Codice di Procedura Penale art. 32 - Risoluzione del conflitto.Risoluzione del conflitto. 1. I conflitti sono decisi dalla corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio secondo le forme previste dall'articolo 127 [611]. La corte assume le informazioni e acquisisce gli atti e i documenti che ritiene necessari. 2. L'estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in conflitto e al pubblico ministero presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private. 3. Si applicano le disposizioni degli articoli 25, 26 e 27 ma il termine previsto da quest'ultimo articolo decorre dalla comunicazione effettuata a norma del comma 2. InquadramentoLa norma disciplina le forme e i modi con cui il confitto deve essere risolto e le conseguenze della relativa decisione. Le forme e i modi della decisioneI conflitti di giurisdizione e di competenza sono decisi dalla Corte di cassazione a sezione semplice, con sentenza in camera di consiglio e con l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti indicati a norma degli artt. 30 e 31, che devono ricevere avviso della data dell'udienza ma sono sentiti solo se compaiono (art. 127). Nei casi di conflitto di giurisdizione instaurato fra il giudice ordinario e quello militare, legittimato a intervenire è soltanto il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, non anche il Procuratore generale militare (Cass. S.U., n. 18621/2017) . Si ritiene, in dottrina, che la Corte possa delibare l'ammissibilità dell'atto introduttivo e dichiararne l'inammissibilità secondo quanto prevede l'art. 127, comma 9, tesi, però, non facilmente compatibile con la speciale procedura stabilita, in caso di inammissibilità dei ricorsi, dall'art. 611, dichiaratamente alternativa a quella prevista dall'art. 127. L'ambito della cognizione della Corte di cassazioneIn sede di risoluzione del conflitto non opera il principio devolutivo di cui all'art. 609, chiaramente escluso dalla possibilità di svolgere un'istruttoria cartolare che permette alla Corte di cassazione anche di esaminare gli atti processuali relativi al giudizio di merito o di richiedere ai giudici in conflitto ulteriori atti. La Corte, dunque, non opera quale giudice dell'impugnazione, non è vincolata alle indicazioni sulla competenza devolutele o alle argomentazioni in diritto dei giudici in conflitto, e può tener conto di quanto emerge dagli atti e delle diverse ragioni esposte dalle parti (Cass. I, n. 33379/2015; cfr., sul punto, anche Cass. S.U., n. 18621/2017, secondo cui in sede di risoluzione del conflitto di giurisdizione, la Corte di cassazione, accertata la sussistenza della "medesimezza" del fatto sulla base della piena conoscenza degli atti e delle vicende processuali pendenti innanzi ai giudici in conflitto, è chiamata anche a valutare, discrezionalmente e in piena autonomia, se la qualificazione giuridica del fatto storico (nelle sue componenti di condotta, evento e nesso causale) attribuita dall'uno o dall'altro giudice sia corretta, procedendo - in caso contrario - a delineare essa stessa l'esatta definizione da attribuirgli, con la conseguente designazione dell'organo giudiziario chiamato a giudicare sullo stesso). La Corte di cassazione, infatti, non è vincolata, sotto il profilo oggettivo, all'osservanza dei limiti connaturati al «principio della domanda» e, pertanto, il regolamento deve investire non solo gli specifici reati e le specifiche posizioni giuridiche oggetto delle reciproche declinatorie della competenza, ma anche ogni altra imputazione ad essi connessa; né alla stessa Corte è preclusa, sotto il profilo soggettivo, la individuazione e la determinazione della competenza di un «terzo giudice», il quale non abbia, o nei cui confronti non sia stato, promosso il regolamento di competenza (Cass. I, n. 33379/2015). Le conseguenze della risoluzione. RinvioLe conseguenze dalla risoluzione del conflitto sono disciplinate dagli artt. 25, 26 e 27, al cui commento si rinvia. CasisticaNel caso di conflitto di competenza per materia, il conflitto stesso va risolto a favore del giudice che ha competenza più ampia, potendo quest'ultimo — alla stregua delle risultanze delle indagini ulteriori — dare ai fatti una diversa ed anche meno grave definizione giuridica a decidere al riguardo (Cass. I, n. 1420/1994). Se è vero che il giudice dell'udienza in preliminare, in applicazione degli artt. 279 e 91 disp. att., resta competente anche dopo l'emissione del decreto di citazione a giudizio e fino a quando il suo ufficio, formato il fascicolo per il giudizio, non abbia trasmesso gli atti al giudice competente, è anche vero, però, che ai fini della verifica della competenza da parte della Corte di cassazione, deve aversi riguardo al momento della decisione. Ne consegue che, qualora nelle more del giudizio di cassazione per conflitto negativo di competenza gli atti siano stati trasmessi al giudice dibattimentale, va dichiarata la competenza di quest'ultimo, a nulla rilevando che, al momento di elevazione del conflitto, gli atti si trovassero presso l'ufficio del G.U.P. (Fattispecie in tema di revoca dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere) (Cass. I, n. 4344/1994). BibliografiaCampilongo, Sub art. 32, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 371 ss. |