazione assiologica e li ha ritenuti superiori rispetto alla conoscibilità diffusa di dati e documenti amministrativi». Al ricorrere di una delle ipotesi di eccezione assoluta, le pubbliche amministrazioni devono limitarsi a esercitare un potere di natura vincolata consistente nell'accertamento della ricorrenza di uno degli interessi previsti dall'art. 5-bis, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013 e nella conseguente qualificazione dello stesso quale causa ex lege di esclusione dell'accesso civico generalizzato.

In proposito, vale osservare che il giudice amministrativo, sia con riferimento alle cause di esclusione sia con riguardo ai limiti di carattere relativo all'esercizio del diritto di accesso civico generalizzato, ha chiarito che le ipotesi previste dai primi tre commi dell'art. 5-bis del decreto trasparenza sono di stretta interpretazione e presentano un carattere tassativo. In particolare, è stato dichiarato illegittimo il provvedimento di rigetto adottato in base al regolamento di un ente che prevedeva come causa di esclusione dell'accesso la «non titolarità del dato». Al riguardo, è stato affermato che l'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 non prevede tale causa fra quelle che legittimano l'esclusione dell'accesso civico, trattandosi di una ipotesi di diniego aggiuntiva rispetto a quelle tipiche e di stretta interpretazione, che per espressa volontà del legislatore non sono suscettibili di integrazione o estensione per via regolamentare (T.A.R. Piemonte II, n. 720/2020).

La giurisprudenza amministrativa, l'ANAC e la dottrina (Corrado, 69-70) sono concordi nel ritenere che la riserva di legge in materia di accesso civico generalizzato, dovuta alla sua natura di diritto fondamentale ai sensi dell'art. 10 della CEDU, impedisca alle pubbliche amministrazioni di disciplinare con regolamento, circolare o qualsiasi altro atto interno comunque denominato i profili di rilevanza esterna dell'istituto, compresi quelli afferenti alle cause di esclusione o limitazione.

Anche se le previsioni contenute nei regolamenti adottati dalle pubbliche amministrazioni non possono introdurre specifiche condizioni, modalità e limiti al diritto di accesso civico generalizzato, nella 1ª Circolare FOIA viene chiarito che esse possono comunque valere quali indici interpretativi da impiegare per individuare gli interessi-limite che necessitano di una protezione più intensa, nonché quali parametri da utilizzare ai fini del bilanciamento di interessi per determinare se, nel caso concreto, si realizzi o meno quel pregiudizio concreto agli interessi prioritari individuati dal legislatore quali eccezioni relative al diritto alla conoscibilità della informazione amministrativa.

Secondo l'impianto normativo attualmente in vigore, le eccezioni assolute al diritto di accesso civico generalizzato previste dall'art. 5-bis, comma 3, del decreto trasparenza sono riconducibili a tre categorie, come tra l'altro evidenziato anche dall'ANAC nell'ambito delle c.d. Linee Guida FOIA. Innanzitutto, l'accesso civico generalizzato è escluso ove sia necessario tutelare il segreto di Stato – la cui definizione è ad oggi contenuta nell'art. 39 della legge 3 agosto 2007, n. 124 – con il quale l'ordinamento mira a proteggere interessi apicali quali, ad esempio, l'integrità della Repubblica, la difesa delle istituzioni e la difesa militare dello Stato. Tale accesso è altresì escluso al ricorrere degli altri casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dalla legge, che l'ANAC riferisce ai casi di segreto statistico (art. 9 del d.lgs. n. 322/1989), alle classifiche di segretezza di atti e documenti (art. 42 della l. n. 124/2007), al segreto bancario (art. 7 del d.lgs. n. 385/1993), ai limiti alla divulgazione delle informazioni e dei dati conservati negli archivi automatizzati del Centro elaborazione dati in materia di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica ai sensi dell'art. 9 della legge n. 121/1981, alle disposizioni sui contratti secretati (art. 162 del d.lgs. n. 50/2016), al segreto scientifico e al segreto industriale (art. 623 del c.p.), al segreto sul contenuto della corrispondenza (art. 616 ss. c.p.), al segreto professionale (art. 622 c.p. e 200 c.p.p.) e ai «pareri legali» che attengono al diritto di difesa in un procedimento contenzioso giudiziario, arbitrale o amministrativo (artt. 2 e 5 del d.P.C.M. n. 2/1996), in quanto coperti dal c.d. legal privilege. Infine, vi sono le eccezioni assolute contemplate dalla clausola di chiusura, nella quale rientrano i casi in cui l'accesso risulti subordinato a condizioni particolari, modalità o limiti – si pensi, ad esempio, alla disciplina relativa agli atti dello stato civile, alle informazioni contenute negli Archivi di Stato e negli altri Archivi disciplinati dagli artt. 122 ss. del d.lgs. n. 42/2004 recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 l. n. 137/2002» – inclusi quelli di cui all'art. 24, comma 1, della l. n. 241/1990. Più in particolare, le cause di esclusione previste da tale ultima norma sono quelle afferenti al segreto di Stato, ai procedimenti tributari (quali, ad esempio, il segreto d'ufficio in materia di accertamenti tributari ai sensi dell'art. 68 del d.P.R. n. 600/1973), ai limiti inerenti agli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione (per i quali l'accesso è di norma escluso in ragione delle peculiari disposizioni che ne regolano la formazione, nonché della loro natura di atti prodromici), nonché ai procedimenti selettivi.

Per completezza va detto che l'art. 24, comma 1, della l. n. 241/1990 menziona anche i divieti di divulgazione espressamente previsti dal regolamento governativo di cui all'art. 24, comma 6, della l. 241/1990 e dagli atti amministrativi generali o normativi adottati dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del medesimo art. 24: ad oggi il regolamento governativo appena richiamato non è stato ancora adottato e, in ogni caso, tra le limitazioni che esso potrebbe introdurre ve ne sono alcune che si sovrappongono con le eccezioni di carattere relativo contemplate dai commi 1 e 2 dell'art. 5-bis del decreto trasparenza (si pensi, ad esempio, alla sicurezza e alla difesa nazionale, alle relazioni internazionali, ecc.). Per tale ragione l'ANAC ha evidenziato che ove tale regolamento governativo venisse emanato verrebbe a crearsi una sovrapposizione tra la disciplina contenuta nella legge generale sul procedimento amministrativo e quella recata dal decreto trasparenza, foriera di una possibile attenuazione del grado di apertura dell'apparato amministrativo nei confronti dei consociati. Infatti, ove l'amministrazione interpretasse in maniera letterale la norma, optando per l'applicazione di una causa di esclusione assoluta, invece che per l'operatività di una mera limitazione relativa all'accesso, le istanze di accesso civico generalizzato dovrebbero sempre essere rigettate. Inoltre, con riferimento ad alcune delle ipotesi contemplate dall'art. 24, comma 1, della l. n. 241/1990 – cioè per le eccezioni all'accesso che operano nei procedimenti tributari e per quelle relative agli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione – l'ANAC ha prospettato il ricorso al potere di differimento, poiché una volta definito il procedimento amministrativo l'accesso può essere consentito nei limiti previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013.

Le eccezioni relative al diritto di accesso civico generalizzato

Accanto alle eccezioni assolute, gli artt. 1 e 2 dell'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 prevedono ipotesi di eccezioni relative all'accesso civico generalizzato, che trovano il loro fondamento nella necessità di salvaguardare alcuni specifici interessi di carattere pubblico o privato nella misura in cui gli stessi, essendo relazionati con l'informazione amministrativa di cui i consociati hanno chiesto l'ostensione, potrebbero essere compromessi dall'accoglimento delle istanze di accesso civico generalizzato.

In primo luogo, l'art. 5-bis, comma 1, del decreto trasparenza annovera i seguenti interessi-limite di carattere pubblico al diritto di accesso civico generalizzato: la sicurezza e l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale, la difesa e le questioni militari, le relazioni internazionali, la politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato, la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento, nonché il regolare svolgimento di attività ispettive.

Così, ad esempio, il giudice amministrativo (Cons. St. V, n. 3162/2021), in una fattispecie relativa all'accoglimento parziale di un'istanza di accesso civico generalizzato avente ad oggetto alcuni documenti inerenti a viadotti autostradali, ha giudicato legittimo l'operato dell'amministrazione che aveva negato la disclosure degli atti acquisiti nell'ambito dei procedimenti penali o di procedimenti amministrativi di tipo ispettivo, limitandola alla sola documentazione tecnica non più rilevante in tali procedimenti. In particolare, il giudice ha ritenuto che l'adozione di tali precauzioni risultasse necessaria in ragione della qualifica di infrastruttura strategica dei viadotti autostradali, per la quale specifiche esigenze di tutela – anche relazionate con il rischio terroristico – legittimano più stringenti limiti all'accesso generalizzato, funzionali a consentire all'ente destinatario della richiesta di disclosure la realizzazione di un corretto e proporzionato bilanciamento tra i diversi interessi in conflitto.

In secondo luogo, l'art. 5-bis, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013 prevede tre gruppi di eccezioni relative di carattere privatistico al diritto di accesso civico generalizzato, quali: la protezione dei dati personali, la libertà e la segretezza della corrispondenza, nonché gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.

L'impostazione delineata dal legislatore nazionale in ordine alla valutazione della rilevanza di tali interessi-limite, a differenza di quanto avviene a livello europeo sulla scorta delle previsioni del regolamento n. 1049/2001 (cfr. supra), si fonda unicamente sulla valutazione della sussistenza di un pregiudizio concreto di tali interessi (harm test), senza che sia necessario svolgere anche un bilanciamento tra la compressione che gli stessi soffrirebbero in caso di accoglimento dell'istanza di accesso civico generalizzato e la soddisfazione dell'interesse pubblico alla divulgazione dell'informazione amministrativa (public interest test).

Al fine di una esatta comprensione della portata applicativa delle eccezioni relative al diritto di accesso civico generalizzato, occorre considerare sin da ora che l'art. 5-bis, comma 6, del decreto trasparenza ha conferito all'ANAC, d'intesa con il Garante della privacy e sentita la Conferenza unificata Stato – città e autonomie locali di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281/1997, il compito di adottare apposite linee guida recanti indicazioni operative sulle esclusioni e i limiti al diritto d'accesso civico generalizzato: come già evidenziato in precedenza, tali linee guida sono state poi effettivamente adottate dall'ANAC con la delibera n. 1309/2016 (c.d. Linee Guida FOIA). Tale previsione normativa assume rilievo centrale ai fini dell'analisi del sistema delle eccezioni al diritto di accesso civico generalizzato in quanto, in ragione dell'elevato numero di soggetti tenuti all'applicazione della disciplina recata dal decreto trasparenza, del carattere eterogeneo degli interessi-limite individuati dal legislatore, nonché del rilievo prioritario di tali interessi nella scala di valori ordinamentale, le Linee Guida FOIA costituiscono un efficace strumento di salvaguardia del valore della certezza del diritto. Esse, infatti, al pari di altri strumenti di soft law – si pensi ad esempio alla delibera n. 25152/2014 adottata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, recante «Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autorità in applicazione dell'articolo 15, comma 1, della l. n. 287/90» – aumentano la prevedibilità nell'applicazione della disciplina in materia di trasparenza amministrativa, consentendo ai destinatari degli obblighi di trasparenza e ai consociati di orientare meglio il proprio comportamento giuridico ed economico.

Una parte della dottrina (Ponti, La trasparenza e i suoi strumenti: dalla pubblicità all'accesso generalizzato, 60), prima della entrata in vigore delle Linee Guida FOIA, aveva indicato due possibili alternative per la redazione dei criteri operativi di definizione e precisazione dei limiti e delle eccezioni al diritto di accesso civico generalizzato. In base alla prima alternativa, si sarebbe potuto optare per una definizione stringente dei requisiti di concretezza del pregiudizio, al fine di salvaguardare l'eguale considerazione dei richiedenti e consentire un ampliamento del novero delle informazioni accessibili. In forza della seconda alternativa, invece, la definizione dei criteri operativi sarebbe dovuta passare per la previa realizzazione di un bilanciamento tra i diversi interessi in conflitto, così da valorizzare la facoltà di motivazione del richiedente, connessa al c.d. motivo funzionale che regge la pretesa ostensiva dei consociati (Cudia, 93 ss.). Tale soluzione, tuttavia, avrebbe potuto condurre a una compressione della legittimazione attiva dei soggetti istanti, ponendosi così in contrasto con l'impianto normativo e le finalità sottese all'istituto dell'accesso civico generalizzato.

La scelta dell'ANAC nella redazione dei criteri operativi di definizione e precisazione dei limiti e delle eccezioni al diritto di accesso civico generalizzato, è stata quella di prevedere, da un lato, le modalità di svolgimento del c.d. harm test da parte delle pubbliche amministrazioni destinatarie delle richieste di accesso e, dall'altro, quella di enucleare alcune ulteriori indicazioni di maggior dettaglio con specifico riferimento ai singoli interessi-limite di natura pubblica e privata, per consentire un miglior apprezzamento degli stessi nel giudizio di bilanciamento.

Per quel che concerne il primo aspetto, nelle Linee Guida FOIA viene evidenziato che le pubbliche amministrazioni non possono limitarsi a prefigurare un rischio in via ipotetica o astratta, essendo invece necessario dimostrare che l'accoglimento della pretesa ostensiva sia suscettibile di determinare un pregiudizio in concreto agli interessi-limite individuati dal legislatore e che tale pregiudizio dipenda direttamente dalla ostensione della informazione amministrativa richiesta. La valutazione della lesione in concreto di tali interessi, inoltre, deve essere svolta tenendo in considerazione tanto il profilo temporale, che si riflette sul carattere necessariamente attuale del pregiudizio – anche alla luce della possibilità di esercitare il potere di differimento ove il rischio di arrecare un pregiudizio concreto sia solo transeunte (cfr. infra) – quanto l'aspetto relativo all'estensione dell'area della non accessibilità, posto che la protezione degli interessi-limite può, in alcuni casi, essere adeguatamente apprestata anche solo negando la disclosure per una parte dei dati, documenti o informazioni amministrative richieste. Inoltre, affinché il pregiudizio possa dirsi concreto è anche necessario che le pubbliche amministrazioni accertino l'esistenza di un nesso di causalità tra la lesione degli interessi-limite e l'accesso all'informazione amministrativa, da reputarsi sussistente unicamente laddove l'accoglimento dell'istanza di accesso renda non solo possibile, ma anche probabile, il verificarsi del vulnus che l'ordinamento intende evitare.

Anche la giurisprudenza amministrativa (Cons. St. IV, n. 2496/2020), dal suo canto, ha chiarito che la portata generale e democratica del diritto di accesso civico generalizzato trova un limite nella tutela di interessi pubblici e privati ritenuti prioritari nella scala ordinamentale di valori individuata dal legislatore, ma solo nella misura in cui, sulla scorta di un giudizio probabilistico, le pubbliche amministrazioni destinatarie delle richieste di accesso apprezzino l'esistenza di un pericolo concreto di lesione di tali interessi che non sia generico e astratto, bensì fondato su basi concrete (Cons. St. III, n. 1546/2019).

Vale, inoltre, rilevare che – con riguardo alle indicazioni operative per lo svolgimento del c.d. harm test – l'impostazione delle Linee Guida FOIA riflette le ipotesi sviluppate da parte dei primi commentatori della novella del 2016 al decreto trasparenza (Ponti, La trasparenza e i suoi strumenti: dalla pubblicità all'accesso generalizzato, 58).

Per quel che riguarda, invece, l'aspetto inerente alla enucleazione di specifiche indicazioni in relazione ai singoli interessi-limite individuati dal legislatore, l'ANAC ha fornito la definizione di ciascun singolo interesse con l'intento di circoscriverne il perimetro applicativo, ne ha individuato matrice e rango ed ha altresì offerto alcuni chiarimenti in ordine ai criteri cui fare ricorso per individuare le ipotesi nelle quali l'accoglimento della richiesta di accesso civico generalizzato sia suscettibile di arrecare un pregiudizio concreto agli interessi-limite.

A titolo esemplificativo, con specifico riguardo all'interesse-limite di matrice pubblicistica della «difesa e questioni militari», l'ANAC ha chiarito che esso trova fondamento nell'art. 52, comma 1, della Costituzione – che enuncia il dovere di difesa della Patria – e va declinato nel dovere militare, organizzato nelle Forze armate. La difesa del territorio nazionale, inoltre, è oggetto di accordi di cooperazione e di trattati internazionali, quali quelli che riguardano l'installazione di opere difensive, di basi militari terrestri, marittime e aeronautiche. Invero, in base a tale prospettiva, l'interesse-limite alla difesa viene in rilievo con riferimento ad attività che implicano decisioni esclusivamente statali, quali la individuazione dei mezzi di difesa, delle linee generali di conservazione, di sviluppo e di capacità difensiva delle Forze Armate e tutto quanto ciò che, nei piani strategici, è diretto a garantire la sicurezza interna ed esterna dello Stato.

Le indicazioni operative fornite dall'ANAC hanno trovato pieno riscontro nella giurisprudenza amministrativa (Cons. St. IV, n. 2496/2020) che di recente ha ritenuto legittimo il diniego opposto dall'amministrazione a una istanza di accesso civico generalizzato finalizzata ad ottenere il numero totale di ore/persona impiegate dalla Guardia di Finanza in attività di produzione dei servizi istituzionali sul territorio nazionale. Più in particolare, in tale fattispecie veniva in rilievo il rigetto di una istanza di accesso civico generalizzato fondato sulla necessità di evitare che la disclosure dell'informazione amministrativa richiesta potesse arrecare un pregiudizio concreto degli interessi inerenti alla sicurezza e all'ordine pubblico, alla sicurezza nazionale, alla difesa e alle questioni militari (art. 5-bis, comma 2, lett. a), b) e c). In proposito, il giudice amministrativo ha riconosciuto che ove l'amministrazione avesse accolto la pretesa ostensiva dell'istante, sarebbe stato probabile inferire, dall'informazione acquisita, dati concernenti quelle aree sottratte all'accesso civico: si pensi agli aspetti operativi della Guardia di Finanza, quali l'organizzazione, le strutture, la dislocazione sul territorio dei presìdi, gli impianti, i mezzi e le dotazioni del Corpo, nonché l'approvvigionamento, la dislocazione e la consistenza delle scorte di materiali. Invero, nello svolgimento dell'attività di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e la repressione della criminalità, la componente delle risorse umane gioca un ruolo centrale e le informazioni che ad essa afferiscono devono permanere segrete per evitare che vengano messe in pericolo le funzioni primarie dello Stato.

Così, ancora, con riguardo all'interesse della libertà e segretezza della corrispondenza (art. 5-bis, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 33/2013) – che sulla scorta di quanto statuito dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 81/1993) va interpretato in maniera espansiva in quanto attiene al nucleo essenziale dei valori della personalità umana – l'ANAC ha specificato che l'ente destinatario dell'istanza di accesso civico è tenuto a prendere in considerazione, per ogni singolo caso sottoposto alla sua valutazione, le intenzioni dei soggetti coinvolti nello scambio della corrispondenza e la legittima aspettativa di confidenzialità degli interessati, nonché degli eventuali terzi citati nella comunicazione di cui è stata chiesta l'ostensione; di conseguenza, l'accesso dovrà essere negato solo laddove le comunicazioni presentino un carattere confidenziale e privato (cfr. anche i provvedimenti del Garante della privacy del 2 aprile 2008, doc. web n. 1519703, e del 21 gennaio 2010, doc. web n. 1701577).

La giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lazio, Roma I-ter, n. 5463/2021), nel dichiarare legittimo il rigetto parziale di una istanza di accesso civico generalizzato relativa alla corrispondenza intercorsa tra i partecipanti a un gruppo di lavoro interministeriale, ha chiarito che per la tipologia di dati scambiati (ossia, informazioni interne al gruppo di lavoro, non ancora formalizzate in un atto frutto della riflessione congiunta di tutti i partecipanti) e per il fatto di non essere detenuti stabilmente e istituzionalmente dalle pubbliche amministrazioni, trova applicazione l'eccezione relativa data dalla salvaguardia della libertà e segretezza della corrispondenza, costituzionalmente tutelata dall'art. 15 della Costituzione in ogni sua forma (ad esempio, epistolare, telegrafica, telefonica, informatica e telematica) a prescindere dal fatto che lo strumento di comunicazione utilizzato sia stato messo a disposizione dall'Ufficio presso il quale i soggetti coinvolti dallo scambio siano incardinati.

Con riguardo alla tutela degli interessi economici e commerciali delle persone fisiche o giuridiche, compresi i diritti di proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali, l'ANAC si è limitata a fornire una definizione degli stessi, chiarendone lo stretto collegamento con l'interesse generale al buon funzionamento del mercato e della concorrenza, senza tuttavia fornire indicazioni specifiche sulle modalità di valutazione del pregiudizio in concreto agli interessi-limite che operano come eccezioni relative alla conoscibilità dell'informazione amministrativa.

Su tali aspetti ha, invece, avuto modo di pronunciarsi la giurisprudenza amministrativa. In particolare, in alcune pronunce (Cons. St. V, n. 60/2021) è stato chiarito che è possibile invocare l'esigenza di salvaguardare segreti industriali e commerciali per limitare l'esercizio del diritto di accesso civico generalizzato solo quando ciò sia necessario per tutelare il mantenimento di condizioni di concorrenza nel mercato. In altre pronunce, afferenti alla materia dei contratti pubblici, il giudice amministrativo (T.A.R. Puglia, Bari I, n. 906/2021; T.A.R. Sicilia, Catania IV, nn. 3198/2020 e 3199/2020) ha invece affermato che la tutela degli interessi economici e commerciali può essere utilmente invocata con riferimento a quella parte dei documenti confluiti negli atti di gara, quali ad esempio l'offerta tecnica formulata dalle imprese partecipanti, contenente informazioni relative a soluzioni tecnologiche o a elementi di know-how che le imprese hanno diritto a mantenere riservate; in tali casi, tuttavia, l'operatività dell'eccezione relativa di cui all'art. 5-bis , comma 2, lett. c ), del d.lgs. n. 33/2013 è comunque subordinata alla espressa manifestazione di interesse del soggetto interessato, sul quale ricade l'onere di allegare una motivata e comprovata dichiarazione, mediante la quale dimostri l'effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia (T.A.R. Sardegna I, n. 254/2021).

Vale infine evidenziare che l'apprezzamento del carattere segreto delle informazioni di natura commerciale e industriale detenute dalle pubbliche amministrazioni, e che i privati intendono far valere quale limite al diritto di accesso civico generalizzato, va sempre operato tenendo conto delle indicazioni contenute nelle Linee Guida FOIA, secondo le quali sono da ritenersi segrete quelle informazioni che «non siano, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; abbiano valore economico in quanto segrete; siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete; riguardino dati relativi a ricerche, prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l'autorizzazione dell'immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l'uso di sostanze chimiche».

L'interesse-limite della protezione dei dati personali

Tra gli interessi-limite di carattere privatistico che il legislatore ha individuato quali eccezioni relative all'esercizio del diritto di accesso civico generalizzato, merita particolare considerazione la protezione dei dati personali di cui all'art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013.

Rimandando a quanto già osservato intorno all'individuazione di un punto di equilibrio tra trasparenza e riservatezza con riguardo all'attuazione del principio di pubblicità (cfr. supra sub art. 3), risulta opportuno richiamare le indicazioni operative dettate dall'ANAC nelle Linee Guida FOIA con riferimento all'ambito di applicazione dell'interesse-limite alla protezione dei dati personali.

L'ANAC, considerato che l'art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013 fa espresso riferimento alla circostanza che la protezione dei dati personali debba essere realizzata in conformità con la disciplina legislativa vigente in materia di tutela della riservatezza, ha precisato che – nella valutazione del pregiudizio concreto che tale interesse-limite potrebbe soffrire dall'accoglimento delle pretese di full disclosure della informazione amministrativa avanzate dai consociati – è necessario che gli enti destinatari delle richieste di accesso civico facciano anche applicazione dei principi generali sul trattamento dei dati personali – quali, quelli di necessità, proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, come enucleati dalla giurisprudenza comunitaria (CGUE, Grande sezione, 29 giugno 2010, in C-28/08 P, Bavarian Lager c. Commissione europea) e amministrativa (ex multis, Cons. St. IV, n. 3631/2016) – nonché delle prescrizioni normative dettate dal regolamento (UE) n. 679/2016, con particolare riferimento al considerando 154 e agli artt. 5 e 86.

Vale inoltre ricordare che, in base a quanto affermato nei considerando 4 e 154 del regolamento (UE) n. 679/2016, nonché dalle previsioni dell'art. 86 di tale corpo normativo, il diritto alla protezione dei dati personali non costituisce una prerogativa assoluta dei cittadini, ma ad esso è attribuita dal legislatore una specifica funzione sociale. Pertanto, anche in ossequio al principio di proporzionalità, il diritto alla privacy va contemperato con gli altri diritti fondamentali dell'uomo, tra i quali il diritto all'accesso all'informazione amministrativa, quale declinazione del principio di trasparenza. L'inclusione della trasparenza tra i compiti di interesse pubblico degli Stati membri, invero, rende compatibile il trattamento dei dati personali ad essa connessi, anche laddove, come nel caso dell'accesso civico generalizzato, ne venga in rilievo la diffusione presso la generalità dei consociati. Resta in ogni caso fermo, anche nelle ipotesi di full disclosure, il rispetto delle condizioni previste dalla legge, nonché l'esigenza di salvaguardare i dati personali dei soggetti controinteressati all'accoglimento, in parte qua, dell'istanza di accesso (Foà, 343 ss.).

Nella valutazione del pregiudizio concreto ai dati personali contenuti nei documenti e nelle informazioni amministrative oggetto delle richieste di accesso civico generalizzato, occorre che gli enti destinatari prendano in considerazione le conseguenze giuridiche, economiche, morali, relazionali e sociali che potrebbero derivare al titolare in seguito alla loro divulgazione. Infatti, in seguito alla disclosure i dati contenuti nell'informazione amministrativa sono considerati pubblici e quindi astrattamente conoscibili da parte della generalità dei consociati, ancorché con i limiti fissati dal decreto trasparenza con riguardo al loro utilizzo e riutilizzo (artt. 3, comma 1, e 7 del d.lgs. n. 33/2013). In proposito, ad esempio, potrebbe venire in rilievo – e, quindi, essere considerata ai fini della realizzazione del giudizio tecnico di bilanciamento – l'eventualità che il soggetto titolare dei dati personali contenuti nell'informazione amministrativa di cui è stata chiesta l'ostensione, possa essere destinatario di azioni da parte di terzi ovvero essere discriminato o esposto a minacce, intimidazioni, ritorsioni o turbative nello svolgimento di determinate attività, anche di rilievo pubblicistico, come ad esempio può avvenire nel caso in cui i dati personali riguardino le generalità di soggetti che hanno presentato segnalazioni o esposti. Un caso emblematico, in tal senso, è quello di una impresa che versi in situazione di dipendenza economica e che abbia proceduto a segnalare a una Autorità di vigilanza o regolazione la presunta condotta illecita realizzata nei suoi confronti dall'impresa dominante all'interno del monopolio relazionale. In un caso del genere, ove fosse consentito all'impresa dominante avere accesso, prima ancora dell'apertura formale di un procedimento amministrativo, alle informazioni relative alle generalità del segnalante, quest'ultimo si troverebbe esposto a possibili condotte ritorsive, con il rischio concreto di uscita dal mercato, proprio in ragione della situazione di dipendenza economica in cui versa e che, non gli consentirebbe, in un tempo sufficiente, di ricercare delle valide alternative per continuare ad operare in maniera profittevole.

Inoltre, ai fini della valutazione del pregiudizio concreto assume particolare rilievo la presenza di dati sensibili e/o giudiziari (la cui definizione normativa è contenuta, rispettivamente, nell'art. 4, comma 1, lett. d) ed e), del d.lgs. n. 196/2003), in quanto la divulgazione degli stessi può aumentare il rischio di discriminazione in nocumento del soggetto al quale si riferiscono (cfr. Parere del Garante della privacy n. 92/2016, doc. web n. 4772830). Analoghe considerazioni valgono, inoltre, per quei dati personali che, pur non costituendo dati sensibili o giudiziari, ove divulgati potrebbero dar luogo a rischi specifici per l'esercizio dei diritti e le libertà fondamentali del titolare in ragione della loro natura e delle peculiari modalità di trattamento: si tratta, in particolare, dei dati genetici, biometrici, di profilazione, sulla localizzazione o sulla solvibilità economica. Anche la divulgazione di dati personali relativi a soggetti minori comporta, secondo le indicazioni rese dall'ANAC, un rischio elevato di pregiudizio concreto agli interessi di tali soggetti (che assumono la veste di controinteressati), in quanto la diffusione degli stessi può ostacolare il libero sviluppo della loro personalità; in tali casi all'ente destinatario dell'istanza di accesso civico generalizzato viene richiesta una ponderazione ancora più attenta dei contrapposti interessi in considerazione della particolare tutela che l'ordinamento, in generale, appresta ai soggetti appartenenti alle fasce deboli della popolazione.

L'ANAC, inoltre, ha dettato anche alcune indicazioni pratiche sulle modalità operative che gli enti destinatari delle richieste di disclosure devono seguire nella valutazione del pregiudizio concreto all'interesse-limite della riservatezza dei dati personali, nonché sulle possibili soluzioni da adottare per contemperare i contrapposti interessi in conflitto. In particolare, nell'ambito delle Linee Guida FOIA viene chiarito che occorre prendere in considerazione le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato, che deve essere necessariamente interpellato durante l'esame dell'istanza di accesso civico generalizzato, come tra l'altro prescritto dall'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 33/2013. Infatti, le motivazioni addotte dal soggetto richiedente rappresentano un indice presuntivo della sussistenza di un pregiudizio concreto alla riservatezza dei dati personali; ciò, in ogni caso, non toglie che l'apprezzamento in ordine alla sussistenza di tale pregiudizio spetti unicamente all'amministrazione procedente e vada compiuto anche nel caso in cui il controinteressato si avvalga della facoltà di non partecipare alla interlocuzione. L'ANAC, infine, con specifico riferimento agli esiti dell'apprezzamento in ordine alla verifica della sussistenza di un pregiudizio concreto, ha chiarito che ove la lesione all'interesse-limite sia ritenuta sussistente, non per questo bisognerà procedere in ogni caso al rigetto dell'istanza di accesso.

Infatti, come chiarito anche dalla giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Piemonte II, n. 886/2017), ove sia possibile rendere conoscibile l'informazione amministrativa richiesta salvaguardando, al contempo, i dati personali dei soggetti controinteressati, l'ente procedente sarà tenuto ad accogliere l'istanza, procedendo ad oscurare i dati personali e le altre informazioni che potrebbero condurre all'identificazione, anche indiretta, del soggetto controinteressato, come sancito dall'art. 5-bis, comma 4, del decreto trasparenza.

Il potere di differimento

L'art. 5-bis, comma 5, del d.lgs. n. 33/2013 conferisce all'amministrazione il potere di differire l'accesso civico ai dati richiesti dall'istante. La 1 ª Circolare FOIA, sul punto, specifica che il differimento è ammesso solo quando ricorrano cumulativamente due condizioni, date segnatamente dalla sussistenza di un pregiudizio concreto a uno degli interessi-limite di carattere pubblico e privato individuati dall'art. 5-bis, commi 1 e 2, del decreto trasparenza, nonché dal carattere transitorio di tale pregiudizio, in quanto i predetti limiti normativi operano unicamente per il periodo nel quale la protezione risulti giustificata in relazione alla natura del dato.

In presenza di tali condizioni, come chiarito anche dall'ANAC con le Linee Guida FOIA, il diniego di accesso non è giustificato e l'amministrazione dovrà consentire l'accesso parziale ai dati richiesti utilizzando, se del caso, la tecnica dell'oscuramento laddove essa garantisca un'adeguata protezione dell'interesse-limite che viene in rilievo.

In giurisprudenza (T.A.R. Puglia, Bari I, n. 355/2021) è stato affermato che il differimento dell'accesso, a pena di illegittimità, non può protrarsi sine die e non può essere motivato sulla base della mera cospicuità della documentazione richiesta, senza che vengano in rilievo i casi di limitazione o esclusione dell'accesso previsti dall'art. 5-bis del decreto trasparenza.

Inoltre, nella 1ª Circolare FOIA è stato evidenziato che il potere di differimento non può essere esercitato per ragioni diverse dalla temporanea salvaguardia degli interessi-limite. Pertanto, l'amministrazione non può farvi ricorso per rimediare alla tardiva trattazione della domanda di accesso civico, al fine di scongiurare le conseguenze derivanti dalla violazione del termine per provvedere che l'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 33/2013 fissa in 30 giorni. Il potere di differimento, viceversa, può essere legittimamente esercitato, ad esempio, per preservare la segretezza di dati o documenti rilevanti per la conduzione di indagini sui reati o per il regolare svolgimento di attività ispettive – come previsto dall'art. 5-bis, comma 1, lett. f) e g), del decreto trasparenza – fino a quando tali indagini e attività siano in corso; la disclosure di tali dati, invece, deve essere consentita una volta conclusi i relativi procedimenti, salvo che non vi osti la necessità di salvaguardare gli altri interessi-limite, di natura pubblica o privata, indicati dalla normativa generale sulla trasparenza.

Il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti di diniego delle istanze di accesso civico generalizzato

Tralasciando in questa sede le peculiarità che caratterizzano il giudizio sull'accesso (cfr. sub art. 116), è rilevante interrogarsi sulla natura del sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti di diniego delle istanze di accesso civico generalizzato. In proposito, occorre distinguere a seconda che oggetto di impugnazione sia un diniego di accesso motivato sulla scorta della sussistenza di un pregiudizio concreto agli interessi-limite di cui all'art. 5-bis, commi 1 e 2, del decreto trasparenza, ovvero un provvedimento di rigetto basato sulla ricorrenza di una delle cause di esclusione previste dal comma 3 dell'art. 5-bis. Infatti, la natura del potere esercitato dall'amministrazione diverge a seconda che venga in rilievo un interesse-limite, nel qual caso il potere amministrativo è di tipo discrezionale, ovvero una causa di esclusione, l'accertamento della cui sussistenza implica l'esercizio di un potere vincolato (Cons. St., Ad. plen., n. 10/2020). Nel primo caso la giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lazio, Roma III-ter, n. 12349/2019) ha chiarito che il giudice è tenuto a svolgere un sindacato estrinseco, mentre nel secondo caso, in forza del carattere vincolato del potere amministrativo e dell'operatività del principio di riserva di legge, il giudice amministrativo deve limitarsi a verificare la esistenza della causa di esclusione del diritto civico di accesso invocata dall'amministrazione, nonché la legittimità della sussunzione del caso di specie nell'ambito dell'eccezione assoluta, alla luce delle specificità della singola istanza di disclosure.

Questioni applicative

1) In che misura l'opposizione dell'interesse alla salvaguardia delle relazioni internazionali, quale limite all'accesso civico generalizzato ex art. 5-bis, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 33/2013, può essere sindacata dal giudice amministrativo?

La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. III, n. 6028/2019; T.A.R. Lazio, Roma III-ter, n. 12349/2019; T.A.R. Lazio, Roma I-ter, n. 8892/2018) ha inizialmente affermato che le valutazioni in base alle quali l'amministrazione oppone il diniego a un'istanza di accesso civico per la tutela delle relazioni internazionali sarebbero caratterizzate da elevata discrezionalità, potendo le stesse configurarsi addirittura di carattere politico, con la conseguenza che il sindacato del giudice amministrativo potrebbe essere meramente estrinseco. Secondo tale impostazione, il giudice amministrativo dovrebbe unicamente accertare se sussista la ragione del diniego, nonché se l'atto rientri tra quelli per i quali sia in astratto possibile opporre tale ragione di diniego, in termini di non totale implausibilità del giudizio dell'amministrazione, senza che il giudice possa disporre istruttoria e acquisire il documento per cui l'accesso è in contestazione né nelle forme della c.d. acquisizione riservata, né nelle forme previste dall'art. 42, comma 8, della l. n. 124/2007. Successivamente, tuttavia, la giurisprudenza amministrativa (Cons. St. IV, n. 3012/2020 che ha riformato T.A.R. Lazio, Roma III-ter, n. 12349/2019) ha optato per una diversa interpretazione, ammettendo che l'accesso a documenti inerenti alle relazioni internazionali dello Stato può essere consentito in stretta dipendenza con le peculiarità del caso concreto, quindi, ad esempio, oscurando i nominativi degli individui, delle aziende e dei luoghi sensibili. Secondo tale indirizzo giurisprudenziale, il sindacato del giudice non può essere limitato alla mera verifica della allegazione della sussistenza dell'interesse da tutelare se non vi è una disposizione normativa che disponga in tal senso. Le pubbliche amministrazioni, pertanto, possono limitare il vaglio giurisdizionale solo dichiarando formalmente segreto il documento tramite l'adozione di un atto espresso (e assunzione della relativa responsabilità) ai sensi dell'art. 42 della l. n. 124/2007. Diversamente opinando il sindacato giurisdizionale sarebbe limitato in virtù di una segretezza di fatto del documento, persino maggiore di quella che la legge assicura al segreto di Stato che, come noto, è opponibile in sede giurisdizionale, con la sola eccezione della Corte costituzionale ai sensi dell'art. 41, comma 8, della l. n. 124/2007.

2) Può l'accesso civico generalizzato, ai sensi del combinato disposto dell'art. 5- bis, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013 e dell'art. 24, comma 1, della l . n. 241/1990, e in forza del principio di specialità, essere completamente escluso in determinati ambiti materiali?

La necessità di interpretare restrittivamente le cause di esclusione del diritto di accesso civico generalizzato, in ossequio alle richiamate esigenze di tassatività, ha di recente condotto la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., Ad. plen., n. 10/2020) a fornire una lettura sistematica delle eccezioni assolute contemplate dall'art. 5-bis, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013, norma che esclude il diritto di accesso civico generalizzato quando esso risulti subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli previsti dall'art. 24, comma 1, della l. n. 241/1990. In particolare, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato che tale disposizione normativa non può frapporre un ostacolo assoluto all'applicazione della disciplina dell'accesso civico generalizzato, precludendolo integralmente per interi ambiti di materie, ragion per cui le eccezioni assolute non dovrebbero essere intese come preclusioni assolute. Occorre, quindi, sempre valutare se il legislatore abbia inteso fissare, in determinati casi, limiti più stringenti all'accesso civico generalizzato facendo applicazione di un canone ermeneutico di completamento e inclusione della disciplina del decreto trasparenza e di quelle speciali (accesso documentale) o settoriali (ad esempio, quella sull'accesso ambientale), in ragione «della tutela preferenziale dell'interesse conoscitivo che rifugge in sé da una segregazione per materia delle singole discipline» (anche, Cons. St. V, n. 1780/2021; Cons. St. IV, n. 2496/2020). Diversamente opinando, cioè riconoscendo sempre prevalenza alla disciplina speciale o settoriale in forza dell'applicazione del principio di specialità, l'accesso civico generalizzato soffrirebbe una indebita compressione, con conseguente pregiudizio per le libertà individuali e collettive e per i diritti dei consociati per i quali la trasparenza funge da condizione di garanzia per la loro piena fruizione (art. 1 del d.lgs. n. 33/2013). Al riguardo, va ricordato che prima della pronuncia della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. plen., n. 10/2020), nella giurisprudenza amministrativa si era formato un orientamento (Cons. St. V, n. 5502/2019; Cons. St. V, n. 5503/2019) incline alla preclusione ratione materiae del diritto di accesso civico generalizzato nel settore dei contratti pubblici. Tale orientamento, in particolare, si basava sul richiamo operato dall'art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 alla disciplina dell'accesso documentale (sul tema, funditus, infra subart. 53 del d.lgs. n. 50/2016) e su una interpretazione dell'art. 5-bis, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013, tale per cui in presenza di una normativa speciale o settoriale contenente una disciplina specifica del diritto di accesso per determinati ambiti, materie o situazioni, l'amministrazione sarebbe sempre stata tenuta a verificare se la stessa, in forza del principio di specialità, avesse o meno portata derogatoria delle previsioni normative dettate dal decreto trasparenza, al fine di determinare se fosse o meno precluso ai consociati l'esercizio del diritto civico di accesso.

Con il richiamato arresto, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha invece chiarito che l'applicazione sistematica dell'art. 5-bis, comma 3, del decreto trasparenza comporta che le istanze di accesso civico generalizzato dei consociati, relative a informazioni amministrative afferenti a settori nei quali operano specifici limiti all'accesso, non vengano più considerate precluse a priori, bensì risultino meritevoli di apprezzamento, dovendo essere in concreto valutate dall'amministrazione secondo un approccio di tipo casistico volto a verificare, nel caso di specie, la compatibilità dell'accesso civico generalizzato con le condizioni, modalità e limiti fissati dalla disciplina speciale. L'adesione a una diversa opzione esegetica presterebbe il fianco a critiche, in quanto comporterebbe l'introduzione in via interpretativa di un limite, quello della materia, che il legislatore non ha previsto: verrebbero così a crearsi dei veri e propri segreti di fatto che ostacolerebbero l'esercizio del diritto di accesso civico generalizzato. Inoltre, si violerebbe il principio di tassatività, andando a prevedere limiti non espressamente contemplati dal legislatore, quale, come già evidenziato, quello dell'ambito materiale nel quale va a innestarsi la richiesta di accesso all'informazione amministrativa. Tale diversa interpretazione, pertanto, darebbe luogo a un cortocircuito con le finalità della disciplina dettata dal d.lgs. n. 33/2013, in quanto precludere in radice il diritto di accesso civico in applicazione di un criterio di ordine materiale contrasterebbe con le esigenze di apertura democratica e trasparenza alle quali devono invece essere improntate l'attività istituzionale, l'organizzazione e l'utilizzo delle risorse da parte di tutte le pubbliche amministrazioni e degli altri enti destinatari degli obblighi previsti dal decreto trasparenza ai sensi dell'art. 2-bis di tale corpo normativo.

Bibliografia

Corrado, L'accesso civico generalizzato, diritto fondamentale del cittadino, trova applicazione anche per i contratti pubblici: l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato pone fine ai dubbi interpretativi, in federalismi.it, 2020, n. 16, 48 ss.; Cudia, Pubblicità e diritto alla conoscibilità, in Ponti (a cura di), La nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni: Commento sistematico al D.Lgs. 33/2013 dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, Rimini, 2016, 93 ss.; Droghini, Principi e garanzie del diritto di accesso: riflessioni a margine della entrata in vigore della Convenzione del Consiglio d'Europa sull'accesso ai documenti, in federalismi.it, 2021, n. 11, 221 ss.; Foà, Il trattamento dei dati personali per finalità di rilevante interesse pubblico, in Santaniello (diretto da), Trattato di diritto amministrativo, La protezione dei dati personali, Padova, 2005, 343 ss.; Locchi, Il principio di trasparenza in Europa nei suoi risvolti in termini di Governance amministrativa e di comunicazione istituzionale dell'Unione, in Amministrazione in cammino, 2011, 1 ss.; Ponti, La trasparenza e i suoi strumenti: dalla pubblicità all'accesso generalizzato, in Ponti (a cura di), La nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni: Commento sistematico al D.Lgs. 33/2013 dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, Rimini, 2016, 25 ss.; Ponti, Rafforzare la libertà di ricercare le informazioni e rendere più chiare (e nette) le indicazioni per le amministrazioni: indicazioni per la valorizzazione del criterio del «pregiudizio concreto», in ASTRID Rassegna, 2016, n. 21, 1 ss.; Savino, The Right to Open Public Administrations in Europe: Emerging Legal Standards, in OECD Sigma Paper, 2010, n. 46, 1 ss.; Savino, Il FOIA italiano. La fine della trasparenza di Bertoldo, in Giornale di diritto amministrativo, 2016, n. 5, 593 ss.; Tommasi, Le prospettive del nuovo diritto di accesso civico generalizzato, in federalismi.it, 2018, n. 5, 1 ss.

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