Codice di Procedura Penale art. 647 - Risarcimento del danno e riparazione.Risarcimento del danno e riparazione. 1. Nel caso previsto dall'articolo 630, comma 1, lettera d), lo Stato, se ha corrisposto la riparazione [646], si surroga, fino alla concorrenza della somma pagata, nel diritto al risarcimento dei danni contro il responsabile. InquadramentoL'esborso per riparazione del danno da parte dello Stato comporta per questo, quale normale conseguenza, l'assunzione di una posizione attiva diretta a rivalersi per quanto corrisposto. Si tratta di norma che si limita a regolare il rapporto tra azione risarcitoria e riparatoria. Le due azioni sono poste in rapporto di rigida alternatività; di qui la surroga dello Stato nelle posizioni del condannato nel diritto al risarcimento danni contro il responsabile. Le previsioni normativeLa norma in commento precisa che lo Stato ha diritto di surroga nei confronti di chi abbia contribuito in maniera determinante alla condanna dell'imputato, poi prosciolto in sede di revisione. Al legittimato attivo alla pretesa risarcitoria è pertanto riconosciuta la facoltà di rivolgersi direttamente allo Stato senza, quindi, che si sia proceduto, in sede civile, preventivamente ed infruttuosamente, all'escussione del diretto responsabile dell'errore giudiziario, configurandosi – quella statale – come una responsabilità diretta e non sussidiaria. Accanto all'azione de qua, sopravvivono nel nostro ordinamento altri meccanismi finalizzati a monetizzare i pregiudizi subìti dalla vittima dell'errore giudiziario: si tratta, da un lato, dell'azione risarcitoria di cui all'art. 2043 c.c., esperibile nei confronti di chi si sia reso responsabile del fatto previsto dall'art. 630, comma 1, lett. d), nell'ipotesi in cui il reato, riconosciuto tale con sentenza irrevocabile, abbia costituito antecedente causale determinante l'ingiusta condanna. In tale fattispecie, la pubblica amministrazione potrà rivalersi in via di regresso delle somme erogate a titolo di riparazione, pur mantenendosi la responsabilità dello Stato come responsabilità diretta e non sussidiaria e meramente eventuale; si tratta, dall'altro lato, dell'azione esperibile ai sensi dell'art. 2 della l. 13 aprile 1988, n. 117, nei confronti del magistrato che, nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, abbia agito con dolo o colpa grave: qui si è di fronte a comportamenti illeciti sostenuti da specifici coefficienti psicologici, indipendentemente, quindi, dall'oggettiva erroneità del giudicato, con la conseguenza che in questo caso non sussiste alcun vincolo di sussidiarietà tra le azioni in commento dal momento che il danneggiato potrà decidere di citare in giudizio sia il magistrato che lo Stato. In tal senso, rilevano l'art. 2, comma 3, lett. d) che contempla, tra le ipotesi di colpa grave, l'emissione di provvedimento concernente la libertà delle persone fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione e l'art. 3, comma 3 che si riferisce al diniego di giustizia relativamente ad omissione o ritardo senza giustificato motivo; il tutto, tenendo conto che il successivo art. 14 l. n. 117/1988 prevede che le sue disposizioni non pregiudicano il diritto alla riparazione a favore delle vittime di errori giudiziari e di ingiusta detenzione: trattasi di disposizione di coordinamento tra le due normative, tenendo tuttavia presente che azione riparatoria e azione risarcitoria costituiscono strumenti alternativi e non cumulabili, in forza del divieto di illecito arricchimento della vittima dell'errore giudiziario. BibliografiaV. sub art. 643 |